Sinistra contro sinistra, in politica estera l'unità non c'è
di Paolo Zanetto

L’unica parte coerente è la “sinistra antagonista”, come la definisce Stefano Folli. Comunisti italiani, Verdi e Rifondazione comunista non hanno mai cambiato posizioni sulla politica estera. Da un anno a questa parte, la parte “militante” del centro-sinistra ha votato sempre compatta. Una prova di affidabilità in una sinistra quanto mai divisa. Tutto iniziò un anno fa, nell’ottobre 2002, con la proposta del governo di inviare gli alpini per le operazioni di pace e ricostruzione in Afghanistan. Il dibattito si svolse in mezzo alle urla del movimento pacifista, che teorizzava l’opposizione all’America “senza se e senza ma”. Fu l’inizio dello sfacelo dell’Ulivo sulla politica estera. La maggioranza presentò una mozione. L’opposizione ne presentò cinque, dopo averne scartate alcune altre. Alla fine successe di tutto: Margherita e Sdi votarono a favore della mozione del governo, i tre partiti antagonisti contro. I problemi maggiori furono in casa Ds, spaccati tra chi voleva inseguire la piazza pacifista e chi voleva una posizione responsabile sulla politica estera. Il grosso del partito cadde nella trappola girotondina, e votò contro la missione degli alpini.

Il passo successivo fu nell’aprile 2003, quando si trattò di decidere sugli aiuti umanitari per l’Iraq. Stavolta la questione sembrava semplice: chi può essere contro una missione di sostegno alla popolazione civile? Risposta: la sinistra antagonista. Che infatti votò contro la proposta del governo. E influenzò il resto della coalizione. Ds, Margherita e Sdi si trincerarono dietro un’ipocrita astensione. Come nei consigli comunali di provincia, quando l’opposizione non vuol dire che il sindaco ha fatto una cosa buona. Solo che il dibattito era in Parlamento, e la politica estera è forse il tema più alto dell’intero dibattito politico. E così si arrivò al momento dello scontro più acceso, lo scorso luglio, quando si trattò di votare sulla missione dei Carabinieri italiani, “Antica Babilonia”. Solo la Casa delle libertà votò a favore. Il centro-sinistra, davanti a una decisione così strategica, capì di dover trovare unità di voto, anche a costo di sacrificare le voci dissenzienti. E l’unica unità possibile era votare contro la missione. Senza se e senza ma. Come se la ricostruzione dell’Iraq e l’assistenza alla popolazione di Nassiriya fossero un male. Lo Sdi e i democristiani della Margherita scelsero l’astensione, nonostante l’ordine di scuderia.

E’ in queste condizioni che si è arrivati al dibattito dopo la strage di Nassiriya. Una discussione sotto il peso di due moniti: il rispetto per i militari vittime del terrorismo e il monito del presidente della Repubblica. Prima di partire per gli Usa, Ciampi aveva auspicato che l’Italia si presentasse unita e forte in un simile momento. Un giorno per il cordoglio, non per lo sciacallo. La maggioranza ha avuto gioco facile: la coerenza della sua linea permetteva una facile presa di posizione, ovvero il sostegno alle forze armate in Iraq e il rinnovo dell’impegno nella guerra al terrorismo. Dall’altra parte invece si è rispolverato un po’ di moroteismo. Francesco Rutelli ha sostenuto che “è necessaria chiarezza sul ruolo dell’Italia”. L’unico intervento di alto profilo, una volta di più, è stato quello di Massimo D’Alema. L’ha detto chiaramente: “Non è l’ora della ritirata”. Confrontando i due interventi, Gianfranco Fini ha riscontrato “la stessa differenza che passa tra la Juve e la Sanbenedettese”. Ma le stonature a sinistra non sono mancate. 

Oliviero Diliberto del Pdci ha rotto il tono istituzionale del dibattito per ribadire la sua posizione: “Non prorogare la missione”. Ha poi chiarito ai giornalisti: “Berlusconi ha mandato i soldati a farsi ammazzare”. Più moderate ma altrettanto insensibili le parole del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani: “Oggi è il momento del dolore, da domani bisogna parlare di un ritiro immediato delle truppe”. Ma c’è stato chi ha fatto di peggio. Il ds Pietro Folena si trovava a Parigi e ha improvvisato un sit-in di protesta davanti all’ambasciata italiana. Grazie al cielo è stato fatto sgomberare dalla polizia. Era in Francia per il Forum sociale europeo. I commenti dei movimenti no-global, registrati nei loro forum su Internet, sono davvero crudeli. Ricordano quei lettori che scrivevano al Manifesto per auspicare che la guerra per la liberazione dell’Iraq durasse il più a lungo possibile, per imbarazzare e indebolire (anche in termini di caduti) “l’invasore americano”. Sembra davvero difficile conciliare questi toni con il bel discorso di D’Alema, sintetizzare una posizione unitaria del centro-sinistra sul tema centrale del dibattito pubblico, la politica estera e la guerra al terrorismo. In bocca al lupo, professor Prodi. 

19 novembre 2003

zanetto@tin.it