Politica e sindacato, relazioni pericolose
di Franco Berlino
Se si voleva una testimonianza di come l’azione sindacale verso il
governo fosse stata sinora strumentale a una battaglia di tipo politico,
basterebbe analizzare le reazioni a sinistra dopo la rottura della
scorsa settimana. Una questione che avrebbe dovuto riguardare soltanto i
tre sindacati principali e il loro ruolo di fronte a una trattativa con
il governo sulla riforma del mercato del lavoro è diventata l’ennesima
puntata della guerra della leadership all’interno del centrosinistra.
Sindacato e partiti possono certo avere rapporti, legami, simpatie
reciproche. Ma le loro linee di azione dovrebbero essere diverse, perché
diverso è il ruolo che ricoprono: pragmatica difesa dei diritti dei
lavoratori gli uni, rappresentanza degli elettori gli altri. E invece le
strade tendono sempre a incrociarsi, pericolosamente.
La linea riformista di Cisl e Uil non si riferisce dunque a una svolta
avvenuta all’interno dei sindacati meno ideologici. Legittima la
leadership moderata all’interno della sinistra. E così Rutelli esterna
contro Cofferati, si riappropria di uno spazio politico che girotondi,
titoli dell’Unità, manifestazioni populiste (stile Palavobis e scioperi
generali) avevano cancellato. La via del dialogo costruttivo con il
governo è lo spunto per il se-dicente (nel senso letterale del termine)
leader dell’opposizione per rimarcare l’esistenza sulla scena politica e
magari allontanare lo spettro di un altro concorrente interno, quel
Romano Prodi che della riforma del mercato del lavoro è un sostenitore
per tutta l’Europa. Il ritorno di Prodi allarma Rutelli. La sua
intervista sul futuro del riformismo è stata letta come l’avvio di una
strategia di rientro in Italia, dopo l’esperienza europea. Un lungo
viaggio che dovrebbe portarlo alla guida del centrosinistra alle
elezioni del 2006.
Speculare è quel che avviene nell’altra metà della sinistra. Il diessino
Angius si preoccupa di non isolare Cofferati. Anzi lo difende,
attaccando Rutelli, perché ogni attacco alla linea massimalista è un
regalo a Berlusconi. Politica di bottega, dunque, di sindacato sembri
non interessi nulla a nessuno. Si tengono le posizioni, il sindacato non
è autonomo, anzi sembra eterodiretto dalle centrali dei partiti. Ancora
più evidente il gioco di Rifondazione. Bertinotti ha puntato tutto sui
referendum, tanti quesiti per blindare il mercato del lavoro più rigido
d’Europa. Cofferati è la sponda necessaria. Serve un sindacato che tenga
la linea politica dell’intransigenza. Se questo non serve ai lavoratori,
poco importa. Il fine politico giustifica i mezzi sindacali. Ancora una
volta la sinistra perde l’occasione di modernizzare se stessa e il
paese.
7 giugno 2002
fberlino@hotmail.com
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