Sbadigli. La noia no global di Firenze
Passeggiate romane di inizio novembre, mentre a Firenze bivaccano da due
giorni gli scolaretti del no global. Corso Rinascimento, appena alle
spalle di Piazza Navona, il cuore del centro storico. Un negozio di
arredamento raffinatissimo, Magazzini Associati tanto per non far nomi,
una catena di mobili d'alto design, dove ogni pezzo costa un occhio
della testa, se entri con le scarpe da ginnastica ti guardano dall'alto
in basso e se riesci a sopravvivere al disprezzo della commessa ti senti
a disagio per l'atmosfera asettica da ospedale psichiatrico. Mobili
cult, per carità. Mobili che fanno la loro figura sulle pubblicità
patinate delle riviste alla moda o nelle vetrine del negozio. In questo
magazzino al centro di Roma, però, se vi spostate sulla sinistra, poco
prima delle mensole da cucina argentate e smaltate, vi imbattete in una
poltrona da sogno, corredata di borghesissimo poggiapiedi, accompagnata
da uno sciccosissimo tavolinetto. Sopra il tavolinetto, a fare tutt'uno
con la fighetteria del prodotto, una copia non sfogliata del libro di
Naomi Klein, No-Logo. L'abecedario dei no-global. Penso: fottuti.
Fottuti, perché questi no-global sono logo da esibizione. La copertina
del loro abecedario è talmente levigata, talmente trendy, da stare
benissimo sul tavolino di uno snobissimo negozio per ricconi nel centro
di una delle capitali dello shopping d'Occidente. Fottuti perché se non
scassano le vetrine, se non distruggono le macchine, se non tirano gli
estintori addosso alle forze dell'ordine non fanno alcuna notizia.
Fottuti perché sono immersi in un mare di contraddizioni talmente alto
da non sapere più dove voltarsi. Sergio Staino, il vignettista di Bobo,
si ribella a non si sa chi e annuncia a mezzo stampa di voler offrire
ospitalità ai giovani che raggiungono a Firenze. In un mini-locale? No,
nel suo casale di campagna, oh yes! E l'ottimo Mattia Feltri ha buon
gioco a sfotterlo sul Foglio perché nessuno ha accettato l'invito: il
podere logora.
Coccolati e vezzeggiati dai cinquantenni nostalgici che sopravvivono nel
dorato mondo della comunicazione, vanno in affanno quando qualcuno gli
mette in fila qualche domanda di buon senso. A Genova ci impegnarono in
giorni e giorni di commenti. Oggi ci strappano qualche sbadiglio. Il
loro tardo marxismo ha necessità vitale di aggrapparsi alla tecnologia
che osteggiano: vive di internet, di presenzialismo televisivo, di look,
come la copertina cult di Naomi Klein sul tavolino griffato. Ma affonda
di fronte alle strettoie dei processi logici: lottano per il Terzo
Mondo, ma il Terzo Mondo li detesta perché ha bisogno di ricette del
tutto opposte a quelle che loro propugnano. Lottano contro il liberismo,
ma difendono i protezionismi che strangolano i paesi poveri. Odiano
l'America ma non risulta che alcuno di loro abbia chiesto la residenza a
Kabul o a Bagdhad. La cosa più triste è che tutto questo è già stato
detto l'altra volta, prima durante e dopo Genova. E basta e avanza per
chiudere il sipario sui cinque giorni della kermesse fiorentina. (p.
men.)
8 novembre 2002
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