Niente carta d'identità, siamo inglesi
di Barbara Mennitti


Noi italiani, probabilmente, non ci accorgeremo neanche della differenza che le nuove misure di sicurezza, adottate soprattutto in aeroporti e altri luoghi ad “alto rischio”, comporteranno. Noi italiani siamo già da sempre abituati a portarci dietro enormi portafogli zavorrati da documenti di tutti i tipi: carte d’identità, patenti di guida, codici fiscali, documenti dei veicoli che guidiamo e così via. Siamo già abituati ad essere scrutati sospettosamente quando esibiamo il nostro documento all’imbarco, a rispondere, senza neanche sorridere, alle domande più improbabili (del tipo: “perché in questa foto ha la pelle più scura?” quando il documento porta impressa in bell’evidenza la data del rilascio, 18 agosto), a sottoporci a perquisizioni personali agli aeroporti, negli stadi, ai concerti. Siamo, insomma, abituati a dover dimostrare sempre chi siamo e cosa facciamo in un determinato luogo, in breve, la nostra innocenza.

Per i paesi di cultura anglosassone, invece, questa guerra al terrorismo rischia di avere risvolti scioccanti. L’Inghilterra, per capire di cosa stiamo parlando, è un paese che si vanta di non avere una costituzione scritta. I suoi principi basilari sono improntati al britannico “common sense”, sono ovvi, naturali, che bisogno c’è di codificarli? E così i sudditi di sua maestà non possiedono documenti d’identità (solo il passaporto se vogliono viaggiare), non sono tenuti a portare neanche la patente quando guidano, in caso di incidente declinano le loro generalità (che non sono messe in dubbio) e hanno ventiquattro ore per presentarsi, muniti di documenti, al più vicino posto di polizia. Il principio fondamentale che vige in Gran Bretagna è quello dell’”habeas corpus”: un privato cittadino non può essere importunato dalla polizia se non in flagranza di reato o in presenza di prove certe, figuriamoci per un controllo di documenti. Perché la concezione è totalmente rovesciata rispetto alla nostra: non è il cittadino a dover provare la sua innocenza, ma è lo stato che deve provare la colpevolezza del cittadino.

Questo sistema vale anche per gli stranieri che intendono soggiornare in terra inglese. Non occorre nessuna registrazione presso la polizia (“La polizia si occupa dei criminali”, vi diranno con il loro solito sorriso condiscendente) e nessun permesso di soggiorno o di lavoro (l’assicurazione sì, però). Per usufruire del Servizio Sanitario Nazionale, basta recarsi al centro medico più vicino, scegliere un dottore e dare, a voce, le proprie generalità. E la procedura è la stessa sia che ci si fermi per una settimana che per vent’anni. Certo, qualche volta quest’assenza di documenti può portare a situazioni paradossali: per aprire un conto in banca vi chiederanno la bolletta del telefono o della luce (serve a provare che abitate davvero a quell’indirizzo), ma potete anche cavarvela con la lettera di benvenuto della Biblioteca pubblica del vostro quartiere.

Dati questi presupposti, è perfettamente comprensibile che solo la ventilata ipotesi di introdurre documenti d’identità obbligatori in Gran Bretagna, abbia suscitato una levata di scudi trasversale contro l’invadenza del Leviatano nella privacy dei cittadini. “La storia ci insegna che le leggi adottate frettolosamente, specialmente se hanno il consenso di tutti i partiti, sono di solito leggi cattive”, ha profetizzato con saggezza tutta britannica il leader liberaldemocratico, Charles Kennedy. Gli fa sponda, da destra, il columnist Peter Hitchens: “Il mondo non sarebbe più sicuro se ognuno di noi avesse il suo codice tatuato in fronte”. Senza mezzi termini gli fa eco l’esperto di terrorismo Michael Yardley : “È spiacevole che ci sia gente intenzionata ad usare l’insicurezza del presente per introdurre misure di sicurezza draconiane, che alcune parti hanno sempre sostenuto, ma che hanno sempre avuto l’opposizione del pubblico”. Insomma, Oltremanica la parola d’ordine oggi sembra essere: “La carta d’identità non passerà”.

Nel Belpaese, dal canto nostro, siamo già pronti, con il dito indice alzato, a farci prendere anche le impronte digitali. Evidentemente pensiamo di meritarcelo.

28 settembre 2001

bamennitti@ideazione.com





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