I giovani di An: dare un’anima alla modernizzazione
di Nicoletta Mele


Chi sono, in cosa credono, quali impegni quotidiani caratterizzano i giovani che si riconoscono e militano in Alleanza nazionale? Si tratta di domande non tanto scontate, vista la superficialità che in genere denota l’approccio dei media a questo spezzone importante dell’universo giovanile. E forse, in realtà, il modo migliore per rispondere è quello di incontrare e interrogare direttamente questi giovani più che rivolgersi agli studi politologici e sociologici. E’ quello che abbiamo fatto, incontrando la responsabile nazionale di Azione giovani, l’organizzazione giovanile del partito di Gianfranco Fini. Alla fine, le sorprese non mancano, a cominciare dall’entusiasmo e dalla capacità di interpretazione politica che contraddistinguono i giovani quadri di An.

Cosa significa essere oggi un giovane che si colloca “a destra”? Soprattutto confrontarsi con la politica alla luce di un preciso orientamento ideale, basato su precisi principi e punti fermi. Nell’ordine: costruire il futuro sulla base dei valori del passato, credere nel significato dell’appartenenza nazionale e nel valore della comunità in alternativa a una visione della società basata sempre più sul relativismo postmoderno, scommettere su una modernizzazione che tenga conto dei principi della tradizione. Avere e difendere una cultura della vita; affermare il valore dell’uomo e della sua esistenza come parte essenziale della comunita nazionale. Pensare a una idea di comunità aperta, che a sua volta abbia come valore fondante la tutela della dignità, dell’essenza e delle libertà di ogni cittadino.

E’ proprio nei concetti di difesa della vita, di radicamento e di comunità, intesi come fattori di socializzazione in antitesi alla semplice e nomade comitiva generazionale, che Giorgia Meloni, il più giovane consigliere della provincia di Roma (eletta all’età di 21 anni nell’ultima tornata provinciale nella zona Garbatella di Roma), nonché coordinatrice nazionale di Azione Giovane, individua la specificità dell’approccio esistenziale e culturale, ancor prima che politico, dei giovani di destra. “La nostra bibbia - ammette - è Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien: ci piace sentirci portatori dei valori della spiritualità e trasmettere pulsioni, sentimenti, idee, per superare la stagione del disimpegno e dell’indifferenza giovanile”. E si tratta, a suo dire, di un approccio che consente di interpretare e condizionare tutte le importanti vicende politiche contemporanee. Basti pensare alle sfide della globalizzazione, all’unificazione europea o alla riforma federalista delle istituzioni. Su questi tre processi, ad esempio, questa “piccola grande donna” della destra giovanile, riesce a centrare gli obiettivi strategici di Azione Giovani. Rifacendosi al pensatore francese Alain de Benoist, la Meloni spiega come oggi “c’è l’urgente necessità, per tutti i popoli, tutte le culture di contrastare il progetto di imporre a tutte un medesimo modo d’esistenza, una medesima pseuda-civiltà impoverente e distruttiva. C’è quindi necessità di creare una nuova cultura in grado di conciliare la libertà con la comunità”.

Una cultura che come spiega la dirigente di Ag “si sposa perfettamente con un concetto di identità nazionale dove è vivo è presente lo scambio e non la sopraffazione con le altre culture, gli altri popoli, anche in un contesto sociale globalizzato. Noi siamo convinti – precisa - della necessità di indirizzare la modernizzazione a riprodurre e rigenerare le identità e le tradizioni locali. Abbiamo usato la metafora della ‘ricerca di un borgo globale’: questo per indicare una modernizzazione che teoricamente non solo non tenderebbe ad annullare le sovranità nazionali ma che, invece è l’unico baluardo a tutela delle entità.”. Proprio in merito al mantenimento delle specificità locali, i giovani di Alleanza nazionale si identificano in un modello di federalismo che deve servire a valorizzare le specificità locali nel quadro dell’unità nazionale. “C’è una dimensione nazionale - precisa la Meloni - che deve essere mantenuta, anche se è pur vero che lo stato e le regioni sono istituzioni compatibili e complementari: bisogna allora individuare il filo conduttore che sia in grado di legare tutto il territorio nazionale. Sì, quindi, al decentramento dei poteri dello stato in favore delle autonomie locali, ma precisando gli ambiti casi in cui determinate competenze spettano allo stato”.

Idee chiare e distinte, quindi, per i quadri di un movimento giovanile nato nel 1996 dalla fusione del vecchio Fronte della Gioventù missino con i nuovi nuclei giovanili aggregatisi attorno ad An. Un movimento oggi strutturato in duecento federazioni provinciali ed universitarie sparse su tutto il territorio nazionale. In questo periodo Ag si trova in una fase transitoria in quanto dovrà procedere in tempi brevi all’elezione di un nuovo presidente nazionale. Ma anche in questa fase transitoria, l’impegno e gli ideali sono indelebili come la sfida per radicare nella politica italiana una “cultura della diversità”. Forte è, del resto, la presenza e il radicamento di queste giovani nelle scuole. Qui Ag è presente con la sigla Azione studentesca che fa parte del Forum delle Associazioni studentesche, organo di rappresentanza dei studenti istituito dal ministero della pubblica istruzione con il compito di rappresentanza e confronto istituzionale.

Le rivendicazioni specifiche? “Principalmente – ci dice la Meloni – la necessità di una rappresentanza paritetica tra docenti e studenti nei consigli di ogni ordine e grado e, in secondo luogo, la richiesta di investimenti statali per la scuola pubblica. Per noi, la scuola in termini di apprendimento deve avere una dimensione nazionale omologa, anche se c’è una realtà locale da valorizzare. Oggi la riforma Moratti inserisce il 10 per cento dei programmi didattici definiti dalla Regione e questo non fa che accrescere il senso di appartenenza”. Qualche differenza di tono con i giovani degli altri partiti della Casa delle Libertà in tema di scuola pubblica e privata? “Noi non siamo contrari alla parità scolastica, ma il problema legato alla parità è un percorso piuttosto lungo. Siamo d’accordo anche per l’inserimento delle competitività, ma le strutture pubbliche non sono oggi in grado di competere. La scuola pubblica ha una situazione fatiscente, mentre quella privata è valorizzata in termini di struttura. A nostro avviso, c’è quindi bisogno che lo stato investa sulla scuola pubblica, per far sì che la scuola da laboratorio nozionistico diventi formatore della coscienza dell’uomo”. Insomma: tra i giovani di destra i valori restano al centro. Scuola e famiglia restano le più importanti comunità formative della crescita dell’uomo. Come diceva Tolkien: “Le radici profonde non gelano”.

5 luglio 2002

nicoletta.mele@katamail.com