Ricostruire le Twin towers? Parola agli architetti
di Tiziana Lanza

Ora che le due torri gemelle non disegnano più il profilo di Manhattan le dispute che il World Trade Centre aveva alimentato fra gli esperti del settore potrebbero sembrarci acqua passata. Ma non è così. Oggi ci si domanda se non sia il caso di ricostruirle per ridare a New York un simbolo che per tanto tempo l'ha caratterizzata fortemente. Quando ancora doveva essere costruito, il Wtc viveva già nella mente dell'architetto che lo progettò, Minoru Yamasaki, come una "rappresentazione vivente della fiducia dell'uomo nell'umanità, del suo bisogno di dignità individuale, della sua fiducia nella cooperazione fra gli uomini e attraverso la cooperazione, della sua capacità di divenire grande". Queste sue parole però rimasero propositi, trasformando il Wtc da lui desiderato in una utopia. E' l'analisi che ha fatto Eric Darton, l'autore della "biografia" delle Twin towers, "Divided we stand, A Biography of New York's World Trade Center". Dopo ben otto anni di ricerche "Yamasaki - riferisce lo stesso Darton - semplicemente non poté realizzare il suo desiderio di un Wtc a misura d'uomo, per le direttive stesse della Port Authority di New York e del New Jersey che commissionarono questa monumentale opera". Le direttive infatti furono alla base di una serie di contraddizioni tra cui la richiesta della costruzione di torri dalle dimensioni terribilmente enormi. Si dovevano progettare ben 3 milioni di metri quadri di spazio a uso ufficio, in 16 acri di terreno, approssimativamente 14 lotti newyorkesi. Il Direttore della Port Authority, Malcolm Levy - continua Darton - ordinò letteralmente a Yama, di realizzare un progetto che venisse notato. Dovendosi confrontare con queste richieste, Yamasaki poté soltanto fantasticare che le torri mostruosamente enormi che aveva progettato potessero in qualche modo realizzare i suoi sogni".

Eppure, come i mostri buoni delle fiabe, le due torri gemelle erano profondamente entrate a far parte della vita newyorkese divenendo il simbolo della città. Attualmente è in corso una disputa fra architetti, ingegneri ed esperti del settore sul fatto se sia il caso o no di ricostruire il Wtc e come eventualmente farlo (si può consultare in merito il forum della rivista online: www.architectureweek.com). Ricostruire sì, è l'opinione di Rudolf Giuliani, sindaco di New York, ma non come se usassimo la carta carbone sui 110 piani delle Twin Towers. Piuttosto, sarebbe il caso di costruire attorno a un ampio spazio in memoria delle vittime, uffici e aree residenziali. Se Yamasaki fosse vivo, potremmo domandare a lui come ricostruirebbe il World Trade Center. Ma cosa ne pensano coloro che con lui collaborarono a quella impresa? "Il Wtc deve essere ricostruito. Fare altrimenti significherebbe darla vinta al terrorismo" afferma Henry Guthard, vice-presidente della Minoru Yamasaki Associates. Se, quando fu inaugurata, la costruzione riscosse le critiche di molti architetti, che si mostrarono scettici di fronte alle anonime facciate delle Torri, che non avevano lo stesso fascino di altri grattacieli, come l'Empire State Building, oggi, Guthard ci ricorda come il World Trade Center aveva conquistato i visitatori con la sua imponenza monumentale, la sensibilità delle sue spaziose piazze e sculture. "C'era spazio per alberi e piante e per tutte quelle cose di cui le persone hanno bisogno. Tutte cose rare al centro di Manhattan. Ci si poteva sedere per ascoltare la musica e allo stesso tempo godersi lo sfarzo di New York". 

Guthard ricostruirebbe una versione tecnologicamente avanzata delle due torri che erano un'icona dell'economia americana. Per questo sono state l'oggetto di attacchi terroristici. J.H. Junster e N.A. Salingaros, quest'ultimo uno dei principali esperti attuali di teoria dell'architettura e dell'urbanistica, al contrario, sostengono che con il crollo delle due torri sia finita l'era dei grattacieli. Per lo meno il grattacielo non sarà più il modello da seguire nella pianificazione urbanistica. Forse ce ne potrà essere qualcuno per soddisfare l'istinto dell'uomo a scalare luoghi alti. Si affidano anche a una voce del passato. Nel 1974 l'architetto C. Doxiades sosteneva che le costruzioni troppo alte vanno contro natura e contro l'ambiente e non soltanto. Vanno anche contro l'uomo stesso, perché lo isolano. L'isolamento è un fattore importante nell'aumento dei crimini. 

Ma a parte queste sicuramente importanti considerazioni di ordine sociale, la sfida futura potrebbe essere se è davvero possibile costruire edifici alti quanto le torri gemelle ma molto più sicuri. Attualmente gli esperti non sanno se applaudire o criticare la performance strutturale delle due torri. Se infatti la resistenza iniziale all'impatto ha permesso a molte persone di salvarsi, il collasso ne ha uccise molte altre. Ora come ora non si sa se il comportamento delle due torri sottoposte a uno stress di questo tipo sia stato un successo o un fallimento. Questi temi sono attualmente oggetto di studi approfonditi da parte dell'American Institut of Steel Construction (Aisc), l'istituzione americana incaricata di dare direttive in materia di costruzioni in acciaio che fa capo all'Asce (American Society of Civil Enegineers). Molti ingegneri per ora sostengono che al crollo delle torri gemelle abbiano concorso più eventi straordinari. L'iniziale impatto degli aerei e le susseguenti esplosioni che hanno distrutto parte delle strutture, il terribile incendio sviluppatosi in seguito, che ha progressivamente indebolito le rimanenti strutture. Il crollo può essere avvenuto quando il peso degli edifici sovrastanti il punto dell'impatto ha superato la ridotta capacità di sopportarne il carico da parte delle strutture sottostanti. Il crollo delle due torri ha anche indebolito le fondamenta e la struttura dell'edificio adiacente, il 47, provocandone il collasso.

8 ottobre 2001

tizilanza@hotmail.com


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