Tony Blair: quando la sinistra non ha paura di scegliere
di Paolo Zanetto


“Presidente Blair”: così lo chiamava il Times di domenica, a scapito del “primo ministro” Bush. Dopo i discorsi di alto profilo – gli unici in questa crisi – pronunciati alla convention del Partito Laburista e al Parlamento, Blair si è candidato alla guida morale della coalizione anti-terrorismo, di cui la Gran Bretagna fa parte a pieno titolo avendo attaccato bin Laden insieme agli Stati Uniti. Negli ultimi giorni in America è Blair-mania: un sondaggio sostiene che circa la metà degli elettori americani voterebbe per lui se si candidasse alla Casa Bianca. E non è tutto: l’ambasciata di Sua Maestà a Washington ha segnalato di aver ricevuto centinaia di email di americani che si complimentano. “Se solo potesse cambiare cittadinanza… – scrive un ammiratore dalla Georgia – Abbiamo bisogno di un presidente come Tony”.

Dal 11 settembre Blair ha recitato alla perfezione il ruolo di miglior alleato dell’America, nella guerra al terrorismo e non solo. E’ apparso al fianco della first lady Laura Bush quando George W. parlava al Congresso, ha perorato la causa morale e legale contro Osama bin Laden per conto degli Stati Uniti, ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin a Mosca per rafforzare l’asse diplomatico post-guerra fredda. Ma il suo più grande contributo è stato un altro: mentre Bush, presidente di una nazione ferita, meditava come uscire dalla crisi e come fare giustizia, Blair provava a dare un senso all’uccisione di migliaia di persone. Ha fatto appello ad un nuovo ordine mondiale e alla fine delle tirannie come tributi postumi che il mondo deve alle vittime della strage. Ha richiamato i valori universali della comunità civile, in uno spirito “globalista” che prescinde certamente dalle competenze proprie del primo ministro britannico. Alcuni hanno liquidato le proposte come arroganti e impraticabili, alcuni conservatori hanno detto che sembrava il discorso inaugurale del presidente del mondo. Eppure è piaciuto a tutti, inglesi e non.

Blair è stato l’unico ad avere il coraggio di esprimere una visione alta, mentre i leader europei tentennavano e lo stesso Bush, per comprensibili ragioni legate alla sua opera di coalition-building, si è riservato uno spazio di basso profilo, come è emerso anche dal breve messaggio televisivo in occasione dell’attacco a Kabul. Ma Blair è abituato a sfidare le tradizioni grigie, a rilanciare sul piano della Politica con la “P” maiuscola. E’ l’uomo che ha smantellato il vecchio Partito Laburista, che lo ha portato al centro, che ha saputo rompere con i sindacati, spezzando l’abbraccio mortale tra le unions di estrema sinistra ed un partito che si candidava alla guida del paese. Quando Clinton vinceva in America sotto l’insegna del “new Democrat”, conservatore in economia ma progressista sui temi sociali, Blair andava oltre, fondando quello che oggi è il partito del “new Labour”. Andava alle convention, giovane, bello e carismatico, a dare una visione al popolo laburista, scontento e umiliato dai dolorosi miracoli della Thatcher e dalle ricette inutili di Major. Quando ha vinto, la Gran Bretagna ha riscoperto il suo ruolo internazionale.

Non nell’Europa, è chiaro: a Blair non interessa l’Unione Europea. Non è un falco euro-scettico come i leader conservatori, ma non lo entusiasma l’idea di abbandonare la Sterlina per l’Euro. Sin dall’inizio del suo mandato Blair ha stretto una solida amicizia con Clinton, che si è trasformata in un prezioso asse politico transatlantico. Dopo l’elezione del repubblicano Bush sono stati in molti a mettere in dubbio il perdurare di questa relazione speciale. Invece Blair rimane l’unico ponte affidabile tra Stati Uniti e Europa, prendendo personalmente impegni a nome del suo paese, senza paura di fare scelte chiare, come quando fa scendere in campo il suo esercito a fianco degli Usa in Afghanistan. In Gran Bretagna tutto questo è un mal visto: in un paese dove il primo ministro è “primus inter pares” nel Parlamento, Blair sembra più un presidente a tutti gli effetti. Da parte sua, è certo che Bush inizierà presto a declinare la sua via per uscire dalla crisi. Quello che preoccupa, in questa situazione, è la totale mancanza di visione da parte dell’Europa. Mister Blair, please, si ricordi che il suo paese fa pur sempre parte del vecchio continente. Anche noi altri, cittadini europei guidati da primi ministri con pochi poteri, abbiamo bisogno di un presidente visionario.

9 ottobre 2001

zanetto@tin.it


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Discorso
di Blair al
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