Quel
malessere istituzionale
di Davide Giacalone
La vicenda dei due giudici costituzionali mancanti, che il Parlamento
non è riuscito ad eleggere se non dopo più di un anno e mezzo, è più
grottesca che scandalosa. Da più parti, in primis dal colle più alto,
erano giunti appelli a provvedere celermente, ma, a ben vedere, si era
appuntata l’intera attenzione sul sintomo, benché grave e rilevante,
perdendo di vista la causa del malanno. Il nostro regime costituzionale
è stato concepito e funziona in un sistema proporzionale, fuori da
quello s’inceppa. Riformare la legge elettorale pretendendo di lasciare
immutato il resto è semplicemente sciocco, e la piaga dei giudici
costituzionali lo dimostra. Partendo dal presupposto che le Assemblee
legislative sono composte secondo il criterio proporzionale, che le
maggioranze politiche, pertanto, si formano in Parlamento e non davanti
agli elettori, i costituenti hanno inserito una serie di ostacoli per
evitare che tali maggioranze possano travalicare i limiti dei loro
diritti e modificare di fatto l’assetto istituzionale.
Il fatto che per eleggere un giudice costituzionale non basti la
maggioranza dei voti parlamentari, ma necessiti la maggioranza
qualificata, è frutto di questa preoccupazione. Cosa capita, però,
quando sul tronco proporzionalista s’innesta una moda maggioritaria?
Capita che due schieramenti si misurano davanti agli elettori e, com’è
del tutto naturale, chi vince governa e chi perde fa l’opposizione. Non
per qualche mese, ma per l’intera legislatura. A questo punto se uno dei
due schieramenti, dovendo candidare qualcuno alla Corte Costituzionale,
non sceglie una nobile ed insipida figura dottrinale, ma sceglie, com’è
assolutamente legittimo, un uomo di legge che ha combattuto aspre
battaglie politiche, la minoranza si rifiuta per principio di votarlo,
ed anche questo è legittimo. Risultato: o la maggioranza dispone del
sessanta per cento dei parlamentari o il giudice costituzionale non lo
si elegge mai. Si dirà: il meccanismo è sano perché spinge a scegliere
candidati condivisi, il che è un bene visto che si tratta di persone che
dovranno difendere la Costituzione, quindi un valore condiviso.
Ma queste son chiacchiere, solo buonismo da citrulli. L’azione della
Corte Costituzionale è politica ed è politicamente indirizzata, per
questo la Costituzione ne prevede una composizione frammentata, al fine
di evitare che tale politicità sia tutta al servizio di una maggioranza.
Pensare di salvare capra e cavoli, adottando il sistema maggioritario e
mantenendo le norme di salvaguardia che sono tipiche del proporzionale,
quindi, serve solo a far pasticci. E quello che è sotto gli occhi di
tutti gli italiani è un gran pasticcio. Alla fine i due giudici sono
stati nominati, ma il problema non è risolto. Ci pensino gli uomini
della destra e quelli della sinistra, e ci pensi il Capo dello Stato,
che non può ignorare l’enormità della questione e reclamare delle nomine
quasi sia solo un problema d’efficienza.
25 aprile 2002
giac@rmnet.it
(da L’Opinione,
www.opinione.it)
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