Kabul, il ritorno del re
di James S. Robbins


Un ottuagenario che vive in Italia può rappresentare la risposta ai problemi dell'Afghanistan? Mohammed Zahir Shah, ex re dell'Afghanistan, in esilio in Italia, sì è offerto di presiedere una Loya Jirgha, un'assemblea tradizionale di leader tribali e religiosi, di istituire un governo afgano post-talebano e fungere da leader ad interim fino a che non si possano indire elezioni parlamentari. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Russia e le Nazioni Unite stanno seriamente prendendo in considerazione la proposta. Il movimento di resistenza dell'Alleanza del Nord è d'accordo. Ma non tutti guardano con favore la prospettiva del ritorno del re. Lo scorso fine settimana nelle città di Khost e Gardez sei afgani sono stati arrestati per aver distribuito volantini monarchici; li aspetta la pena di morte. Il leader dell'opposizione Golbudin Hekmatyar ha dichiarato: "Se Zahir Shah vuole ritornare, dovrà oscurarsi gli occhi", nel senso che sarebbe stato ucciso. Ma il vecchio monarca prende queste minacce con filosofia. "Alla mia età non può succedermi nulla", ha detto. "Il mio obiettivo è quello di vedere un Afghanistan felice".

"Afghanistan felice" può suonare come un ossimoro, ma molti afgani più anziani ricordano i giorni calmi del regno di Zahir Shah. Egli salì al trono nel 1933, a diciott'anni, dopo l'omicidio del padre Nadir. Il re-ragazzo, guidato dai suoi consiglieri, accompagnò il paese in un quarantennio di prosperità e stabilità. Zahir Shah era un monarca filo-occidentale, moderato e liberale che introdusse la riforma parlamentare e lo sviluppo economico. Istituì il suffragio universale, estese le opportunità di istruzione e promosse i diritti delle donne. Allo stesso tempo, rispettò i poteri tradizionali dei leader tribali afgani e i costumi dei molti popoli che vivevano nel suo regno. Zahir Shah dovette fronteggiare l'opposizione dei radicali religiosi e secolari, che però non erano influenti come sarebbero divenuti in seguito e la maggior parte degli afgani era dalla sua. Il suo Afghanistan era tutt'altro che perfetto, ma era sulla giusta strada ed era in pace.

La corsa verso la follia iniziò nel 1973. Il primo ministro Daoud, cugino di Zahir Shah, organizzò un colpo di stato incruento, mentre il re si trovava in Italia per sottoporsi a trattamenti medici. Daoud abolì la monarchia e si proclamò presidente. Impose un governo monopartitico e accelerò il ritmo della "riforma", che voleva dire centralizzare il potere a Kabul. L'establishment dello sviluppo internazionale occidentale accolse queste mosse come un progresso e Daoud fu ricompensato dall'Unesco l'anno seguente, quando l'antica città di Herat fu proclamata "parte del patrimonio culturale del mondo" (oggi è una rovina distrutta dalla guerra). Nel 1978, Daoud fu rovesciato e ucciso dai comunisti appoggiati da Mosca, che instaurarono un regno del terrore di diciotto mesi. Ironicamente, l'invasione sovietica del 1979 fu un tentativo di imporre un regime comunista più moderato. I sovietici credevano di poter riuscire in poche settimane; invece furono trascinati in un decennio di guerriglia, che provocò centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi e, alla fine, una ritirata umiliante. La guerra sovietico-afgana fu la prova del fuoco per i Mujaheddin, che in seguito si sarebbero uniti alla rete al Qaida di Osama bin Laden, e produsse anche (con il sostegno pakistano) il movimento talebano che prese il potere nel 1995. I Talebani nella loro ricerca del perfetto ordine islamico non si sono dimostrati più umani di quanto siano stati i comunisti cercando di costruire il socialismo. Oggi l'Afghanistan è in rovina, impoverito e isolato dal mondo. Al confronto il regno di Zahir Shah è stato un'età dell'oro.

L'ex re ha dichiarato che, sia che l'Afghanistan diventi una monarchia sia che diventi una repubblica, egli sarà all'altezza del suo popolo, e vi sono dei segnali che la gente sta dalla sua parte. L'estate scorsa il dipartimento di stato ha effettuato un sondaggio d'opinione nelle aree dell'Afghanistan controllate dai Talebani e ha dimostrato che la metà degli afgani considera Zahir Shah il leader più adatto a risolvere i problemi del paese. Al secondo posto c'è il leader talebano, il Mullah Omar, con un debole 11 per cento. Il sondaggio ha riportato anche che circa il 55 per cento degli intervistati ritiene che le priorità siano la fine della guerra e la rinascita nazionale (ci si chiede quali fossero le priorità dell'altra metà, probabilmente il cibo). I Talebani hanno accusato il sondaggio di essere insensato e tendenzioso perché parlava di una crisi quando questa "non esiste".

La strada per andare avanti in Afghanistan è, dunque, quella di mettere sul trono un ex monarca ottantasettenne e inserire il pilota automatico? Difficilmente. La soluzione dei problemi dell'Afghanistan inizia solo con una nuova leadership. L'aiuto straniero giocherà un ruolo importante - in realtà è già così .- e gli Stati Uniti potranno dare una mano a ricostruire le infrastrutture costruite originariamente negli anni Cinquanta. Sarà necessario fare degli sforzi per ripulire il territorio dalle mine e l'Afghanistan potrà chiedere la presenza delle Nazioni Unite per mantenere la pace, anche se le truppe kharjian (straniere) nel paese potrebbero causare scontri organizzati da chi si oppone al cambiamento.

Vi sono molti interessi concorrenti in Afghanistan e molti torti da vendicare; ma Zahir Shah è stato lontano dagli ultimi tre decenni di lotta. Non ha niente da dimostrare e poco da guadagnare. Il re sarà una figura con poteri limitati - non sarebbe in grado di dominare il paese più dei suoi predecessori. Quello che egli porta al processo è rispetto, legittimità e l'approvazione della comunità mondiale. Potrà presiedere all'istituzione di una nuova costituzione che riconosca la tradizione afgana e usi le idee testate dal tempo dell'illuminismo per consentire l'autonomia locale, istituire meccanismi di divisione del potere e istituzionalizzare il compromesso. Per dirla con Madison, questo "contrapporrebbe ambizione ad ambizione" e sposterebbe l'Afghanistan dal mondo di Hobbes verso quello di Locke. Chi desidera riformare l'Afghanistan dovrebbe evitare di cercare risultati utopistici affrettati. Dovremmo aiutare gli afgani a intraprendere un processo politico equilibrato, senza cercare di imporre valori. Una costituzione afgana, per esempio, che protegga esplicitamente il diritto di orientamento sessuale, che proibisca le preghiere nelle scuole e custodisca "un diritto a scegliere per le donne", è destinata a fallire disastrosamente.

Detto questo, è un errore anche dimenticare gli afgani in quanto popolo arretrato nella morsa di tradizioni primitive. Lungi da questo, il problema in Afghanistan non è che c'è troppa libertà ma che ce n'è troppo poca - non il caos ma il tentativo di imporre con la forza un ordine statale. L'Afghanistan è stato un laboratorio di esperimenti radicali di organizzazione sociale. Prima Daoud, un centralista burocratico, un classico autocrate filo Banca mondiale; poi i comunisti che hanno fatto esperimenti così estremi da allarmare persino l'Unione Sovietica; e alla fine i talebani che hanno cercato di estinguere quello che rimane della tradizione afgana, rimpiazzandolo con "la totale imposizione della sharia di Maometto". Il modo di vivere tradizionale afgano, che si può riassumere nella parola autonomia, ha dovuto sopravvivere nonostante i tentativi altrui, citando Burke, "di rendere gli uomini semplici macchine e strumenti della benevolenza politica". Se il ventesimo secolo ha insegnato qualcosa, è che i progetti politici utopici provocano tragedie e sofferenze. L'Afghanistan è stato una vittima di quell'impulso.

Il ritorno di Zahir Shah sarebbe un gesto in direzione della moderazione e della stabilità. Significherebbe riconoscere gli errori del passato, ripudiare la ricerca della "società perfetta", rifiutare la nozione che lo stato rappresenta la sola e ultima forza del bene e riconoscere che le persone possono vivere insieme in armonia senza il controllo centralizzato delle loro vite quotidiane da parte di pianificatori socialisti o di teocrati musulmani. In breve, il re fungerebbe da punto di raccolta, permettendo alle fazioni contrapposte di mettere il loro paese al di sopra dei loro maledetti feudi. Zahir Shah è l'unica persona che può dare all'Afghanistan questa opportunità di pace, e toccherebbe all'Afghanistan coglierla. 

(traduzione dall'inglese di Barbara Mennitti)

8 ottobre 2001

da National Review on line 













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