Il populismo e lo spirito del tempo
di Luciano Lanna


Due fenomeni recenti, il successo elettorale del Front national di Jean-Marie Le Pen in Francia e l'uccisione del leader populista Pim Fortuyn in Olanda, hanno riportato all'attenzione dell'opinione pubblica europea il "fenomeno populismo". E pigramente si è ricorsi all'utilizzo di vecchi fantasmi e vecchi cliché - fascismo, razzismo, integralismo, estrema destra - che non solo conducono fuori strada ma impediscono profondamente di cogliere la reale entità della posta in gioco. Il neo-populismo europeo è, malgrado le apparenze, un fenomeno nuovo che richiama direttamente la crisi del vecchio schema destra-sinistra e che ripropone in tutta la sua portata epocale la questione della complessità postmoderna. Dietro i successi di tanti e variopinti partiti anti-sistema, e dietro le dinamiche storiche che li animano, ci sono infatti tutte le trasformazioni sociali e di mentalità che hanno fatto irruzione nell'ultimo decennio.

Da anni i politologi richiamavano l'attenzione sulla centralità dei nuovi temi e dei nuovi crinali che stavano ridefinendo l'asse dei conflitti politici. Globalizzazione, flussi migratori, bioetica, difesa dell'ambiente, scelte religiose: erano questi i nodi che si stavano sostituendo allo scenario novecentesco, definito essenzialmente dalla questione economica e dalla ricerca di una giusta redistribuzione della ricchezza. Uno scenario che, nell'ambito di un orizzonte comune, distingueva le due grandi opzioni generali lungo gli assi libertà e uguaglianza, rappresentanza e partecipazione, monetarismo e interventismo sociale. Tutto questo è oggi saltato e lo scontro si è ridefinito tra l'èlite al potere e i nuovi bisogni sociali. Tanto che le scelte politiche ed elettorali passano su altri fronti. Guardiamo al caso francese. Il 21 aprile la classe politica tradizionale ha perduto sei milioni di voti a vantaggio dei movimenti protestatari, dimostrando di rappresentare solo un terzo dell'elettorato. Un elettorato che ha votato sollecitato dalle nuove emergenze sociali, a cominciare dalle angosce e dai timori di reggere l'urto con tanti nuovi fenomeni. Lo stesso discorso si è espresso nelle Fiandre con il successo del Vlaams Blok ad Anversa e si stava delineando in Olanda. Del resto, il caso austriaco di Jorg Haider è di soli due anni fa.

Ha ragione don Gianni Baget Bozzo: Pym Fortuyn "non era un uomo di destra", era soltanto un politico che tentava di dare (magari in modo sbagliato) una risposta ai problemi del multiculturalismo; "non voleva cacciare gli immigrati, voleva solo limitarne l'eccesso, difendere l'identità etnica dell'Olanda". In questo senso, Fortuyn cavalcava e dava espressione a un sentimento sempre più diffuso nelle nostre società: quello di contrastare quell'ideologia postmoderna "che vede nell'uomo solo la sua natura umana privata della sua determinatezza culturale e storica, della sua corporeità". Non si tratta di giustificare, ma di comprendere. La demonizzazione produce solo campagne d'odio come quella che è costata la vita al sociologo gay olandese. Un uomo politico che, comunque, diceva a modo suo cose che dette da uno scrittore chic come Michelle Houllebecq o divulgate da Oriana Fallaci non hanno in alcun modo fatto gridare allo scandalo.

E allora viene il dubbio che le idee diventano pericolose solo quando entrano nell'agone politico. Ma la politica, quella vera, non può non interrogarsi su questi fenomeni, cercando di inverarne le cause in processi di costruzione politica civile. Come non condividere allora l'analisi di Marco Tarchi? "Oggi - ha scritto il politologo - sono sotto tiro i movimenti populisti, perché per loro tramite sale una fastidiosa protesta contro i partiti, la corruzione e l'arroganza dei politici di professione, il potere delle burocrazie e delle tecnocrazie: tutti elementi essenziali al funzionamento dell'odierna macchina politica. Debellato questo ostacolo, domani toccherà ad altri disturbatori del manovratore". Magari agli stessi che hanno manifestato contro Haider o Le Pen e non si pongono il problema di capire le ragioni dei loro successi, ma solo di demonizzare.

10 maggio 2002

lucianolanna@hotmail.com