Disobbedienti e inconcludenti
di Giuseppe Mancini

Marce, slogan, bandiere. La protesta pacifista contro la guerra anglo-americana all’Iraq segue rituali da tempo consolidati: serpentoni variopinti che paralizzano tra balli e canti il traffico delle nostre città, affluenza sempre nutrita anche nelle ore lavorative, comizi conclusivi con leader politici sempre indignati e mai propositivi. Si tratta di una forma di protesta innocua, a conti fatti accettabile; una forma di protesta inefficace: perché ormai scontata, ripetitiva, accettata anche dagli infastiditi come fastidio non insopportabile – una routine chiassosa ma imbalsamata. Lo stesso onnipresente vessillo arcobalenato non è una novità: ma anch’esso risponde a un’insopprimibile necessità – atavica e pre-politica – d’appartenenza, di identificazione, di separazione dei buoni e illuminati dai cattivi e reietti. Ma si tratta quantomeno di un business non disprezzabile. 

Anche i Disobbedienti à la Casarini hanno mostrato la loro cronica inconcludenza: finti atti di sabotaggio, qualche messa in scena pittoresca, pochi e circoscritti atti di teppismo. E del resto, l’uso – questo sì intelligente e produttivo – di Internet per finalità comunicative e organizzativa è ormai entrato a pieno titolo nel patrimonio genetico del "movimento"; anzi, ne è la caratteristica determinante, il collante che sopperisce all’offuscamento delle ideologie, il lubrificante che supera le ristrettezze nei fondi disponibili. Gli spazi virtuali consentono momenti di discussione e confronto, facilitano le comunicazioni tra individui e gruppi fisicamente distanti, tagliano i tempi necessari ad organizzare manifestazioni ed eventi, determinano una diffusione a ritmi frenetici delle relative informazioni e la mobilitazione di un gran numero di persone senza passare per gli apparati dei partiti e dei sindacati: ma tutto ciò, pur straordinariamente innovativo, già si ripete sin dall’ormai mitificato vertice di Seattle del 30 novembre 1999.

La vera e unica novità di questa offensiva manifestante contro la guerra è però un’altra, lo shock and hoax, la sostituzione della beffa che spiazza al timore reverenziale (l’awe dello “shock and awe”) causato da missili e bombe: una forma di protesta irriverente, come del resto il blitz di Greenpeace al Vittoriano (Berlusconi con l’elmetto e “un impegno concreto: guerra”) o il turbolento atterraggio di un parapendio in piazza San Pietro. Lo shock and hoax è la recinzione notturna di piccole aree storiche di Roma – la Bocca della verità, la terrazza del Pincio, piazza del Popolo – con nastro bianco e rosso, quello dei lavori stradali; e la loro trasformazione in spazi di senso attraverso l’apposizione di beffardi cartoncini stampati, con sottili inviti alla riflessione: “limite invalicabile – bonifica mine”, “limite invalicabile – esercitazioni antipanico”, “allestimento campo profughi”. Le possibili conseguenze, per alcuni, di una guerra che non conoscerà confini e avrà ripercussioni dappertutto. 

Guerriglia marketing, l’hanno definita gli ideatori: i diretti eredi dei situazionisti di Debord e prima ancora dei dannunziani, di D’Annunzio della beffa di Buccari (“Siamo trenta d’una sorte,/ e trentuno con la morte./ Eia, l’ultima! Alalà!), soprattutto di Guido Keller e del suo sorvolo di Roma, con lancio di una rosa bianca su piazza San Pietro e di un pitale (pieno di carote e rape, però) su Montecitorio. La politica come spettacolo creativo, la politica come rottura degli schemi e delle convenzioni che imprigionano il pensiero, la politica come appropriazione autonoma di contenuti che si sostituisce all’indottrinamento, la politica come creazione di alternative e dubbi che sta al singolo apprezzare o meno. La politica dell’avanguardismo autenticamente ribelle contro la vecchia politica mascherata da novità – quella dei cortei, delle marce, dei comizi, della disobbedienza concordata coi media e la polizia. Una forma di protesta che intende esprimere delle idee nel rispetto della collettività, senza distruggere alcunché. Una forma di protesta da accogliere con ammirazione e simpatia, al di là dei contenuti proposti.

11 aprile 2003

giuse.mancini@libero.it