Salvate il governatore Ryan
di Barbara Mennitti

George Ryan è l'ex governatore dell'Illinois, diventato famoso perché, pochi giorni prima di lasciare il suo incarico, ha graziato quattro condannati alla pena capitale e commutato la pena in ergastolo per altri 167 detenuti, l'intero braccio della morte del suo Stato. Questo gli ha scatenato contro le ire furibonde dei parenti delle vittime e quelle dei suoi colleghi del partito repubblicano: è stata lanciata un’inchiesta federale per una vecchia storia di tangenti risalenti ad al periodo fra il 1991 e il 1999, quando Ryan era segretario dello Stato. Si parla di 170 mila dollari ottenuti in cambio di licenze, confluiti in seguito nella sua campagan elettorale. Qualcuno dice che questa storia è stata tirata fuori per gettare discredito sulla sua azione contro la pena di morte, qualcun altro che il polverone sulla pena di morte è stato alzato proprio per coprire questa vicenda. Fatto sta che George Ryan non si è ricandidato e, per la prima volta nella storia, l'Illinois si ritrova con un governatore democratico.

Nei giorni scorsi il governatore George Ryan è giunto in Italia, invitato dall'Associazione 11 settembre in collaborazione con Nessuno tocchi Caino (che gli ha conferito la presidenza ad honorem), per raccontare la sua battaglia e la sua esperienza. E' uno strano paladino della lotta alla pena di morte, l'ex governatore, e a vederlo, con la sua aria da pastore protestante, in mezzo ai radicali che gli parlano di libertà sessuali si ha l'impressione che si tratti davvero di un sodalizio improbabile. Ryan tiene a specificare subito che non è “ancora giunto a rifiutare la pena di morte tout court”, in linea di principio l’ha ritenuta, e forse ancora la ritiene, giusta.

Appena assunto l'incarico di governatore, però, si è reso conto che il sistema legale era marcio e completamente da riformare. Allora ha decretato una moratoria sulle condanne a morte ed ha istituito una commissione di quattordici membri, presieduta dallo scrittore Scott Turow che è anche un insigne giurista, che ha riscontrato vizi ricorrenti nei processi finiti con condanne a morte. False testimonianze estorte o riportate in maniera arbitraria dagli ufficiali di polizia, identificazioni errate da parte dei testimoni oculari, assassini che indicano come complici degli innocenti, informatori abituali che diventavano testimoni in cambio di favori e in generale una struttura statutaria che spianava la strada all'arbitrarietà. Un quadro che a qualcuno potrà sembrare familiare anche al di qua dell'oceano.

Dopo due anni di studi, la commissione ha proposto 85 punti sostanziali di riforma alla legge che avrebbero garantito processi più equi e trasparenti e una commissione con il compito di riesaminare ogni caso in cui l'accusa chiedeva la pena di morte. Le modifiche sono state presentate al parlamento dell'Illinois, dove hanno, però, incontrato l'ostruzionismo del partito repubblicano, che non ha voluto combattere una guerra così impopolare. A George Ryan non è rimasto altro da fare che rinunciare alla candidatura e svuotare il braccio della morte, perché era l'unico modo per avere la certezza che non venisse ucciso nessun innocente. La sua carriera politica probabilmente è finita, ma sicuramente dormirà sonni tranquilli.

9 maggio 2003

bamennitti@ideazione.com