Il Grande Gioco dell'Asia
di Giuseppe Sacco


Il fanatismo dei terroristi e il desiderio americano di farsi giustizia non sono, dopo l'undici settembre, i soli sentimenti che dominano la scena internazionale. Nella coalizione anti-terrorismo costruita con grande abilità diplomatica dal segretario di stato Powell - che pure dichiara obiettivi nell'interesse generale di tutti gli stati, e comprende tendenzialmente tutto il mondo, tranne gli "stati canaglia" più irriducibili - sono ben visibili alcuni obiettivi che rientrano nella logica tradizionale degli "interessi nazionali" delle maggiori potenze. Ciò vale in primo luogo per la Russia di Putin, che ha visto l'appello di Bush alla coalizione come un'occasione da non perdere per inserirsi in una delle prime posizioni nella graduatoria delle potenze "responsabili" dell'ordine mondiale. 

Per assumere questo ruolo Mosca ha pagato - è vero - un prezzo apparentemente assai alto. Ha ceduto il suo preteso droit de regard , la funzione di potenza egemone sulle cinque Repubbliche ex-sovietiche dell'Asia centrale. Ma si può sostenere che Mosca si è solo arresa all'inevitabile, dato che alcuni almeno di tali "stati successori dell'Urss" erano già da anni stati l'oggetto dell'attivismo delle compagnie petrolifere americane, delle ambizioni panturaniche di Ankara, e delle attenzioni dei servizi segreti israeliani a scopo di prevenire l'insorgere di movimenti politici islamici, o almeno di controllarne le attività. In cambio Mosca ha ottenuto qualcosa di grande valore, e di assai concreto. Ha ottenuto una "assoluzione" - espressa in termini particolarmente cinici e ineleganti dal cancelliere tedesco Schroeder - per il genocidio in atto in Cecenia, e soprattutto la possibilità di usare il proprio sistema di oleodotti per commercializzare gli idrocarburi del Kazakhistan. E ciò nella prospettiva di un'epoca di rapporti difficili dell'Occidente con l'Islam, e quindi con i grandi esportatori di energia, offre alla Russia la possibilità di assumere un ruolo cruciale nel quadro geo-economico mondiale. La tragedia delle Torri gemelle si sta dunque traducendo in un buon affare, nel complesso, per tutti gli eredi del Kgb che oggi governano nell'ex Urss, a Mosca come in Asia centrale. A condizione, naturalmente, che l'abbattimento del charter delle linee aeree siberiane non dimostri che questi paesi sono - contrariamente alle speranze americane - alleati altrettanto "a rischio" quanto il Pakistan per coloro che, a torto o a ragione, vengono identificati come "nemici dell'Islam".

Se l'ex Urss conquista posizioni, chi perde di più è la Turchia. All'epoca della presidenza Clinton, con il passaggio degli ex satelliti sovietici nell'area di influenza americana, e con il forte impegno Usa in MedioOriente, Ankara era diventata il principale alleato dell'America in Europa, e un avamposto della lotta all'islamismo politico. Ai governi laico-militari, che avevano allontanato dal potere i partiti a base musulmana e avevano stretto un'alleanza con Israele, gli Usa avevano dato in premio un ruolo di potenza regionale sussidiaria, e un rilancio del ruolo tradizionale ottomano nell'ex-Asia centrale sovietica (escluso il Tagikistan, che non è turanico, ma appartiene all'area culturale persiana) e - schierandosi a favore delle minoranze islamiche, albanesi, bosniaci, kossovari - persino nei Balcani. 

Ma ora, la proiezione della potenza americana sta in questi giorni facendo così grandi progressi verso Est da sorpassare la Turchia. Con l'identificazione dell'Afghanistan come ultimo rifugio delle canaglie, l'avanzata geopolitica dagli Stati Uniti è immensa. Da Aviano in Italia, a Black Steel in Kossovo, già la base più avanzata degli Usa verso oriente si era spostata in maniera sensibile. Se ora la presenza americana nell'area Usbekistan, Tagikistan e Afghanistan di nord est si consoliderà - come è probabile - in una presenza permanente, il balzo in avanti della potenza militare degli Stati Uniti, risulterà assolutamente gigantesco. Dal punto di vista economico, si è venuti a stabilire un controllo delle nuove risorse petrolifere, in concorrenza con quelle tradizionali del Golfo Persico. Dal punto di vista militare, si è giunti a lambire le frontiere occidentali della Cina. E tutto ciò in prima persona, e non più per Turchia interposta. Anzi, dato che, per stabilirsi in quest'area, è diventato indispensabile assumere un atteggiamento meno ostile nei confronti del mondo islamico, il regime militare turco verrà abbandonato al suo destino, e toccherà all'Italia di occuparsi degli inquieti Balcani. 

Sotto la cortina fumogena dello "scontro di civiltà", sotto la bandiera della "crociata" antiterrorista, stanno insomma già riemergendo quei fenomeni e quegli interessi, assai più laici e tradizionali, che reggono l'ordine mondiale. Sono fenomeni ed interessi che si prestano meno alla ridicola retorica che ha invaso i media in queste settimane. Ma sono in fondo più noti e rassicuranti.

8 ottobre 2001

saccogi@hotmail.com















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