Dean: dal Vermont con furore

Proviamo, con una macchina del tempo, a spostarci verso il prossimo 3 febbraio. Dopo aver vinto in Iowa (19 gennaio) e in New Hampshire (27 gennaio), Dean, riesce a battere Clark in South Carolina, Oklahoma e New Mexico, a pareggiare con l'ex generale in Arizona, a pareggiare con Lieberman in Delaware e a limitare i danni in Missouri piazzandosi secondo dietro a Gephardt. Kerry, dopo un umiliante terzo posto in New Hampshire, si ritira dalla contesa. Lo seguono a ruota Edwards, battuto anche da Clark in South Carolina e Gephardt, che con un solo Stato su sette all'attivo preferisce tornare a lavorare per l'unità del partito. Restano in piedi, oltre agli underdog di disturbo, soltanto Dean, Clark e Liberman. Manca solo un mese al super-Tuesday del 2 marzo e Dean, sull'onda dei successi amplificati dal sistema mediatico, ha già a disposizione un budget più che doppio rispetto a quello dei suoi avversari. Mr. Dean diventa lo sfidante ufficiale di Bush per la Casa Bianca, 146 giorni prima della convention democratica fissata per il 26 luglio a Boston.

Fantascienza? Viaggi nel tempo a parte, si tratta dell'esito più probabile dei primi caucus democratici in base ai dati dei sondaggi disponibili oggi. Dati parziali e "volatili", non c'è dubbio, ma che rappresentano senz'altro un segnale importante per valutare la portata della Dean Revolution che ha sconvolto gli equilbri interni al partito democratico e si appresta a lasciare un segno, forse indelebile, sulla politica americana del futuro. Ma chi è Howard Dean? E come è arrivato fino a questo punto?

Dean nasce nel 1948 da una facoltosa dinastia di New York, primogenito di una famiglia tradizionalmente conservatrice. Il padre, broker a Wall Street, lo fa studiare in alcune delle migliori scuole private dell'Upper Side. Nel 1967 il giovane Howard entra a Yale, proprio mentre il "movimento per i diritti civili" ha raggiunto l'apice della contestazione studentesca nelle università. Dean simpatizza, ma evita con cautela qualsiasi coinvolgimento in azioni radicali. Questo non gli impedisce, naturalmente, di opporsi con decisione alla guerra in Vietnam. Dopo la laurea in Scienze Politiche, Dean sembra intenzionato a ripercorrere le orme del padre e lavora per due anni a Wall Street. Poi ci ripensa e si iscrive all'Albert Einstein Medicine School di New York. Ottenuto il diploma, nel 1978, si trasferisce a Shelburne, in Vermont, dove apre uno studio medico con la moglie Judith.

Come molti in Vermont, Dean riesce a muovere i primi passi in politica pur continuando a lavorare part-time. Nel 1982 viene eletto alla locale Camera dei rappresentanti. Nel 1986 concorre con successo alla carica di vice-governatore, per la quale viene rieletto tre volte consecutivamente fino a quando - il 14 agosto del 1991 - prende il posto del governatore Robert Snelling, morto d'infarto. Una delle sue prime decisioni è quella di bloccare l'aumento di tasse deciso da Snelling poco prima di morire, alleandosi con i repubblicani per azzerare i 60 milioni di dollari di deficit dello Stato senza aumentare la pressione fiscale. Ma il suo esordio da "fiscally conservative" dura poco, perché pochi mesi dopo Dean compie il primo dei numerosi ribaltoni che hanno caratterizzato la sua carriera politica e si allinea con la tradizione ultra-liberal del piccolo Vermont in materie come l'aborto, le unioni civili tra gli omosessuali, la sicurezza sociale e la sanità pubblica. Senza perdere però l'occasione di strizzare l'occhio alla destra, come quando lavora con la NRA (National Rifle Association) ad un programma di "conservazione ambientale" del Vermont rurale. Questo "eclettismo" gli garantisce per tre volte la rielezione.

Considerato un buon governatore del Vermont, che (ricordiamolo) ha meno abitanti di una medio-grande città degli States come Baltimora, nel settembre del 2001 Dean annuncia di non aver intenzione di ricandidarsi. E inizia a pensare alla corsa verso la Casa Bianca. Decisione annunciata pubblicamente nel luglio del 2002, ad un party di "elettori vip" in Florida. Nella seconda metà dello stesso anno e per gran parte del 2003, Dean viaggia per gli Stati Uniti in cerca di finanziatori e inizia a delineare una strategia capace di catalizzare i consensi della sinistra del partito democratico alle primarie del 2004: critica con disprezzo il taglio delle tasse di Bush perché "favorisce soltanto i ricchi" e giudica la politica economica dell'amministrazione repubblicana "peggiore di quella del governo argentino"; si oppone fin dal principio alla guerra in Iraq e insiste per la creazione di un sistema sanitario universale; attacca i candidati alla sua destra (quasi tutti, insomma) e si dichiara un "esponente dell'ala democratica del partito democratico", quasi a voler etichettare come pseudo-repubblicani i propri concorrenti.

Questa strategia molto mirata, unita ad un atteggiamento spesso al di sopra delle righe e ad uno straordinario lavoro con gli attivisti grass-root sia su Internet che "porta a porta", aiuta Dean a crescere nei sondaggi, lentamente ma inesorabilmente. Dai 6 punti percentuali raggiunti a metà aprile, su scala nazionale, l'ex governatore del Vermont raggiunge l'11 per cento a luglio, il 15 per cento ad agosto, accusa una lieve flessione a settembre (nei giorni della discesa in campo di Wesley Clark), vola al 16 per cento a ottobre, al 17 per cento a novembre, al 25 per cento nei primi giorni di dicembre, addirittura al 31 per cento nell'ultima settimana dello stesso mese. Poi, con la cattura di Saddam in Iraq, la sua cristallina posizione anti-war sembra iniziare ad appannarsi, e Dean - complice forse anche l'endorsment di Al Gore (che, nel migliore dei casi, non porta fortuna) - scivola prima al 27 e poi al 24 per cento nella prima settimana di gennaio. L'ultimo sondaggio di Gallup lo dà nuovamente in ripresa, al 26 per cento, con 6 punti di vantaggio rispetto ad un Clark in netta ascesa. Ma tra pochi giorni sarà il momento di iniziare a contare i voti veri, dimenticandosi per qualche mese di quelli virtuali. E Dean, dopo aver praticamente fatto piazza pulita alla sua sinistra, dovrà dimostrare di essere in grado di reggere ad uno scontro a tre, molto probabilmente con Clark e Lieberman. E' proprio questa la grande incognita della sua campagna elettorale per le primarie. Può la sinistra del partito, galvanizzata dall'anti-bushismo e dal ritorno alla tradizione liberal di Dean, riuscire a raccogliere più voti dell'ala clintoniana? Negli ultimi trent'anni ci è riuscita tre volte: con Dukakis nel 1988, con Mondale nel 1984 e con McGovern nel 1972. I simpatizzanti democratici sono autorizzati a toccare ferro. (a.man.)

16 gennaio 2004
 

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