Amministrative 2003. I risultati oltre la propaganda
di Pierluigi Mennitti

E’ corretto comparare dati elettorali tra elezioni amministrative e elezioni politiche quando cambiano completamente i sistemi elettorali? Su questo interrogativo si giocano i giudizi sulle tendenze politiche emerse nel voto del 25 e 26 maggio che molti commentatori e molti politici stanno interpretando con forti dosi di propaganda. Se per i politici si tratta in qualche modo di fare il proprio mestiere, agli analisti è consentito chiedere qualche prudenza in più, prima di avallare luoghi comuni che diventano senso comune. Soprattutto quando dalla brutale ma inequivocabile conta dei sindaci e dei presidenti conquistati si passa a quello dei voti di lista dei singoli partiti. In più è doveroso attendere il risultato dei ballottaggi per un quadro definitivo.

Mettendo in fila le due ultime elezioni (le politiche del 2001 e le amministrative di domenica scorsa) ci pare corretto rintracciare due tendenze che attraversano in maniera opposta le coalizioni. L’Ulivo si sbilancia a sinistra, con il ritorno dei Ds a perno centrale della coalizione a discapito dei moderati della Margherita e con il rafforzamento dei partiti comunisti (Rifondazione e Cossutta). Il quotidiano romano il Tempo ha provocatoriamente titolato “Torna il PCI” per sintetizzare come la somma delle tre componenti di matrice comunista e post-comunista raggiunga proprio quel 33 per cento che sostanziava il vecchio PCI. Le sinistre hanno così raccolto i frutti elettorali della “lunga marcia” dei movimenti, da quello pacifista e antiglobal ai girotondi al sindacalismo della Cgil, recuperando al voto la parte dell’elettorato più delusa dall’esperienza dei tre governi Prodi-D’Alema-Amato. Chi ne ha fatto le spese è stata la Margherita che non è riuscita ad essere il punto di riferimento di un’area riformista moderata nonostante il paventato ritorno sulla scena politica italiana di Romano Prodi. Il dato che la riguarda si riduce al tradizionale elettorato del Ppi, la vecchia sinistra democristiana: ma probabilmente sconta anche una certa impreparazione sul territorio della struttura organizzativa, un handicap nelle competizioni amministrative, non in quelle politiche.

Discorso opposto per la Casa delle Libertà, dove la flessione di An e il rafforzamento dei centristi sembrano delineare un riequilibrio al centro, uno scivolamento verso posizioni moderate che, se ben interpretate, potrebbero presentare alle prossime elezioni un’alternativa appetibile rispetto alle posizioni necessariamente più estremiste di un Ulivo più rosso che bianco. La tenuta della Lega al Nord, analizzata in dettaglio nel successivo articolo di Carlo Stagnaro, segnala invece una tendenza opposta nella parte più produttiva del paese: la richiesta che il governo sia più efficace e incisivo nelle riforme promesse, prima di tutto quella del federalismo. Bisogna però ammettere che, salvo singole eccezioni, sul piano numerico il risultato della Lega è meno eclatante che sul piano politico. Raffrontando amministrative 2003 e politiche 2001 si può concludere che i due poli restano sostanzialmente alla pari se mantengono l’unità al proprio interno (Lega con la Casa delle Libertà e Rifondazione con l’Ulivo) e che i travasi avvengono al loro interno, come monito dell’elettorato per i propri dirigenti e come specchio fedele della vita politica italiana degli ultimi due anni. Ma qui conviene fermarsi.

Perché l’interrogativo di partenza torna attuale: fino a che punto è lecito confrontare elezioni differenti e trarne giudizi definitivi? Restando all’interno della Casa delle Libertà, ad esempio, si rileva che il tanto strombazzato sorpasso dei centristi su Forza Italia in Sicilia era già avvenuto. Esattamente alle amministrative del 1998. Palermo: FI sale dal 19,9 dell’88 al 21,3 del 2003; i centristi invece calano dal 25,7 (Cdu 13,2 + Ccd 4,7 + Centro 7,8) al 16,7 totalizzato dalla nuova formazione dell’Udc. Trapani: FI cala dal 16,4 al 13,5; i centristi calano dal 27,9 (Cdu-Cdr 15,7 + Ccd 12,2) al 17,2 dell’Udc. E così via. Non è utile dilungarsi per la difficoltà di trattare in un articolo numeri, cifre e sigle politiche ma se si vanno a confrontare i dati omogenei fra le amministrative siciliane ci si accorge che Forza Italia resta sostanzialmente stabile e le forze centriste addirittura calano: insomma, prima delle politiche 2001 i vari partiti post-democristiani, raggruppati assieme, già superavano Forza Italia. Una dato che non è una novità andrebbe assunto con cautela come dun dato politico significativo.

Il partito di Berlusconi soffre molto le elezioni amministrative: limitata presenza sul territorio, candidature non sempre all’altezza, leader nazionali poco presenti, il mancato impegno diretto dello stesso leader che alle elezioni politiche (ed europee) riesce a fare la differenza. Limiti che possono essere giudicati come aggravanti, piuttosto che come scusanti, per un partito ormai da dieci anni sulla scena politica nazionale ma che devono essere tenuti in debito conto per spiegare oscillazioni di oltre 10 punti tra elezioni diverse. I dati, dunque, vanno trattati con estrema cautela per evitare che la propaganda dei partiti faccia trarre conclusioni affrettate sull’esito del voto. Ne va della corretta strategia che i due poli dovranno adottare in vista delle prossime competizioni elettorali.

27 maggio 2003

pmennitti@ideazione.com