Magistrati, no global e sovversione armata

Le accuse sono pesantissime. Accuse che riportano indietro, attraverso gli omicidi di Biagi e D'Antona e a qualche attentato esplosivo, a un'epoca che pensavamo ormai sconfitta: quella del terrorismo brigatista, delle autonomie operaie, delle lotte continue. Accuse pesantissime di cospirazione politica, di associazione sovversiva, di attentato contro organi costituzionali. I 20 noglobal arrestati per ordine della Procura di Cosenza, alcuni rinchiusi nei carceri di massima sicurezza di Trani e Latina (quelli degli irriducibili brigatisti), sono i nuovi eversori, i nuovi nemici dello Stato, i probabili nuovi terroristi di domani.

Almeno, questo è il convincimento dei magistrati cosentini, come si può leggere chiaramente nelle 359 pagine, fitte d'intercettazioni e di alambiccate formule giuridiche, dell'ordinanza del Gip Nadia Plastino. Dopo il rinvenimento, alla Zanussi di Rende, di un volantino che rivendicava l'attentato all'Istituto affari internazionali di Roma dell'aprile 2000, è stata aperta un'inchiesta per individuare i possibili collegamenti tra vecchia e nuova eversione. I probabili traits d'union sono stati individuati in Francesco Cirillo e Giancarlo Mattia, reduci dell'antagonismo militante: già condannati per aver partecipato, nell'ateneo di Cosenza, alla "progettazione di strutture politico-militari eversive, al fine di portare avanti la lotta armata contro lo Stato", impegnati in azioni antagoniste violente (occupazioni e scontri con le forze dell'ordine) negli anni Novanta.

L'inchiesta, in buona sostanza, ha cercato di capire se l'evoluzione del movimento antiglobalizzazione, a partire dagli scontri di Napoli del marzo 2001 e per sfociare nelle devastazioni del G8 di Genova del luglio sempre 2001, aveva finalità eversive, di abbattimento violento dell'ordinamento economico dello Stato. La risposta è affermativa: i 20 indagati, tra i quali spicca il leader napoletano Caruso, hanno costituito un'associazione eversiva, la Rete meridionale del Sud ribelle, per rendere ingestibile l'ordine pubblico durante i vertici internazionali, per effettuare propaganda sovversiva, per sopprimere la globalizzazione dei mercati.

Risposta affermativa che fa giustamente discutere. Per il semplice fatto che gli elementi prodotti a sostegno della tesi accusatoria sono fragilissimi, a volte capziosi, in alcuni casi francamente ridicoli. Gli scontri a Napoli e Genova ci sono stati, le mazze e le spranghe sono state distribuite e usate, le immagini delle devastazioni sono ancora sotto gli occhi di tutti, poliziotti e carabinieri sono stati effettivamente assaltati e feriti. Ben vengano, allora, provvedimenti che puniscano i comportamenti delittuosi. Ma i progetti eversivi? Nell'ordinanza del Gip, di concreto c'è poco o nulla al riguardo. C'è il passato di alcuni, ci sono poche riunioni ampiamente pubblicizzate, c'era un sito web, c'era la volontà di menare le mani e di assestare qualche bastonata, c'erano delle riflessioni a voce alta intercettate al telefono, c'erano soprattutto degli slogan. Ma come si può pensare che un'associazione sovversiva si dia come obiettivo quello "di sopprimere la globalizzazione dei mercati economici"? Come si fa? Bastano mazze e spranghe o bisogna usare le zucche, i cavolfiori e le frasche usate a Napoli e - ci chiediamo perché - citate dal Gip? In sintesi, i magistrati di Cosenza sono partiti da premesse investigative corrette, hanno trovato molto poco di quello che cercavano, hanno usato la fantasia per andare comunque avanti.

Più in generale, non sarebbe meglio se i magistrati, soprattutto quelli di Napoli e Genova, si limitassero a perseguire tutti i teppisti che hanno messo Genova a ferro e a fuoco? Non dovrebbero occuparsi di terroristi e di eversori autentici, che purtroppo non mancano, invece di dare la caccia ad improbabili "cospiratori", senza mezzi e a corto di idee? Non dovrebbero lasciare alla politica il compito di offrire risposte politiche al movimento no-global? Almeno, quest'episodio potrà servire a far riflettere su quanto è urgente una riforma, drastica e impietosa, della magistratura italiana. (g. man.)

22 novembre 2002

giuse.mancini@libero.it