Cattivi pensieri. Da una parte o dall'altra
della barricata
di Vittorio Mathieu
Apparentemente la solita tattica ha funzionato. La tattica consiste nel
raccogliere intorno ad un obiettivo di parte - di una piccola parte - un
consenso unanime, grazie ad uno slogan a cui nessuno può dire di no.
Nell'elaborare questa tattica Gramsci fu più bravo di Lenin e, dopo il
'45, ce ne siamo accorti. Lo slogan era: liberare l'Italia dai tedeschi
e dai loro alleati fascisti. Programma atto a raccogliere un consenso
unanime, soprattutto dopo il 25 aprile. Ma era un programma che avrebbe
dovuto riguardare il passato. Per contro, rimase a lungo un pretesto per
organizzare manifestazioni unitarie, nonostante che lo scopo fosse ormai
realizzato. Così il pentapartito raccolse cinque partiti in funzione di
uno solo, il comunista.
Quando i
liberali timidamente se ne liberarono, nacque il tripartito, che saltò a
sua volta ad opera di De Gasperi. Ciò nonostante le manifestazioni
unitarie continuarono, e non solo nella ricorrenza del 25 aprile.
Qualcuno vorrà mettersi a sostenere che l'Italia deve essere una
dittatura sotto il tallone straniero? Se lo pensa, lo dica. Se no si
unisca a noi. Oggi, essendo un po' logoro quel motivo unitario, se ne
trovano altri. Qualcuno pensa che i bambini vadano maltrattati,
denutriti, tormentati, sottoposti a bombardamenti? Se è così, lo dica,
ma se non è di questo parere si unisca a noi, contro gli americani, i
cui bombardamenti colpiscono quasi esclusivamente i bambini. Altrimenti
si iscriva al club degli amici di Erode.
Ora, a Cofferati sembrava che le cose andassero appunto a fagiolo.
Sull'art. 18 c'era disparità di vedute. A licenziare coloro che hanno
attualmente un contratto di lavoro a tempo indeterminato non pensava
nessuno; ma qualcuno sembrava tentato dalla prospettiva di assumere
disoccupati con un contratto diverso. I sindacati erano unanimi
nell'escludere i licenziamenti, ma l'unità sindacale sembrava in
pericolo su alcuni particolari. E ammettere che un sindacato uno e trino
non sia unanime è sempre pericoloso. Ma ecco che dei pazzi uccidono
Marco Biagi: un atto evidente di terrorismo dà il pretesto per spostare
contro il terrorismo lo slogan. Qualcuno vorrà dichiararsi amico del
terrorismo? Nessuno, neppure i terroristi. Largo, dunque, a una
manifestazione unitaria.
Questa volta, però, sembra che qualcosa vada storto. Perfino le altre
due persone della Trinità sindacale sembra che vogliano negare l'unità
della sostanza: sarebbe quell'eresia estrema che nel medioevo prese il
nome di "triteismo". Diliberto ha un bello spiegare che anche licenziare
è un atto di terrorismo: pare che un numero crescente di persone sia
portato a distinguere tra un terrorismo e l'altro. E, allora, il fatto
che si sia tutti d'accordo nel respingere il terrorismo non serve più a
dimostrare che si è tutti d'accordo nel desiderare un ritorno di fatto
al comunismo.
29 marzo 2002
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