Un patto con l'Islam moderato per fronteggiare il terrorismo
di Barbara Mennitti

"La minaccia del terrorismo islamico in Italia resta incombente". Così il ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu ha rilanciato l'allarme terrorismo durante l'audizione di qualche giorno fa di fronte alle commissioni riunite Affari Costituzionali e Difesa. Aggiungendo, però, un elemento nuovo. Esiste un pericolo concreto che, in caso di una guerra all'Irak, nel nostro Paese il terrorismo islamico si saldi ai gruppi eversivi locali, in particolare Br e Pcc, "nel segno di una comune avversione alla Nato, agli Stati Uniti e ad Israele". Pisanu ha sottolineato che l'offensiva militare in Afghanistan ha indebolito ma non neutralizzato Al Qaeda. Il gruppo fondamentalista islamico di Osama Bin Laden è, secondo il ministro, strutturato su tre livelli: il primo è costituito da cellule legate direttamente al vertice dell'organizzazione; il secondo è composto da gruppi che si riconoscono nel fronte islamico per la Jihad contro gli ebrei e i crociati e il terzo è formato da unità autonome, spesso transnazionali, con il progetto comune di aggressione all'Occidente e ai suoi simboli.

Da qui l'appello del ministro all'unità nella lotta al terrorismo, a ritrovare "le ragioni essenziali per un comune impegno contro l'illegalità politica nonostante idee e opinioni diverse". Ma Pisanu non si è fermato alle parole. Memore dell'Associazione dei parlamentari euro-arabi, che fondò nel 1973 insieme a Lelio Basso per favorire il dialogo tra il cristianesimo e l'islam, il ministro parla di un islam italiano e apre ai musulmani moderati del nostro paese. E' essenziale, ha detto Pisanu in un'intervista a Magdi Allam apparsa su Repubblica, "favorire la nascita di un islam italiano compatibile con le nostre leggi e i nostri valori", per evitare che il gruppo che rappresenta ormai il 37 per cento dell'immigrazione nel nostro paese, cresca come un corpo estraneo all'interno del nostro Paese, indifferente o addirittura ostile alle nostre istituzioni e ai nostri ordinamenti.

Offrire, dunque, una via italiana all'integrazione e alla pacificazione, fare in modo che la comunità islamica moderata si distacchi progressivamente dalla concezione teocratica dello stato e della vita, chiudere le porte delle moschee alla propaganda politica e terroristica, prendere provvedimenti specifici che vadano incontro alle esigenze dei musulmani, facendo emergere la comunità dalla clandestinità e facendo sì che si riconosca nello Stato italiano. Come, d'altronde, da molto tempo chiedono gli esponenti mulmani moderati, che purtroppo sono meno visibili degli scalmanati e dei fondamentalisti. Il problema reale adesso diventa quello di identificare gli interlocutori che, in una realtà variegata e confusa come quella della comunità islamica del nostro Paese, non è di poco conto.

Il primo passo sarà quello di varare una legge, oggi all'esame del Parlamento, che garantirà libertà di associazione religiosa e singoli statuti che siano compatibili con il nostro oridinamento. La proposta del ministro Pisanu ha raccolto un consenso molto ampio che va dalla maggioranza (con qualche distinguo da parte della Lega) all'opposizione, dalla Chiesa cattolica, che pone il problema della reciprocità, a numerosi esponenti musulmani.

31 gennaio 2003

bamennitti@ideazione.com