Ma il "vincente" di gennaio può perdere la battaglia
di Barbara Mennitti

A una manciata di giorni dalle primarie dell’Iowa, l’ex governatore del Vermont, Howard Dean, le maniche della camicia arrotolate, lo sguardo furioso, ha già conquistato le copertine dei settimanali. Con l’ultimo sondaggio della Gallup che lo attesta al 26 per cento (sei punti in più del diretto avversario Wesley Clark) nella lotta per la candidatura democratica, Dean viene già celebrato come lo sfidante di George W. Bush. Ma forse ci vorrebbe un po’ più di cautela, perché i dati degli ultimi cinquant’anni di storia americana dimostrano che solo in quattro casi su dieci il candidato che era in testa ai sondaggi Gallup all’inizio di gennaio, ha poi effettivamente vinto le primarie.

Tralasciando i casi come quello delle presidenziali del 2000 e del 1984, in cui i candidati Gore e Mondale erano vice presidenti uscenti e godevano quindi di questa posizione privilegiata, un breve percorso nelle recenti competizioni elettorali dimostra la bontà di questa tesi. Nelle elezioni del 1984 il candidato democratico in testa ai sondaggi fra dicembre e gennaio era l’ex governatore della California Jerry Brown con il 21 per cento, ma la sua corsa alla nomina fu bloccata dal semi sconosciuto governatore dell’Arkansas Bill Clinton, che i sondaggi davano al 17 per cento. Stesso discorso per le elezioni del 1984, l’ex senatore del Colorado, Gary Hart, veleggiava tranquillo con i sondaggi di metà gennaio che lo attestavano su un sicuro 25 per cento. Il candidato che lo incalzava, con il 19 per cento, era il reverendo nero Jesse Jackson, ma a sbancare il jackpot fu Michael Dukakis, che negli stessi sondaggi aveva un 10 per cento.

Ancora più estremi i casi delle primarie del 1976 e del 1972. Nel primo caso l’allora governatore della Georgia Jimmy Carter era fermo a un misero 4 per cento nei sondaggi Gallup dell’inizio di gennaio, ma alla fine ebbe la meglio su Humphrey attestato al 29 per cento. Stesso discorso per l’allora senatore del South Dakota George McGovern, che dal suo misero 5 per cento di fine dicembre sbaragliò Ted Kennedy, dato addirittura al 32 per cento. Prima delle presidenziali del 1972, la nomina democratica veniva decisa in congresso e le primarie servivano a stabilire i rapporti di forza fra i candidati. Nel 1960 e nel 1968 le nomine andarono effettivamente ai candidati che erano in testa nei sondaggi, J. F. Kennedy e Adlai Stevenson, ma nel 1968 e nel 1952 i nominati alla sfida presidenziale, Humphrey e Stevenson, non erano nemmeno presenti nei sondaggi.

Insomma, anche se questa volta, a differenza delle altre, le elezioni primarie dei democratici si svolgeranno nel corso di un mese e mezzo e non di otto mesi, e questo potrebbe giocare a favore dell’economicamente dotato Howard Dean, la storia di questi 50 anni di elezioni americane insegna a non vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso.

16 gennaio 2004

bamennitti@ideazione.com
 

 

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