Pim Fortuyn e il malessere degli europei
di Barbara Mennitti

L'Olanda, il ridente paese dei tulipani, dei mulini a vento e delle biciclette. Il paese della marijuana venduta e consumata liberamente nei coffee shop, dei matrimoni gay e delle prostitute che prendono in affitto una stanzetta con vetrina sulla strada e alla fine dell'anno compilano la dichiarazione dei redditi, come qualsiasi libero professionista. L'Olanda, il paese che ha fatto della tolleranza la sua bandiera ed il suo stile di vita è improvvisamente balzato agli onori delle cronache dopo l'assassinio di Pim Fortuyn, leader di un neo-nato partito neo-populista che aveva appena ottenuto la maggioranza alle elezioni amministrative di Rotterdam. Inizialmente i commentatori, dando prova di scarsa prudenza, non hanno risparmiato gli aggettivi denigratori e, almeno un po', fuori luogo. L'assassinato professore di sociologia, gay orgoglioso ed eccentrico, ha riempito le prime pagine dei quotidiani di tutta Europa, descritto come un leader estremista e xenofobo, accostato a personaggi come Jean-Marie Le Pen e Jörg Haider; l'Olanda è diventato un paese sull'orlo di una deriva "fascista", mentre tutte le Cassandre del Vecchio continente facevano a gara a levare il loro lamento. Dopo i primi giorni e davanti alle immagini di cittadini in lacrime che arrivavano dall'Olanda, ci si è soffermati sul fatto che raramente i leader dell'estrema destra sono apertamente omosessuali e che difficilmente le popolazioni impazziscono e rinnegano improvvisamente le loro tradizioni. E ci si è accorti che nel caso olandese si possono, invece, leggere in maniera chiara e netta tutti i sintomi del malessere che sta pervadendo l'Europa e che la classe politica deve sforzarsi di capire e interpretare alle radici, per evitare che sfugga dalle mani e si trasformi in pericolosi fenomeni d'intolleranza.

La parabola di Pim Fortuyn è una storia tipica dell'Europa dei nostri giorni. L'affascinante professore di Rotterdam con un passato neo-marxista, ironico, acuto e sempre elegantissimo, irrompe come un uragano nel panorama politico di un paese dove tutti, ogni giorno, ripetono ossessivamente che tutto va bene, dove il gioco politico è ridotto ad un compassato minuetto e lo scollamento fra paese legale e paese reale è grande. Fortuyn dice praticamente tutto quello che non si potrebbe dire. Punta il dito contro la politica dell'immigrazione che ha riempito un paese davvero piccolo di persone alle quali si fa ormai fatica a garantire i diritti di cui godono i cittadini olandesi. "Penso che sedici milioni di olandesi siano abbastanza, questo paese è pieno", è la sua frase, ormai famosa, che ha toccato una corda nell'animo dei suoi connazionali. La sua proposta di chiudere le frontiere olandesi, almeno per un certo periodo di tempo, ha trovato molti sostenitori fra la cittadinanza, che non per questo si sente razzista. Come molti paesi del Nord Europa, l'Olanda, grazie soprattutto alle sue piccole dimensioni, garantisce standard di assistenza sociale molto elevati che vengono messi in serio pericolo dal continuo afflusso di nuovi cittadini che non riescono, qualche volta forse anche perché non vogliono, a trovare una collocazione professionale. Questo ha causato, naturalmente, un aumento del tasso di criminalità che ha raggiunto livelli finora sconosciuti e che il paese, che ha un corpo di polizia che nei modi assomiglia più ad un allegro gruppo di boy scout e che ha nel sangue il culto della libertà, non è ben attrezzato per affrontare. E forse non vuole affrontare, nel senso che non vuole trasformarsi in uno Stato di polizia. Un desiderio abbastanza comprensibile.

Destinataria degli strali di Pim Fortuyn è stata, soprattutto, la comunità degli immigrati provenienti dai paesi di fede islamica, la cui integrazione in una società estremamente laicizzata come quella olandese risulta forse più difficile che altrove. Senza mezzi termini, egli ha definito quella musulmana odierna una cultura sicuramente "diversa" da quella occidentale, quantomeno rispetto ai diritti degli omosessuali e delle donne, e che invece di integrarsi tenderebbe, anzi, all'isolamento. Del resto, non c'è da meravigliarsi che la piccola Olanda possa sentire minacciati il suo stile di vita, quella tolleranza e quella libertà delle quali va così fiera e che giustamente ritiene una sua grande conquista, da difendere in tutti i modi. E' lo strano paradosso dei tolleranti che diventano intolleranti per difendere la propria tolleranza. Gli ingessati politici dell'establishment credevano di poter facilmente liquidare Fortuyn etichettandolo come xenofobo ed estremista di destra, servendosi anche di una stampa compiacente ed addomesticata, che ha generato un clima teso e di odio. Ma avevano fatto male i loro conti, perché una buona parte degli olandesi, e non solo degli olandesi di pelle bianca, si è riconosciuta nelle parole del politico di Rotterdam, ha trovato in lui il leader che cercava e, soprattutto, ha scoperto che i tabù potevano anche esser infranti. "Pim chiamava le cose con il proprio nome, diceva quello che tutti pensiamo e che nessuno aveva il coraggio di dire", ripetevano ossessivamente gli olandesi, scioccati dopo l'assassinio di Fortuyn, "Pim era uno di noi". Fortuyn ha avuto il merito innegabile di aver scompaginato il modo di fare politica, di non avere accettato un codice di regole prestabilito, di aver portato una ventata di freschezza nel grigiore che ha risvegliato l'interesse dei cittadini. E' stato calcolato che una buona percentuale dei voti raccolti dalla sua lista alle elezioni amministrative di Rotterdam erano voti "nuovi", di persone che non avevano mai partecipato alle consultazioni prima di allora; non solo neo-maggiorenni ma anche molti che non vedevano alcuna utilità nel ricorso alle urne.

Quanto tutto questo successo sia da attribuire ai temi che Fortuyn ha affrontato e quanto alla sua personalità singolare ed eccessiva, al suo fascino e alla sua ironia, alla sua capacità di suscitare emozioni forti, ai suoi completi di Armani e alle sue cravatte sgargianti, è una cosa che non potremo mai più sapere. Sei colpi di pistola sparati a bruciapelo dalla mano di uno dei tanti "buoni" per definizione del nostro mondo, un attivo difensore dei diritti degli animali, ci lasceranno per sempre questo dubbio. Anche questo paradosso è stato rilevato da pochi. Rimane un'Olanda scioccata, un Paese che sente di aver perso la sua innocenza e che, al tempo stesso, ha scoperto di avere una voce. Chi si è recato a Rotterdam nei giorni immediatamente successivi all'omicidio Fortuyn ha assistito a scene inimmaginabili. Folle eterogenee riunite in luoghi pubblici tramutati in santuari all'aperto, persone che erano venute da ogni parte d'Olanda con il mazzolino di fiori in mano a porgere l'estremo saluto al leader ucciso, immigrati che cercavano di convincere i giornalisti stranieri che no, Pim non era un razzista, poliziotte che appendevano la foto di Fortuyn sugli alberi, ragazzi che lanciavano fiori e orsetti di peluche al passaggio del feretro bianco del leader ucciso. Un paese ferito, stravolto, violentato e anche arrabbiato per la superficialità con cui la stampa mondiale ha cercato, almeno inizialmente di liquidare l'evento. E arrabbiato con i politici "istituzionali", primo fra tutti l'ex premier Wim Kox, ritenuto principale responsabile della campagna stampa contro Fortuyn e poi prontamente accorso al suo funerale. Li ha sommersi un'onda di fischi e di insulti, che non ha risparmiato nemmeno la regina Beatrice, colpevole di non essere affianco al suo popolo. L'Olanda non è impazzita, l'Olanda è un paese libero e tollerante che vuole rimanere tale e che ha paura di chi non lo è. Forse c'è una cospicua dose di egoismo in tutto questo, ma il razzismo probabilmente è un'altra cosa. Cosa rimarrà nel lungo periodo di questo risveglio è difficile predirlo oggi. I primi effetti dell'uragano Pim Fortuyn si sono abbattuti sulle elezioni politiche del 15 maggio che hanno capovolto gli equilibri del paese. Il partito socialdemocratico, fino ad allora al governo, ha dimezzato i suoi seggi, i democristiani del giovane Jan Peter Balkenende hanno raddoppiato i loro, diventando il primo partito. La lista Pim Fortuyn, con il leader scomparso ancora capolista, è diventata il secondo partito olandese ed una serie di illustri sconosciuti digiuni di politica si prepara ad entrare nel governo di coalizione. Per adesso, Pim Fortuyn e le sue idee sono più presenti che mai.

27 settembre 2002

(da Ideazione 4-2002, luglio-agosto)