Rifondazione: tra cachemire e no-global
di Paolo Zanetto
"Noi siamo ebrei!" urlava Fausto Bertinotti nella sua replica conclusiva
al Congresso di Rifondazione Comunista. "Noi ci sentiamo ebrei come ci
sentiamo neri, come ci sentiamo aborigeni, come ci sentiamo islamici,
come ci sentiamo cristiani, come ci sentiamo immigrati, come ci sentiamo
omosessuali, come ci sentiamo lesbiche, come ci sentiamo parte di tutto
il mondo leso nei suoi diritti e nella sua dignità". Un concetto molto
bertinottiano: massimalista ma non pericoloso, nobile e un po' di buon
senso. Il genere di sogno rivoluzionario che sembrerebbe sensato anche
alla leggendaria casalinga di Voghera, che non manca mai di lasciare
all'immigrato di colore la monetina nel carrello del supermercato, e per
questo si sente politicamente corretta.
Ma le minoranze nel cuore di Bertinotti non finiscono con l'elenco
urlato ai microfoni: ci sono anche i no global arrabbiati, quelli di
Casarini. E anche i no global dal cuore tenero, quelli di Agnoletto,
reduce da una brutta avventura: insieme ad alcuni compagni di merende ha
organizzato una gita in Israele, è arrivato all'aeroporto e si è sentito
in un clima ostile, con tutti quei signori armati tutt'intorno. Nella
speranza di fondare lì sul posto il Tel Aviv Social Forum, ha cercato di
fare una sorta di tatzebao in mezzo all'aeroporto. Per farla breve: le
guardie l'hanno portato nel deposito bagagli e l'hanno menato. Non gli
hanno dato il foglio di via, non lo hanno torchiato in un
interrogatorio: gli hanno dato qualche ceffone, come si fa con i bambini
un po' isterici. Condanniamo fermamente il comportamento dei soldati
israeliani, ma non nascondiamo che ci è venuto da sorridere quando
abbiamo sentito l'assurdità della notizia…
Ma torniamo a noi, o meglio torniamo a loro. Saranno pure ebrei, ma
sembrano più palestinesi: tutti con la kiefiah al collo - si compra alla
Rinascente, ma non si dice - e con parole durissime contro Israele.
Saranno pure ebrei, ma non sembravano dispiacersi troppo degli slogan
antisemiti che si sono sentiti nei cortei dei giorni scorsi. Sempre
dalla parte dei più deboli, dice Bertinotti, che a furia di sommare
minoranze potrebbe andare ben oltre la maggioranza: chi di noi non fa
parte di una minoranza? Nell'elenco di Bertinotti mancavano giusto gli
interisti, che da quando sono in vetta alla classifica hanno perso
l'antico privilegio di essere protetti come razza in via d'estinzione.
Ma se la Roma ritorna in testa, al prossimo congresso di Rifondazione
Massimo Moratti può fondare una corrente (sua moglie Milly a Milano ci
ha già provato).
In realtà è facile sfottere chi nel terzo millennio rivendica
orgogliosamente l'aggettivo "comunista", ma forse Rifondazione merita
più attenzione e più rispetto. Queste persone hanno il coraggio della
sincerità, della tradizione di una sinistra che sembrava non esserci
più: il dibbbattito (con tre "b") anni '70, i gruppettari seduti per
terra nella sala congressi, i discorsi pieni di neologismi esoterici. E'
molto più sincero il popolo di Bertinotti dello staff di Cofferati, quel
bel signore brizzolato e fascinoso che è ormai al quarto posto tra i
desideri segreti delle casalinghe italiane (classifica veramente
realizzata: al primo posto c'è il giudice di Cogne, il George Clooney de
noartri) e che non esita a mettere a ferro e fuoco il dibattito politico
con accuse di una violenza stupefacente. Il popolo di Bertinotti dice
"no", lo dice con forza, lo dice (quasi) sempre. Ma è un popolo
cristallino in quello che fa, anche quando sbaglia, perché sogna un
mondo che non c'è più e che probabilmente non c'è mai stato. Non ha
l'ambizione di Sergio Cofferati e della Cgil, di quei signori per cui la
piazza è solo il mezzo, e la poltrona il fine.
12 aprile 2002
zanetto@tin.it
|