Riforma Moratti: un vero tabù per l'opposizione
di Renato Tubére


In una democrazia parlamentare che si rispetti la maggioranza propone leggi decise da un governo legittimato dal voto degli elettori: l'opposizione ha il sacrosanto diritto di modificare ed integrare tali atti legislativi, ma non quello di boicottarli deliberatamente. Può succedere poi che nella medesima democrazia parlamentare le modifiche agli atti suddetti siano frutto di un confronto serrato fra tutte le forze politiche: ciò avviene ad esempio quando un governo decida di introdurre nel paese riforme ritenute indifferibili per amministrare correttamente il suo sviluppo economico e sociale. In Italia, anno di grazia 2002, le cose purtroppo non vanno così! Giovedì 30 maggio un Palazzo Madama invero più deserto del solito ha udito un ex ministro della Pubblica Istruzione attaccare forsennatamente il suo successore reo, a suo dire, di aver progettato una riforma della scuola completamente diversa dalla sua. Il senatore Luigi Berlinguer ha letto un'apocalittica mozione tendente a bloccare l'iter parlamentare del disegno di legge Moratti, mentre il presidente della Commissione Scuola del Senato Asciutti si è visto recapitare da esponenti di tutti i gruppi dell'attuale opposizione ben 600 emendamenti tesi a ripresentare, di fatto, i contenuti di una legge appena abolita per decreto dal nuovo ministro.

La legge 30 del 23 gennaio 2000, meglio conosciuta come Berlinguer-De Mauro o dei cicli scolastici, era decaduta a soli sei mesi dalla sua approvazione per la mancata presentazione nei termini dei regolamenti attuativi da parte dell'allora maggioranza di centrosinistra. A questi regolamenti lavorarono inutilmente - partorendo tra le tante una proposta applicativa dall'inquietante titolo: "Come il personale docente debba modulare il tono di voce durante lo svolgimento delle lezioni" - ben 136 personaggi provenienti dalla RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria), dalle baronie universitarie e dalla società civile "impegnata" (indovinate a far cosa?), invitati all'uopo dal successore di Berlinguer, il professor Tullio De Mauro. Non c'è spazio ora per un civile confronto fra idee differenti con il governo in carica: nel testo di questa mozione il rancoroso ex ministro si è reso semplicemente interprete della campagna di disinformazione che aleggia fra molti rappresentanti politici del centrosinistra. Una disinformazione che ha il suo punto di forza nell'equazione scuola = azienda, che tanto indigna gli intellettuali dell'Ulivo: un'affermazione che la recente indagine della Commissione interministeriale voluta dal ministro Moratti ha provveduto a smontare definitivamente.

Gli insegnanti non sono più visti dal nuovo ministro come un gregge facile da addomesticare con qualche decina di migliaia di circolari ministeriali l'anno, ma come teste pensanti in grado di dettare le linee guida di una nuova scuola secondo il nuovo principio della sussidiarietà. Nei quasi 26mila appuntamenti che questa commissione, presieduta dall'europarlamentare di Forza Italia Mario Mauro, ha loro dedicato insegnanti, associazioni di genitori e quadri dirigenziali del ministero e dei provveditorati agli studi hanno chiesto a gran voce al governo di centrodestra di aprire il mondo dell'istruzione a quello del lavoro. Attraverso il diritto/dovere della formazione fino al compimento dei 18 anni, gli studenti potranno ora scegliere fra due percorsi scolastici di pari dignità: quello cosiddetto liceale e l'alternativa rappresentata da varie opportunità di formazione professionale mirata. Altro che cianciare insensatamente, come l'ex ministro e la sua accolita di professionisti del girotondo stanno facendo, di una ipotetica scuola di serie A contrapposta ad un'altra di serie B!

Pensino piuttosto i suddetti personaggi in quale profondo degrado versi oggi ogni scuola italiana dopo trenta e più anni di riforme cervellotiche e verticistiche da loro attuate per impedire la libera circolazione di culture diverse dalla propria: se oggi un neolaureato fatica a costruire decorosamente un periodo ipotetico nella sua lingua d'origine o a ricordare in quale regione si trovi Teramo, ci sarà pure un responsabile, o no, caro senatore Berlinguer? Con il trasferimento delle competenze alle Regioni, previsto dal Titolo V della costituzione ed ampiamente trattato dallo stesso "Libro bianco sul mercato del lavoro", l'Italia accompagnerà i suoi giovani ad affrontare al meglio le insidie della globalizzazione in una prospettiva europea e seppellirà le due ore e mezzo di vaneggiamenti pronunciati giovedì scorso in Senato da questo ex ministro troppo narcisista per ammettere il suo personale fallimento politico.

7 giugno 2002

renatotubere@email.it