Una cultura libera nell'Italia che cambia
di Tiziana Lanza

Qual è il ruolo della cultura nella nostra vita? E cos'è cultura oggi? Un mero esercizio accademico? Un sollazzo per gli intenditori? Puro divertimento? O forse è il caso di riconoscere alla cultura un ruolo di primo piano, come faceva il filosofo inglese Spencer, ce sosteneva che "lo scopo supremo della formazione culturale non è l'erudizione ma l'azione"? Se questo ci convince, allora si capisce perché si debba riservare uno spazio privilegiato alla cultura nella nostra vita. Ma si capisce anche perché sia fondamentale che libera e di tutti. E questo non soltanto perché in un paese democratico deve essere concessa a tutti libertà di espressione ma anche perché attraverso la cultura acquisiamo il senso della collettività. 

L'Italia ha un patrimonio culturale che spesso non riceve le attenzioni che meriterebbe. Si spende soltanto lo 0,17 per cento del Pil per i beni culturali mentre gli altri paesi europei, che non hanno la nostra stessa ricchezza, spendono dalle 2 alle 4 volte di più. Lo ha ricordato il ministro dei Beni Culturali, Giuliano Urbani, nel corso di un incontro su "Il ruolo della cultura nell'Italia che cambia" organizzato dal Dipartimento Cultura di Forza Italia, preannunciando in quella sede una riforma del ministero dalla "A alla Z". Il 3 per cento del denaro utilizzato per le infrastrutture verrà riservato alla cultura, ha aggiunto il ministro, che ha parlato anche di un nuovo "codice dei beni culturali" fatto da leggi semplici e chiare. Ma anche quella libertà con cui ci piacerebbe che la cultura, in tutte le sue forme, possa svilupparsi spesso viene a mancare. "La cultura o è libera o non è cultura" ha a questo proposito affermato Domenico Mennitti richiamando l'attenzione sul fatto che la cultura è fatta soprattutto da coloro che sono abituati a lavorare senza essere sotto i riflettori. 

Le conseguenze gravi, sostiene il vicepresidente della Provincia di Roma, Massimo Sessa, sono: l'uso regolare di "effetti speciali" per coprire la pochezza di iniziative prive di sostanza; le nostre città violentate da architetture oscene, inutili e costosissime; la promozione di artisti e intellettuali che artisti e intellettuali non sono; la fuga all'estero dei nostri migliori cervelli e spesso, la permanenza in Italia dei peggiori. Un esempio concreto? Tato Russo, direttore artistico del Teatro Bellini di Napoli, si è visto rifiutare la possibilità di portare i suoi spettacoli a Modena. Ma, ha affermato, la libertà non è soltanto quella dell'artista di potersi esprimere liberamente e dovunque. Ma anche quella delle persone di potere accogliere il prodotto dell'intelligenza altrui senza che nessuno glielo vieti. Parole fondamentali che nel caso del teatro acquistano ancora più valore.  "Il teatro - ha scritto un altro regista teatrale Leo de Bernardinis - è una tecnica di svelamento … è vita in economia. E' una tecnica veloce che la sapienza egiziana già possedeva". 

Ma anche nel mondo della ricerca si possono trovare esempi di questa libertà negata. A partire da Cristoforo Colombo - ha ricordato Enrico Garaci, ordinario di Microbiologia a Tor Vergata - fino a Marconi, l'Italia ha una tradizione di cervelli i cui prodotti hanno trovato accoglienza all'estero. E ancor più grave è che alla ricerca scientifica non viene riconosciuto il giusto valore nel nostro paese. In effetti, a proposito di cultura, si potrebbe aggiungere, che ciò si deve in parte a una scarsa diffusione della cultura scientifica. E' dunque auspicabile che, come ha affermato  Sessa, l'apparente dissonanza che esiste tra Tecnica e Cultura venga superata, visto che la cultura è prodotto della mente umana in tutte le sue manifestazioni e senza esclusioni. 

11 aprile 2003