La malinconia del modello socialdemocratico
di Massimo Lo Cicero
Le colonne del Corriere della Sera hanno ospitato, l'11 novembre, un
malinconico articolo di Tommaso Padoa Schioppa. Lo spleen del banchiere
centrale europeo si manifestava in una efficace metafora marinara: la
tempesta alimenta l'audacia, e la sfida del futuro, mentre la bonaccia
porta con se la fiacchezza dei corpi e l'ottusità dei pensieri. Lo
scirocco del Mediterraneo è una buona ragione climatica per spiegare una
parte delle cause del basso tenore di vita per la popolazione che vive
lungo le sue coste. Come recita la patologia clinica, la malinconia è
contagiosa ed, infatti, quella di Padoa Schioppa si trasferisce, nel
corso dell'articolo, dalla spiegazione di una congiuntura, quella
europea negli anni Novanta, alla sua professione, quella di economista,
che - sia detto per inciso - è, assai più modestamente, anche la mia.
Che una parte degli economisti considerino la loro professione come la
mera proiezione di una triste scienza - cioè della ricerca sulle ragioni
della nostra inevitabile mancata piena soddisfazione in presenza di una
connaturata sproporzione tra i mezzi disponibili e le ambizioni
possibili - è cosa assai nota. Giustamente Padoa Schioppa pone fuori del
dominio logico degli economisti la ricerca delle ragioni di questa
malinconia europea ma compie, parallelamente, anche un peccato di
omissione. Dimentica di dire come e perché il medesimo tarlo della
malinconia non agisca anche sulla psicologia dei nostri "cugini"
americani.
Per quale strana meteorologia delle emozioni gli americani non cedono
così facilmente alla malinconia che, step by step, diventa depressione
economica? Confesso che il caso mi ha fornito una traccia per trovare
una risposta a questa domanda. Rimuginavo sulle tesi di Padoa Schioppa
quando ho incontrato, sulle colonne de Il Foglio - il 15 di novembre -
una prima possibile risposta sulla psicologia economica degli americani.
Si tratta di un lungo e brillante articolo di Michael Leeden, storico e
giornalista americano che ha trascorso in Europa larga parte degli anni
sessanta e dei settanta. Allora, ricorda Leeden gli intellettuali
europei non erano così malinconici mentre quelli americani erano
certamente meno interessanti. La depressione europea nasce, secondo
Leeden, dal successo crescente, economico, intellettuale e militare,
degli Stati Uniti ma anche dal fatto che gli intellettuali europei hanno
accettato di inchinarsi di fronte ai "loro nemici annunciati". Durante
la Guerra Fredda di fronte all'Unione Sovietica come oggi, di fronte
all'aggressività della parte più radicale della cultura islamica. Questa
spiegazione della malinconia europea - come effetto della incapacità di
credere in se stessi e sconfiggere gli avversari - non è del tutto
soddisfacente, anche se cattura una parte della realtà: esso rimane,
tuttavia, toppo confinato nel perimetro della psicologia.
Una e-mail, derivante dalla mia affiliazione al social science research
network mi informa, casualmente, il 16 di novembre che Alberto Alesina e
Gorge-Mario Angeletos (Harvard University ed MIT, rispettivamente) hanno
pubblicato un
paper sulla distanza economica che separa gli Usa
dall'Europa, spiegandola in termini di giudizi morali e strutture
istituzionali. Alesina è italiano mentre Angeletos, almeno dal nome,
deve avere qualche trait d'union con culture latine: entrambi lavorano
nelle università americane e, dunque, sembrano una buona fonte per dare
risposta ai quesiti che genera la diagnosi di Padoa Schioppa.
La loro tesi, in breve, è che chi crede nell'iniziativa e nella
responsabilità individuale come radice positiva del benessere non
allarga troppo la sfera della redistribuzione pubblica della ricchezza
prodotta. Chi, al contrario, crede che i danni potenziali, in termini di
corruzione e collusione, dell'iniziativa individuale siano più che
proporzionali rispetto ai benefici, interviene pesantemente nella
redistribuzione fiscale della ricchezza prodotta. I primi pensano che il
mercato produca cose utili e le ceda a chi è disposto a pagarle per
averle e, dato che la capacità, di produrre cose utili e capire chi
possa pagarle, è abbastanza equidistribuita, si devono limitare gli
interventi pubblici per spostare la ricchezza dai troppo ricchi ai
troppo poveri. I secondi, quelli che hanno paura dei danni potenziali
dell'iniziativa individuale, pensano che gli Stati debbano produrre le
"cose giuste" per gli individui e debbano costringere, con le imposte, i
cittadini a pagare per quelle produzioni. Nessuno spiega a questi
"pessimisti" sugli effetti della natura umana che quegli effetti sono
spesso preterintenzionali e che le loro "cose giuste" potrebbero essere
inutili e dannose ma finiscono per essere le uniche che i cittadini
devono poi utilizzare per forza. E nessuno di questi "illuminati"
governanti sospetta che collusione e corruzione possano esistere anche
nelle gerarchie delle amministrazioni pubbliche e nel mondo della
politica. Meno redistribuzione e più rispetto della proprietà e
dell'impegno individuale sono, invece e nelle ragionevoli proporzioni,
un incentivo alla crescita.
Non c'è dubbio che l'Europa abbia scelto da anni il modello degli Stati
governati da "illuminati" produttori di spesa pubblica ed elevata
pressione fiscale mentre gli Stati Uniti preferiscano i mercati, la
iniziativa individuale ed una più modesta intermediazione fiscale del
processo di redistribuzione del benessere: realizzata piuttosto
attraverso la deduzione delle spese per investimenti sociali,
dall'imponibile fiscale dei redditi individuali, che non attraverso una
lunga catena di trasferimenti statali dal reddito dei ricchi alla
produzione di servizi per i poveri. Perché, come dicono oltre oceano, il
tubo che porta la ricchezza dai ricchi ai poveri, come ogni acquedotto,
perde liquidità lungo tutto il tragitto da percorrere. Insomma, e per
concludere tornando alla psicologia, sembra proprio che le due società,
quella americana e quella europea, siano entrambe creature gregoriane:
dal nome di un grande psicologo britannico Richard Gregory. Una creatura
gregoriana impara dall'informazione potenziale implicita negli strumenti
che utilizza. Le sue azioni generano un volume crescente di mosse
intelligenti ma la relazione tra strumenti ed intelligenza agisce nei
due sensi: costruirli richiede intelligenza ma utilizzarli conferisce
intelligenza all'attore.
Esiste, quindi, una dipendenza dei risultati finali dalle credenze che
hanno modellato la forma dei primi strumenti. Le istituzioni economiche
rispecchiano le credenze della comunità sulla natura dell'individuo e
sulle sue conseguenze e, dunque, generano, sulle due sponde
dell'atlantico, percorsi divergenti quando vengono utilizzate dagli
attori sociali. Per tornare a Padoa Schioppa, ed al suo mestiere,
basterebbe guardare alla politica monetaria di Greenspan ed a quella di
Wim Duisenberg. Ma anche ai libri che Romano Prodi, quando era solo un
professore, dedicava alle magnifiche sorti e progressive del capitalismo
renano ed agli effetti sulla crescita della politica economica della
Commissione Europea, ora che Prodi ne è presidente. In entrambi i casi
la malinconia è assicurata. Resterebbe un'ultima domanda, retorica e
paradossale, cui è difficile rispondere: ma gli inglesi sono europei?
22 novembre 2002
maloci@tin.it
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