Sei mesi per rimodellare il Vecchio Continente
di Domenico Mennitti
Con la turbolenta seduta di Strasburgo, dinanzi al Parlamento convocato
in seduta plenaria, l’Italia ha assunto ufficialmente la presidenza del
Consiglio europeo. Il capo del governo Silvio Berlusconi ha illustrato
all’assemblea le grandi direttrici lungo le quali il nostro paese
eserciterà per sei mesi tale funzione. Ha ragione chi sostiene che non è
il caso di enfatizzare oltre il dovuto questo impegno al quale assolve,
a rotazione, ogni paese membro dell’Unione. Però va sottolineato che la
presidenza italiana cade in una fase molto delicata della storia del
mondo e che delicatissimo è il ruolo che l’Europa è chiamata a svolgere.
Per partecipare con dignità ed autonomia a definire i nuovi equilibri
del pianeta, infatti, l’Europa deve consolidare la sua natura economica,
finanziaria e monetaria ed assumere una chiara fisionomia politica e
militare, perché bisognerà espandere lo sviluppo ma pure garantire la
pace e la democrazia. Impegnata a realizzare tali obiettivi, l’Unione
sta portando a compimento la prima fase del processo di integrazione
allargando a venticinque il numero dei paesi membri, prevedendo già che
fra quattro anni essi diventeranno ventisette.
Per gestire una organizzazione così vasta e complessa è ormai giunta al
traguardo dell’approvazione una vera e propria “Carta costituzionale per
i cittadini europei”. Da una parte si conclude, superata l’era della
glaciazione comunista all’Est, la ricostituzione del vecchio continente
che il flagello delle guerre aveva diviso e disperso; dall’altra la
Convenzione, convocata dal Consiglio europeo di Laeken ed aperta il 28
febbraio del 2002, trasforma i trattati in un testo di carattere
costituzionale e lo propone alla prossima Conferenza intergovernativa
con l’ambiziosa prospettiva di conciliare le esigenze degli Stati con le
attese dei cittadini.
L’Italia assume la presidenza dell’Unione in un momento difficile per
l’Europa, perché la guerra contro l’Iraq l’ha mostrata divisa rispetto
alle strategie americane ed è stato necessario un accorto lavoro
diplomatico per evitare che le divergenze divenissero lacerazioni
insanabili. Tuttavia i compromessi raggiunti mostrano ancora divisioni
di fondo. E’ con riferimento a questa situazione che la prima
linea-guida della presidenza italiana si può sintetizzare nella
proposizione “restituire fiducia all’Europa”, nel senso di ribadire che
l’Unione è un progetto vincente, che ha permesso di avviare dopo la
tragedia di due guerre mondiali un affascinante processo di pace, di
democrazia e di sviluppo. Ridare fiducia all’Europa – ribadirà
Berlusconi dinanzi al Parlamento – significa riportare al centro della
scena internazionale un continente che ha saputo rinnovarsi ed ampliarsi
e si propone come gamba decisiva del tavolo della stabilità mondiale. Se
la presidenza greca ha dovuto gestire i mesi difficili della divisione
di fronte alla guerra in Iraq, l’Italia dovrà gestire la fase di
riavvicinamento con l’alleato americano per riprendere la comune lotta
contro il terrorismo.
La seconda direttrice riguarda la costruzione di un’Europa più unita. La
Convenzione ha fatto la sua parte elaborando una proposta innovativa,
perché per la prima volta è stata costruita seguendo un metodo
democratico-rappresentativo, che è augurabile abbia posto termine al
vecchio sistema esclusivamente intergovernativo. La Convenzione è stata
un foro di confronto, dove hanno potuto esprimersi non soltanto le
istanze dei governi dei paesi membri, ma pure i suggerimenti dei
rappresentanti dei Parlamenti nazionali e delle istituzioni comunitarie.
L’obiettivo è che l’Unione del Ventunesimo secolo possa essere più
trasparente e più vicina alle esigenze dei propri cittadini,
interpretandone valori comuni e principi condivisi. La “Carta dei
Diritti” verrà integrata nel nuovo Trattato con forza giuridica
vincolante, come “valore etico” dell’Unione ampliata. Toccherà alla
Conferenza intergovernativa di Roma produrre il risultato finale.
Ovviamente centrale è il tema dell’economia, per la quale la presidenza
italiana intende dare slancio all’azione avviata dal Consiglio europeo a
Lisbona. Ambizioso il traguardo di rendere l’economia europea la più
dinamica ed inclusiva del mondo entro il 2010, obiettivo che non si
ridimensiona di fronte ai rallentamenti che si registrano e che spesso
dipendono dalle mancate riforme che a loro volta si traducono in minore
competitività, minore crescita e maggiore disoccupazione. I costi più
alti che pagano le imprese europee non sono quelli indicati sulle buste
paga dei lavoratori, ma quelli del livello di tassazione. Si lavorerà
anche ad una riforma intelligente del Patto di stabilità per adeguarlo
alla condizione reale dell’economia europea.
Infine una intensa politica di rivitalizzazione del Mediterraneo. Il
caso ha voluto che negli ultimi due anni tre presidenze siano toccate
alla Spagna, alla Grecia e ora all’Italia, paesi che puntano
all’espansione delle loro economie attraverso la via del mare, resa più
praticabile dai piccoli ma significativi ingressi di Malta e Cipro.
L’Italia peraltro punta ad essere per l’Europa sud-orientale quello che
la Germania è stata per l’Europa centro-orientale, cioè il motore
dell’allargamento che rafforza la dimensione mediterranea del
continente. Lungo queste linee si svolgerà l’azione della presidenza
italiana dell’Unione Europea, una occasione da vivere con responsabilità
e con coraggio, della quale ogni cittadino deve sentirsi non solo
spettatore, piuttosto attivo protagonista.
4
luglio 2003
domenico@mennitti.it
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