Oresund, la sfida corre sul ponte

Malmoe - Baviera, Lombardia, Renania, attente. Una nuova regione europea insidia i vostri primati. E' l'Oresund, la macro regione che sorge a cavallo di Danimarca e Svezia, ruota attorno all'omonimo stretto che rappresenta la via d'ingresso per il Mar Baltico e poggia sulla forza d'attrazione di una capitale (Copenaghen), di una fiorente città commerciale (Malmoe) e di un prestigioso polo tecnologico e universitario (Lund). La regione dell'Oresund comprende anche le due città quasi gemelle di Helsingor ed Helsinborg che si guardano dalle opposte sponde di Danimarca e Svezia, cariche di storia, traffici, guerre e commerci. Da un punto di vista tecnico si tratta ancora di due realtà distinte. A ovest la Selandia, l'isola di Copenaghen, danese fino al midollo come testimonia l'amore dei suoi abitanti per la bandiera rossa con la croce bianca, che sventola ovunque sia possibile issarla. A est la Scania, la regione più industriale della Svezia, ricca di attività imprenditoriali e commerciali e di straordinari poli tecnologici, medici e universitari. 

Nulla ha potuto frenare la forza di attrazione che queste due coste hanno avuto tra loro. Nel passato entrambe le sponde sono appartenute alla Danimarca, poi sono state teatro di guerre e conflitti. Il castello di Helsingor, lo stesso nel quale Shakespeare ambientò l'Amleto (il castello di Elsinore), racconta di dazi doganali, di conflitti commerciali, di pirati di cannoni e di vascelli incendiati e depredati. E' anche lo scenario dei racconti gotici di Karen Blixen ricchi di avventurieri, patrioti e belle dame borghesi dell'Ottocento. E ancora negli anni della Guerra Fredda, quissù arrivavano spie da ogni dove per monitorare i segreti della marina sovietica costretta a doppiare lo stretto per uscire in mare aperto. Oggi, questa macro regione si candida ad essere il fulcro della nuova Europa baltica.

Fino a un anno fa per saltare da una sponda all'altra ci voleva almeno un'ora di navigazione, a bordo di veloci traghetti. Oggi bastano 15 minuti, il tempo di imboccare l'autostrada a sud di Copenaghen, infilarsi nel tunnel sotterraneo di 7 chilometri che scivola sotto le acque gelide del Baltico, riemergere all'altezza di un'isola artificiale inventata nel bel mezzo dello stretto e percorrere i 6 chilometri e mezzo di ponte, una meraviglia dell'ingegno umano. L'asfalto scorre veloce sotto le ruote mentre ai lati sfilano cavi d'acciaio che si intrecciano fra di loro, tirati da piloni di cemento che disegnano in cielo la nuova skyline, ormai divenuta simbolo della scommessa economica e sociale dell'Oresund. La linea sfilata del ponte si perde in lontananza nella foschia che nasconde la sponda svedese e tutto sembra un sogno destinato a perdersi nell'orizzonte idefinito delle terre nordiche. E invece il ponte finisce dritto dritto davanti a un casello. Pagato il pedaggio (220 corone danesi, circa 60mila lire) non resta che sorridere alla guardia di frontiera svedese e immergersi nell'indaffarata atmosfera di Malmoe. Va da sé che il collegamento (tunnel più ponte) ospita anche una sede ferroviaria che scorre alternativamente sotto e a fianco della sede stradale.

I rapporti economici e sociali tra le due sponde si sono ulteriormente intensificati nell'ultimo anno e sembra quasi che quel confine di acqua non sia mai esistito. Non è solo la regione dell'Oresund ad aver trovato un cuore in questo ponte, ma l'intera area scandinava, oggi finalmente collegata direttamente al continente attraverso un sistema di infrastrutture di trasporto fra i più avvenieristici d'Europa. Così si può dire che la Svezia sbarchi in Europa con tutta la sua forza economica e sociale, con i suoi poli tecnologici pari a quelli americani, con le sue aziende della new economy che non hanno concorrenti continentali, con il suo sistema di welfare che riesce a convivere con le dinamiche più estreme del sistema capitalista. Con quel ponte sbarca sul continente un'altra Europa e quel ponte rappresenta oggi il cuore di un'avventura alternativa, vincente, rispetto a quella che ristagna a Bruxelles e dintorni. Questa area ha giocato sino in fondo la sfida del post comunismo. E' stata capace di attrarre positivamente le aree baltiche ex sovietiche, di intrecciare rapporti con la Russia europea di San Pietroburgo, di dialogare con la Polonia del miracolo economico, integrando paesi che sino a dieci anni fa dipendevano in tutto e per tutto dallo scambio commerciale con la Russia. E oggi lancia, con la consueta gentilezza e il tipico understatement, la propria sfida sul tavolo dello sviluppo. Ora anche i tedeschi sentono di dover accorciare le distanze con l'area scandinava e progettano il loro ponte, da Puttgarden a Rodby, dalla Germania alla Danimarca, per ridurre ancora di più le distanze da Copenaghen, dall'Oresund, dalla Svezia che viaggia sull'onda di Ikea e dei chips.

Quanto un'infrastruttura possa giovare in termini di entusiasmo sono i dati a dirlo. Lo scambio tra le due sponde è cresciuto con la costruzione del ponte. Non ha solo trovato una via più veloce. I traghetti che continuano a collegare il Nord dello stretto, Helsingor e Helsinborg e, ancora più su, Frederikshavn e Goeteborg non hanno risentito della concorrenza. Da lì, anzi, continua a transitare il grosso del traffico commerciale, tir e camion che ancora trovano più conveniente la via navale, unico cruccio dell'Oresundbron, la società mista svedese e danese che gestisce il ponte. Quello che passa sui piloni dell'Oresund, sulle auto e sui treni, è tutto traffico nuovo, in gran parte privato, soprattutto persone che hanno ormai preso l'abitudine di risiedere in Danimarca e lavorare in Svezia, o viceversa. Complessivamente, il traffico nell'intera area è cresciuto del 60 per cento in un anno e le prospettive sono ancora più rosee. La sfida non è ancora completamente vinta, ma le premesse ci sono tutte. L'Oresund è divenuto il cuore dell'Europa nordica. Dalla sua capacità di integrarsi del tutto dipenderà anche il futuro di un continente che potrebbe veder sbilanciato verso Nord il proprio baricentro. E per l'Italia e il Mediterraneo non sarebbe una bella storia. (p. men.)

7 settembre 2001

pmennitti@ideazione.com


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