Cattivi pensieri. Tribunali e tribune elettorali
di Vittorio Mathieu

La campagna per le elezioni del 2006 è cominciata e Berlusconi ha capito che l’unico competitore pericoloso è Romano Prodi. Che le campagne elettorali si facciano nelle aule dei tribunali lo hanno insegnato le sinistre, e il Cavaliere non ha tardato ad impararlo. Ma perché ora, dato che le politiche sono così lontane e le amministrative non sono così importanti?

La ragione, credo, è che una occasione così ghiotta per parlare da imputato in un processo inventato male è difficile che si riproduca. L’imputato Berlusconi è accusato dalle sinistre di parlare di fatti che non riguardano il processo: ma esistono fatti che riguardino il processo? Che cosa mai, se non un eccesso di fabulazione, fa pensare che la sanzione di nullità del pre-accordo tra l’Iri e la Cir sia stata comprata? Chi, in qualsiasi sede, giudiziaria o mediatica, ha addotto qualche ragione che faccia pensare a una corruzione? Non si compra ciò che non occorre pagare. Dunque, per quanto una piccola schiera di Pm ci abbia abituati all’arbitrarietà dell’azione penale, è difficile che prima del 2005 ritorni l’occasione per dare tanta risonanza a fatti che non riguarderanno il processo, ma che certo riguardano la passata amministrazione privatistica (uso un eufemismo) della cosa pubblica.

Chi ci rimette, dunque, è il non imputato Prodi. Diamo atto, perciò, di un punto a suo favore. Chiunque conosca qualcosa di economia sa che è difficilissimo paragonare il valore di un bene ad anni di distanza. Offerte concorrenziali, però, erano arrivate entro il tempo massimo. E che il presidente dell’Iri abbia tentato di vendere la Sme come se fosse stata un suo bene di famiglia è palese. Che, poi, il governo abbia fatto il suo dovere intervenendo è indiscutibile.

Più difficile far capire al gran pubblico come mai un’autorevole perizia valutasse la Sme sui valori concordati con De Benedetti. Il valore economico è relativo: ciò che vale molto per una vendita può valere molto meno per una fusione. E che l’acquisto di un pacchetto di maggioranza vada valutato molto di più che l’acquisto di azioni che non danno di fatto nessun potere, lo capirebbe anche un bambino.

Divertente, perciò, che l’imputato Berlusconi abbia trovato una tribuna elettorale che Mediaset non vorrebbe mai né potrebbe offrire al suo azionista di riferimento. Ci duole solo che questo lo distolga da attività più importanti per il paese. O anche, semplicemente, per il suo partito.

9 maggio 2003