Questa Europa ha bisogno di questa Italia
di Alessandro Bezzi

Il clima avvelenato ha prodotto una seduta con coda avvelenata nell’aula del Parlamento europeo di Strasburgo, dove il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha presentato il semestre di presidenza italiano. Superate le dispute verbali e diplomatiche, resta il cammino di un semestre che si presenta ambizioso. Prima dell’incidente in fase di replica, il discorso del Cavaliere era stato apprezzato e molte titubanze della vigilia si sono dissolte, in attesa di valutare il comportamento del governo italiano dai fatti concreti.

Perché al di là delle accuse che una vasta parte della sinistra europea muove alla cosiddetta anomalia italiana, l’Unione Europea ha bisogno dell’Italia, di questa Italia di Berlusconi. Chi, come il presidente della Commissione Romano Prodi, per ruolo istituzionale ha più a cuore le sorti del continente che quelle di una parte politica, ha ribadito la fiducia che l’Italia saprà condurre con saldezza l’Europa al raggiungimento dei cinque obiettivi dei prossimi sei mesi. A partire dal riallineamento delle relazioni con gli Stati Uniti, che proprio un paese che è stato capace di gestire con equilibrio la fase della guerra in Iraq può garantire. Prendete ad esempio la posizione della diplomazia di Roma sulla Roadmap in Medio Oriente: saggia, lungimirante e positiva rispetto a quella di un’Unione che dice ancora di tenere in grande considerazione Arafat. Nelle ultime settimane, sotto la guida di Abu Mazen, i progressi di pace tra Israele e Palestina sono stati straordinari (dal cessate il fuoco delle organizzazioni terroristiche palestinesi al ritiro delle truppe israeliane), fino a rendere concrete le speranza di una soluzione pacifica del conflitto. Come recupererebbe l’Europa una funzione di protagonista, in un processo che per altro la vede tra gli sponsor assieme a Usa, Russia e Onu, se non potesse appoggiarsi sulla linea italiana, un passo avanti rispetto alle titubanze dell’Unione?

Per proseguire con l’accelerazione verso il completamento del processo di allargamento dell’Ue ai paesi balcanici, priorità dell’Unione ma anche dell’Italia che, proprio nell’area balcanico-danubiana, ha il suo bacino di espansione economica: solo l’Italia può essere per l’Europa sud-orientale quello che la Germania è stata per l’Europa centro-orientale, un faro sicuro per l’approdo in Europa di paesi impelagati fino a qualche anno fa in una sanguinosa guerra civile. Ma anche gli altri obiettivi: le riforme economiche necessarie per snellire l’inefficiente welfare state europeo e rilanciare l’asfittica economia continentale, che l’Italia per prima sta cercando di imporre all’interno delle proprie strutture; gli investimenti nelle infrastrutture (come la realizzazione dei corridoi pan-europei) per rendere il mercato comune un concreto terreno di scambi umani e commerciali; la lotta all’immigrazione clandestina e ai mercanti di uomini attraverso accordi di cooperazione con i paesi del Nord Africa; una Banca del Mediterraneo che agevoli lo sviluppo economico dell’intera area meridionale dell’Europa. E soprattutto la conclusione della lunga vicenda della Costituzione europea attraverso la Conferenza Intergovernativa che si aprirà a metà ottobre e che l’Italia e l’Unione vorrebbero concludere a dicembre, sempre all’interno del semestre di presidenza italiano. Completare il complesso lavoro di riforma istituzionale nei tempi previsti servirà a firmare entro maggio i Nuovi Trattati di Roma per varare la Nuova Europa a venticinque membri: la riunificazione del Continente quattordici anni dopo la caduta dei regimi comunisti.

Dopo la nascita dell’euro è questo un nuovo, decisivo obiettivo dell’Europa. Fallirlo significherebbe entrare nel caos istituzionale, con le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo a giugno, l’ingresso dei nuovi parlamentari dei paesi centro-orientali, senza che l’istituzione sia stata ricalibrata per gestirne l’impatto. L’Unione ha dunque bisogno che l’Italia faccia bene la sua parte, al di là delle sterili polemiche politiche che d’altronde riecheggiano dibattiti interni italiani fin troppo strumentali. Questa Italia ce la può fare, a patto di ritrovare la compattezza necessaria per raggiungere obiettivi tanto ambiziosi.

4 luglio 2003