Una Finanziaria che guarda al futuro
di Paolo Zanetto

Stavolta l’Italia è la virtuosa. Ce lo dice la Commissione Europea, per quanto possa far dispiacere a Romano Prodi. Il parametro centrale del patto di stabilità UE, l’odioso cappio del rapporto deficit/Pil al 3 per cento, è stato pienamente rispettato dalla “povera” Italia. Nel 2004 toccheremo il 2,2 per cento. Peccato non poter dire altrettanto di Germania e Francia. Hanno sfondato il tetto, e il commissario agli affari economici Pedro Solbes non esita a denunciarlo. Ma per l’asse franco-tedesco è tutto un complotto eurocrate, una questione di interpretazione del trattato di Amsterdam. Naturalmente non è così. Siamo convinti che mantenere forte la spesa per investimenti in un anno come il 2003 possa essere lungimirante, specie ora che l’Europa ha imparato la dura lezione della buona politica di bilancio. Il patto di stabilità andrà rivisto, prendendo in seria considerazione la “golden rule” proposta da Mario Monti, ovvero l’esclusione degli investimenti dal computo del deficit. Ma intanto questa è la legge. E l’Italia la rispetta. In attesa della riforma delle pensioni.

La Finanziaria 2004 non si può capire senza questa premessa. Perché è una manovra senza lacrime e sangue, ma con chiaro in mente l’obiettivo dei conti pubblici in salute. Giulio Tremonti viene dipinto spesso come il “ragionere di Sondrio”. Ma come ogni valtellinese sa bene, se le uscite sono sempre più delle entrate, prima o poi si finisce male. La correzione di rotta quest’anno vale 16 miliardi di Euro, 30 mila miliardi di vecchie lire. Eppure le tasse non aumentano, e si riescono a garantire 5 miliardi di Euro per gli investimenti e lo sviluppo. Non male per un governo che, tra i primi atti, ha abbassato le aliquote Irpef e Irpeg, mantenendo una promessa elettorale che sembrava impossibile (“Meno tasse per Totti”, chi non ricorda i banner?). Anche lo strumento scelto per portare avanti questa manovra è innovativo.

Oltre al classico disegno di legge finanziaria, il governo ha varato un decreto legge contenente le principali misure. E ha posto la fiducia sulla conversione del decreto, dopo un maxi-emendamento correttivo. Le opposizioni hanno gridato allo scandalo. Senza ragione. In buona parte dei paesi europei la manovra finanziaria presentata dall’esecutivo è modificabile dal Parlamento solo in certe condizioni. In Gran Bretagna il “budget law” non è emendabile. Anche in Italia ci sarebbe bisogno di una buona riforma dei regolamenti parlamentari, per mettere fine al triste assalto alla diligenza che ogni anno caratterizza l’iter di approvazione della Finanziaria. Qualunque passo avanti in questo senso è benvenuto. Compreso l’utilizzo del voto di fiducia, del quale peraltro l’attuale governo ha fatto uso parco.
 
Peccato che il centro-sinistra abbia perso l’occasione di criticare la Finanziaria sui punti veramente rilevanti. Non il condono edilizio o la Cassa Depositi e Prestiti, su cui peraltro si è trovato un onorevole compromesso tra simpatizzanti del Tesoro e di Bankitalia. La legge in discussione dovrebbe essere la Finanziaria per l’innovazione del paese, e su questo sarebbe stato interessante un serio confronto politico. La manovra contiene diversi provvedimenti nel campo della ricerca e della tecnologia. Le misure fiscali per incentivare il rientro dei “cervelli” all’estero, oppure la legge Tremonti applicata alle spese per ricerca industriale, indicano la strada da seguire. Ancora più interessanti gli incentivi al settore consumer, come il bonus di 150 euro per l’acquisto di un decoder Tv digitale terrestre o di 75 euro per gli abbonamenti a Internet in banda larga. 

E ancora: il rinnovo del programma “Vola con Internet” per aiutare i 16enni ad acquistare un Pc, i nuovi fondi per l’eGovernment, il grande progetto “PC ai Docenti”. Eppure manca qualcosa. Nonostante le migliori premesse, la Finanziaria 2004 non è un progetto politico. E’ un bellissimo collage, composto da ottimi tasselli, ma non si intravede una strategia, una visione. Ecco cosa manca alla manovra: quella certa idea dell’Italia. Il governo Berlusconi deve dire chiaramente dove vuole arrivare. Adesso che il Dow Jones si appresta a superare nuovamente quota 10 mila, anche il governo deve tornare a sognare. E a far sognare gli italiani.

5 novembre 2003

zanetto@tin.it