Cattivi pensieri. Frammenti di pacifismo
di Vittorio Mathieu

Coloro che raccomandano al governo italiano di dire “no alla guerra” e poi, a guerra cominciata, “stop alla guerra” sono sinceri: se fossero al governo quello stop lo darebbero. Non dicono però in che modo il governo italiano potrebbe rendere efficace questo ukaze agli Usa, quand’anche fosse presieduto dalle sinistre. Credono forse di essere più influenti di Chirac? 

Ancora. Il concetto che altri illustri rappresentanti delle sinistre hanno di una base militare è bensì molto favorevole alla pace, ma di una pace sotto il segno dell’utopia. E’ vero che per il diritto internazionale vigente (ammesso che un diritto internazionale sia vigente), partendo dalla base i militari stranieri non possono uscire nel paese che li ospita per fare razzia di polli o di altro, come si usa in guerra. Ma pretendere che debbano chiedere al governo ospitante il visto di uscita se vogliono andarsene (in modo che il visto sia negato se si sospetta che vadano alla guerra) risponde più al concetto di un ospizio per anziani che a quello di una base militare. Neppure Fidel Castro, il cui scrupolo per la pace è noto, pretende qualcosa del genere per la base di Guantanamo a Cuba. 

Terzo episodio: gli studenti tumultuanti al concerto commemorativo dei (supposti) 700 anni dell’Università la Sapienza di Roma. Tumultuare, per gli studenti, è una tradizione che risale al Medioevo. Qualche volta ha esiti funesti, come nel 1819, quando fu ucciso il drammaturgo Kotzebue, o nel 1914, quando gli studenti di tutta Europa manifestavano in favore della guerra. L’altra sera, manifestavano in favore della pace e chi ne risultò uccisa fu la musica, nonché la decenza. Riccardo Muti, prima di cominciare, tenne agli studenti un discorso perfetto nella forma, sbagliato purtroppo nella sostanza, perché era un po’ come dir loro: “Sono con voi”. Niente di peggio per irritarli. Nell’intervallo il loro portavoce, che già aveva parlato con il megafono alla sala, ebbe il microfono per parlare al mondo. Lui era, naturalmente, molto corretto, ma ne venne fuori un tumulto (se ho ben capito, perché al concerto erano stati invitati, oltre ai soliti guerrafondai del “governo Berlusconi, anche alcuni “assassini”). L’ottima trasmissione per “la Sette” fu interrotta. Alla ripresa Muti, che aveva diretto stupendamente la serenata “La Partita” (scritta troppo palesemente su commissione, ma pur sempre da Mozart), diresse orrendamente la Jupiter. Sembrava che, stringendo i tempi, volesse recuperare parte del ritardo; ma forse era solo nervosismo. Toglieva ogni profondità all’orchestra e solo qualche strumento a fiato si salvava, se solitario. Alla fine, disgustato, il direttore rispondeva agli applausi di circostanza (scroscianti) con significativi cenni del capo. Era necessario dedicare alla pace quel concerto commemorativo? Lo domando al Rettore. Era necessario trattare con tanta deferenza gli studenti, che sentivano inevitabilmente questo atteggiamento come falso? Si direbbe che l’esperienza del ’68 non sia servita a nulla.

11 aprile 2003