An: Fini funziona, il partito un po’ meno
intervista a Giovanni Orsina di Pierpaolo La Rosa
“Non c’è dubbio che ci sia un momento di ripiegamento a destra in gran
parte dell’Europa. Pensiamo alla Spagna, alla Francia di Jacques Chirac,
all’Italia di Silvio Berlusconi e alla Germania, dove i sondaggi in
vista delle elezioni di settembre danno il cancelliere Schroeder in
chiara difficoltà”. Parola di Giovanni Orsina, studioso di orientamento
liberale, docente di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di
Roma, direttore scientifico della Fondazione Luigi Einaudi e firma assai
nota ai lettori di Ideazione. A lui chiediamo dove si collochi Alleanza
nazionale, proprio in una fase che vede la riscossa delle forze
moderate. Una specie di messa a fuoco del partito di Fini, a poco più di
un mese di distanza dalla conclusione del congresso di Bologna.
Si parla di un possibile approdo di An, nel breve
– medio termine, nel Partito popolare europeo. E’ un’ipotesi realmente
plausibile?
E’ un dato di fatto che Alleanza nazionale si stia ormai accreditando
come una formazione moderata e conservatrice. D’altra parte, questo è il
suo obiettivo che richiede però un’esigenza di legittimazione italiana
ed europea piuttosto forte. Dal punto di vista storico e culturale, non
è credibile un approdo di An in un Ppe che affonda comunque le sue
radici nel cristianesimo. Se si guarda invece al dato politico, ha più
senso che il gruppo popolare europeo si definisca come una sorta di
contraltare rispetto alla socialdemocrazia e, in tale chiave, è naturale
che tutte le formazioni della destra democratica ne facciano parte.
Gianfranco Fini può ripetere la parabola di José
Marìa Aznar, che ha traghettato la destra iberica franchista sulle
sponde della democrazia?
Non è così semplice: in Spagna, il rapporto stretto con la Chiesa
cattolica ha permesso al Partido popular di assumere una certa dignità
anche a livello internazionale. Nel nostro paese, il quadro era
sostanzialmente diverso, nel senso che esisteva già un partito con una
robusta tradizione cristiana. Aznar è stato poi paradossalmente favorito
dal fatto che la transizione dalla dittatura alla democrazia sia stata
soft, tutta interna al regime. Risultato: l’eredità franchista è stata
recuperata e neutralizzata all’interno della monarchia costituzionale.
Discorso ben diverso per l’Italia, dove si è verificata una frattura
netta, con l’antifascismo che a partire dagli anni ’60 - dal governo
Tambroni, per capirci - è diventato strumento di legittimazione del
sistema repubblicano.
Qual è il ruolo di An nel panorama delle destre
del Vecchio Continente?
Ritengo che non abbia veramente nulla a che vedere con il Fronte
Nazionale di Jean-Marie Le Pen. Il fatto in sé è positivo, ma le ragioni
che ne stanno alla base non lo sono altrettanto: mi pare che in parte
della base di An vi sia ancora un vincolo di tipo identitario con il
passato fascista. Il legame con la tradizione è notevole, costruisce
un’identità e una cultura comuni, ma non si riversa in un progetto
politico reale. Ma Alleanza nazionale non è assolutamente un partito
antisistema, razzista e xenofobo.
Nessun problema, neppure sul tema
dell’immigrazione o dell’Europa?
Sul primo argomento, il partito di Fini ha una posizione di destra
conservatrice che punta sulla gestione ed il controllo dei flussi
immigratori. Sul secondo, poi, la mia impressione è che An sia molto più
moderata ad esempio dei conservatori inglesi, che si sono attestati su
una linea decisamente antieuropeista.
Un giorno, An potrà sorpassare in termini
elettorali Forza Italia e conquistare così la guida della Casa delle
Libertà?
E’ presto per dirlo. Nel breve periodo, credo che la risposta sia
affermativa: del resto, Fini è un leader che funziona molto bene a
livello mediatico. Non ci dimentichiamo cosa accadde nel 1993 a Roma, in
occasione della corsa a sindaco vinta da Rutelli, quando l’allora
Movimento sociale italiano raggiunse una percentuale di consensi alta.
Questo vuol dire che c’è un ventre profondo dell’Italia che non vuole
votare a sinistra, specie in presenza di un leader moderato come Fini.
Quello che manca per fare di An una vera forza di governo, davvero
maggioritaria, è un’elaborazione dottrinale che sia in sintonia con il
programma politico; carenza, questa, che in realtà riguarda un po’ tutti
i partiti italiani, e che in un’ottica di lungo periodo rappresenterà
per Alleanza nazionale un ulteriore elemento di difficoltà.
A proposito di Fini: che giudizio si è fatto?
Beh, sta facendo tutto quello che può: la preparazione del viaggio in
Israele, il suo europeismo convinto, che si conferma nella
partecipazione alla Convenzione che dovrà scrivere la Costituzione del
Vecchio Continente. Insomma, è sulla buona strada.
24 maggio 2002
pplarosa@hotmail.com
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