Chi giudica i giudici?
di Vittorio Mathieu

Giudice unico, “magistrato unico”, non significa che i magistrati sian tutti egualmente bravi. Eppure c’è una legge (se non erro di origine democristiana) per cui, almeno dal punto di vista della retribuzione, un magistrato entrato in carriera progredisce automaticamente col tempo, qualsiasi cosa faccia. O non faccia. Un vero invito all’infingardaggine per coloro che non abbiano lo scrupolo di fare il proprio dovere, e più dello stretto dovere, per puro senso di responsabilità.

Si può obiettare: tra buoni e cattivi l’indifferenza vale solo quanto alle qualifiche (Cassazione compresa), non quanto alle funzioni. Dunque, se uno vuol diventare primo presidente della Corte di Cassazione o procuratore generale, non si permetterà licenze troppo vistose. Ma non tutti hanno questa ambizione; anche perché per soddisfarla non basterebbe un comportamento esemplare. Ammettiamo dunque senza difficoltà che i migliori emergano: ma la giurisdizione assegna responsabilità gravissime anche ai livelli più bassi dove dovrebbero restare i peggiori: ad esempio, tenere a lungo in prigione persone innocenti, o far scarcerare rei palesi e confessi per decorrenza di qualche termine. 

Può darsi che i media esagerino nel propalare notizie di mala giustizia, ma la delicatezza delle conseguenze è tale che l’allarme nell’opinione pubblica appare giustificato. I provvedimenti dei Pm, le sentenze dei giudici e, soprattutto, le loro motivazioni andrebbero valutate a posteriori da commissioni indipendenti, formate da magistrati di grado superiore, da rappresentanti della cosiddetta “dottrina” (i professori di diritto) ed eventualmente anche da avvocati di chiara fama. Le decisioni del Csm in materia non danno garanzie sufficienti di selettività.

Questa riforma è certamente più difficile che la separazione delle carriere e richiede più tempo per dare frutto. La selezione artificiale del più adatto richiede che siano ben scelti anzitutto i selezionatori. Le commissioni (nella cui formazione dovrebbero avere voce in capitolo tutti i poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario) possono sempre sbagliare anche in buona fede. Ma almeno non continuerebbero a passar di grado giudici come quello, celeberrimo, che assolse gli imputati di blocco stradale perché “persuasi di esercitare un loro diritto”.

14 febbraio 2003