Meno emozioni, più scienza
di Carlo Stagnaro

Galeotto fu il libro e chi lo scrisse. Come la tenera narrazione degli amori tra Lancillotto e Ginevra spinse Paolo e Francesca a commettere peccato, così il crudo elenco di dati fornito dallo scienziato danese Bjørn Lomborg nel suo The Skeptical Environmentalist1 ha acceso il dibattito sulla difesa dell’ambiente. Perché lo studioso, utilizzando i medesimi strumenti e le stesse ricerche di cui dispongono gli ecologisti, ha puntato l’indice contro l’intero coacervo di credenze, paure e miti di cui essi si nutrono. Tutto questo grazie a un poderoso apparato critico (quasi 3.000 note) e una imponente bibliografia (1.800 titoli). Le reazioni sono state scomposte e rabbiose. Due colossi come il Wwf e il World Resources Institute hanno diffuso, tramite i propri siti internet, un avviso ai giornalisti: "Girate alla larga dal libro eretico!". La rivista Scientific American ha attaccato Lomborg con un editoriale del suo direttore, John Rennie, intitolato un po’ presuntuosamente Science Defends itself Against the Skeptical Environmentalist. Seguivano quattro articoli di altrettanti esperti con lo scopo di “smontare” le tesi espresse dallo studioso nordeuropeo. Tali pezzi sono stati poi ripresi anche dall’edizione italiana della rivista, che peraltro pochi mesi prima aveva ospitato una recensione dai toni estremamente positivi a firma di Gilberto Corbellini.

A tal proposito, Enrico Bellone, direttore de Le Scienze, ha spiegato: "Noi abbiamo un legame con Scientific American tale che la traduzione delle critiche a Lomborg era quasi un atto dovuto. Io credo, tuttavia, che sia stato importante ospitare anche una recensione come quella di Corbellini: poiché in Italia ben pochi hanno letto The Skeptical Environmentalist, era giusto fornire ai lettori gli strumenti necessari a capire di cosa si trattasse. Trovo preoccupante, piuttosto, la reazione di certi settori della comunità scientifica irritati da quel libro. Le tesi ivi espresse possono essere condivise oppure no, ma comunque forniscono importanti argomenti su cui meditare".

Quando Lomborg ha riprodotto gli articoli di Scientific American sul proprio sito confutandone ogni singola affermazione, l’influente mensile americano ha minacciato addirittura di querelarlo per violazione delle norme sul diritto d’autore. "E' un’azione che compiamo abitualmente – si è giustificato Rennie – verso chi pubblica i nostri articoli in versione integrale senza il nostro consenso, poiché il nostro ufficio legale ha sempre sostenuto che in caso contrario potremmo dare l’impressione di non tutelare adeguatamente i nostri diritti d’autore. Abbiamo suggerito a Lomborg di ridurre l’entità delle citazioni, ma la sua proposta di tagliare i nostri articoli a circa tre quarti è un insulto. Per quanto io possa non condividere molte delle opinioni di Lomborg, né Scientific American né io abbiamo alcun interesse nel tentare di impedire un dibattito aperto su questi problemi, e non abbiamo mai fatto alcunché per opporci al confronto". Ciò nonostante, l’effetto della minaccia sarebbe stato quello di silenziare lo scienziato danese, se, per una sorta di “eterogenesi dei fini”, non avesse spinto molti militanti a favore della libertà di espressione a schierarsi in sua difesa. Inoltre, l’ex attivista di Greenpeace, Patrick Moore, ha lanciato dalle colonne di Green Spirit una campagna contro Scientific American: ha pubblicato i quattro articoli incriminati con le puntuali repliche dell’autore di The Skeptical Environmentalist, invitando chiunque altro abbia un sito a imitarlo.

Le ragioni dell’astio di cui i “mostri sacri” dell’ecologismo hanno fatto mostra sono presto dette. L’ambientalismo, oggi, è riuscito a trasformarsi in una sorta di religione laica. Attorno a esso ruotano interessi – materiali e politico-ideologici – immensi. Negarne il fondamento (cioè la paura concreta di una catastrofe ecologica nel breve o medio termine) significa sottrargli autorevolezza e, quindi, ridurlo alla dimensione pacata e non spettacolare che da sempre caratterizza il dibattito e la ricerca scientifica. Lomborg, in fin dei conti, si limita a presentare una fotografia il più accurata possibile del nostro mondo: un’immagine da cui, certamente, non sono assenti i punti neri, ma che nondimeno presenta un netto e costante miglioramento rispetto alle epoche passate.

Dati alla mano, lo studioso danese mostra, tra le altre cose, che né le foreste né la biodiversità corrono alcun grave pericolo; che l’inquinamento dell’aria e dell’acqua nei paesi sviluppati sta diminuendo; che nessuna risorsa sembra essere prossima all’esaurimento; che non esiste alcun limite superiore individuabile alla produzione e al consumo di energia; che gli effetti del riscaldamento globale saranno, con ogni probabilità, inferiori a quanto si creda, e che comunque i costi delle politiche volte a mitigarli ne sorpassano di gran lunga i benefici; che, sebbene la popolazione dei Paesi in via di sviluppo sia triplicata, le calorie pro capite sono aumentate del 38 per cento e le persone malnutrite sono diminuite dal 35 al 18 per cento. Sono ancora numeri alti, naturalmente. Ma il trend è evidente e non autorizza nessuno a sostenere che la fame nel mondo sia in aumento.

In breve, "Gli uomini, in media, sono più ricchi, godono di una migliore salute, hanno una più lunga aspettativa di vita e si nutrono meglio che in qualunque altro momento nella storia dell’umanità". Negare questi fatti mette nell’imbarazzante posizione di dover smentire le stime ufficiali fornite dagli enti e dagli istituti di ricerca più accreditati, compresi l’Onu, la Fao e l’Oms. Soprattutto, è sorprendente osservare come Lomborg abbia utilizzato gli stessi dati di cui dispongono anche gli ambientalisti. Ed è istruttivo notare quante volte i guru dell’ecologia abbiano sbagliato le proprie profezie – puntualmente riportate in The Skeptical Environmentalist e sottoposte al duro giudizio del tempo.
Lo statistico danese (che si definisce di sinistra, è vegetariano e ha militato per diversi anni in Greenpeace) racconta di aver iniziato il proprio lavoro proprio con l’obiettivo di fornire uno strumento in più alla lotta ambientalista. L’idea gli venne quando, in viaggio negli Stati Uniti, si imbatté in un’intervista di Julian Simon, economista, docente all’Università del Maryland e sostenitore della tesi secondo cui la risorsa fondamentale di cui l’uomo dispone è l’uomo stesso (cioè la sua intelligenza, la sua capacità di risolvere i problemi). Secondo Simon, il genere umano è costituito più da creatori che da distruttori e ogni generazione lascia a quella che la segue un mondo migliore di quello che ha ereditato da chi l’ha preceduta. L’autore di The Ultimate Resource6, infatti, afferma che nessuna risorsa è tale di per sé: solo l’inventiva umana la rende utile e profittevole. Questa è la ragione per cui gli uomini non solo non si sono estinti, ma sono diventati più numerosi e più benestanti che mai.

Ebbene, Lomborg diede il via alla propria ricerca proprio con l’intento di smentire le ottimistiche profezie di Simon (una delle quali apre The Skeptical Environmentalist, quasi a riassumere il senso dell’intero lavoro e a riconoscere i giusti meriti all’economista americano: secondo cui non vi è dubbio che, nel lungo termine, la salute e la ricchezza dell’uomo non potranno che aumentare, così come nel passato si è assistito a un continuo miglioramento delle sue condizioni di vita). L’indagine del danese ha avuto il risultato di confermare praticamente tutte le teorie di Simon – il cui ottimismo, dunque, appare più che altro il frutto di un’analisi realistica della natura umana e degli stimoli che essa riceve a progredire e migliorare. Tra essi, un ruolo fondamentale giocano l’egoismo degli uomini e il loro interesse: per dirla con le ben note parole di Adam Smith, "non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo la nostra cena, ma dal loro riguardo al proprio interesse. Ci rivolgiamo non alla loro umanità ma al loro amor proprio, e non parliamo mai loro delle nostre necessità ma dei loro vantaggi".

Lomborg, insomma, sembra aver fatto tesoro della propria esperienza e averne tratto le oneste e dovute conseguenze. Ben diverso fu, a suo tempo, il comportamento di Paul Ehrlich, vate dell’ambientalismo e autore, nel 1968, del famigerato The Population Bomb. Nel 1980 Julian Simon propose agli ecologisti una scommessa sul futuro delle risorse. Egli mise sul banco 10.000 dollari (di allora), sfidando gli ambientalisti a scegliere qualunque materiale grezzo. Se, dopo un lasso di tempo di almeno un anno, il prezzo di quel materiale fosse diminuito (se cioè quel materiale fosse divenuto “meno scarso”), Simon avrebbe vinto. 

La sfida venne raccolta da Ehrlich, Harte e Holdren (tutti e tre provenienti da Stanford), i quali dichiararono che "il richiamo dei soldi facili è irresistibile". Essi scelsero un paniere di cinque metalli (cromo, rame, nichel, stagno e tungsteno) e proposero un lasso di tempo di dieci anni. Ebbene, nel settembre del 1990 non solo il prezzo reale (al netto dell’inflazione) dell’intero paniere era sceso, ma era diminuito pure il prezzo di ogni singolo materiale. Il cromo era sceso solo del 5 per cento, mentre lo stagno addirittura del 74 per cento! In seguito, Simon affermò che, se davvero gli ambientalisti sono così sicuri delle loro previsioni sull’esaurimento delle risorse (e quindi sull’aumento dei prezzi), bisogna chiedersi come mai non investano i propri soldi in tali materiali. The Skeptical Environmentalist è, da un certo punto di vista, la consacrazione empirica delle tesi di Simon. Che hanno una peculiarità: quella di mettere l’uomo al centro dell’analisi. Lomborg definisce i problemi in funzione delle esigenze dell’uomo poiché sa che da esso e da nessun altro potranno venire le soluzioni. Come ha scritto Corbellini su Le Scienze, "la prospettiva è quella dello statistico e dell’economista. Il suo obiettivo è quello di valutare comparativamente i costi e i benefici dei diversi interventi che potrebbero risolvere i problemi all’orizzonte: che non sono catastrofi ma, appunto, problemi".

Quella che dunque appare ai critici la sua maggiore debolezza è in realtà la sua forza. Guido Romeo ha affermato che "nel suo curriculum non figura alcuna pubblicazione sui cambiamenti climatici, né sull’inquinamento atmosferico, né su altri argomenti affrontati nel saggio, ma solo studi statistici sul funzionamento dei sistemi elettorali e sulle applicazioni della teoria dei giochi alle strutture sociali". Non vi è nulla di strano né di criticabile nel fatto che uno statistico abbia svolto un’indagine statistica (quale è The Skeptical Environmentalist) utilizzando gli strumenti della statistica. Bizzarro è piuttosto che, poco più avanti, Romeo critichi Lomborg per l’ampio spazio e l’attenzione dedicata a Julian Simon. Il giornalista italiano scrive che questi "già nel 1996, con The Ultimate Resource, contestava agli ambientalisti il riproporsi della stessa litania sempre più politicizzata fino a fossilizzarsi in un ambientalismo dogmatico". In realtà, The Ultimate Resource è un libro del 1981 e non del ’96; in tale anno venne ripubblicato col titolo The Ultimate Resource 2. In generale, posporre di 15 anni la pubblicazione di un volume non è un peccato mortale; lo è, però, quando – come nel nostro caso – in quel lasso di tempo le tesi esposte dimostrano tutta la propria ragionevolezza. Quel libro, checché ne pensi Romeo, è realmente un testo fondamentale. Sebbene Simon non abbia ricevuto in vita i riconoscimenti che avrebbe meritato, il tempo è galantuomo e già oggi molte delle sue “profezie” si stanno rivelando veritiere – lo stesso successo di The Skeptical Environmentalist è in qualche maniera figlio del lavoro del docente dell’Università del Maryland.

Stando così le cose, la vera minaccia non viene dall’incosciente egoismo umano o dalla presunta catastrofe ambientale. Piuttosto, a essere pericolosa è quella che Lomborg definisce "la Litania": quell’insieme di superstizioni pseudo scientifiche che sono alla base di decisioni politiche spesso pazzesche. Si pensi, per quanto riguarda l’Italia, al caso dell’elettrosmog: come mostra Franco Battaglia nel recentissimo Elettrosmog: un’emergenza creata ad arte, i campi elettromagnetici cui siamo soggetti sono assolutamente innocui. Eppure un’autentica psicosi sembra essersi impadronita di alcuni gruppi di cittadini e di molti politici, che così hanno approvato scriteriati provvedimenti il cui unico effetto è stato uno sperpero di denaro pubblico e la creazione di un clima di paura e di emergenza. Purtroppo, per usare le parole di Antonio Gaspari, "la paura porta notorietà: molti gruppi di scienziati impegnati in ricerche sull’ambiente dipendono da finanziamenti erogati sull’onda emotiva di previsioni catastrofiche. È molto difficile per loro spiegare l’inconsistenza di certe minacce che sono ormai dominio dell’opinione pubblica. Così la scienza si ritrae davanti a fenomeni di credulità popolare e la “percezione del rischio” prende il sopravvento sulla realtà e sui dati scientifici".

Il panico ambientale, oltre tutto, offusca la ragione e si sostituisce a una pacata analisi dei costi e dei benefici dell’azione umana. Investire tempo, fatica e risorse su un problema inesistente (come l’elettrosmog) significa necessariamente distoglierle da altri problemi ben maggiori. Significa cioè incentivare politiche inefficaci e mal mirate e sottrarre ai singoli il frutto del loro lavoro in nome di una crociata priva di basi scientifiche. Bisogna che gli uomini, abbandonando il catastrofismo ambientalista, si riapproprino della capacità di valutare realisticamente il peso dei problemi e, quindi, di stabilire delle priorità.

Per questa ragione, gli argomenti e i dati presentati da The Skeptical Environmentalist "possono sortire un risultato notevole poiché possono liberarci da alcune nostre preoccupazioni improduttive. Possono darci nuova fede nel fatto che dobbiamo creare un mondo migliore prendendo parte alla produzione di beni, tangibili e immateriali, da parte della società… Le cose oggi vanno così bene perché abbiamo lavorato duro per migliorarle… Siamo diventati sempre più ricchi soprattutto grazie alla nostra organizzazione fondamentale in un’economia di mercato e non perché ci siamo preoccupati… In realtà noi stiamo lasciando un mondo migliore di quello che abbiamo trovato e questo è un punto davvero fantastico sul vero stato di salute della Terra: che le condizioni del genere umano sono ampiamente migliorate in ogni campo significativo e misurabile e che le cose probabilmente continueranno su questa strada". L’amore per la natura è importante ma non può tramutarsi in odio per l’uomo – che, non dimentichiamolo, della natura fa parte. E la realtà contraddice ogni profezia catastrofista. Lungo tutto il corso della storia umana le condizioni materiali di vita sono inesorabilmente migliorate. Non vi è alcuna ragione logica, scientifica o di altro genere, per credere che questo trend si invertirà nel futuro.

26 settembre 2003

(da Ideazione 5-2002, settembre-ottobre)