I numeri della povertà digitale
di Pierluigi Mennitti
C’è un divario evidentissimo che stringe alla gola i paesi del Terzo
Mondo ma del quale nessuno parla. E’ il divario tecnologico, quello che
fa sì che nella sola città di New York vi siano più accessi internet che
in tutto il continente africano. La rivoluzione digitale ha messo il
turbo alle economie tradizionalmente forti e ha permesso, ad altre che
erano deboli, di agganciarsi allo sviluppo. I paesi del Sud Est
asiatico, le tigri, per esempio. Molti di loro hanno abbandonato da
tempo, e grazie allo sviluppo tecnologico, i lidi depressi del Terzo
Mondo e veleggiano verso posizioni di tutto rispetto. O come l’India, il
cui livello di capacità informatica è altissimo. Ma di questo problema
non s’è parlato nelle manifestazioni degli anti-global, perché il
computer è uno strumento dell’Impero e dunque attraverso la sua
diffusione si espande la legge degli sfruttatori.
E invece i dati sono duri come pietre. Meno dell’1 per cento degli
africani ha accesso alla rete telematica mentre il 15 per cento della
popolazione mondiale (tutta riconducibile a quella dei paesi sviluppati)
utilizza oltre la metà delle linee telefoniche fisse e il 70 per cento
di quelle mobili. Ancora: il 60 per cento della popolazione mondiale
(quella dei paesi poveri, questa volta) utilizza solo il 5 per cento
delle connessioni internet mondiali. Il 91 per cento degli utenti
internet vive nei paesi industrializzati, patria di meno del 19 per
cento della popolazione. Gli Stati Uniti hanno, da soli, più computer
che tutto il resto del mondo. Ma non brillano solo gli Usa in queste
classifiche. C’è spazio anche per l’Europa, in particolare per quella
scandinava, ricca di cultura, benessere e chip. In testa alla classifica
dei paesi con il maggior numero di accessi internet da casa c’è,
infatti, la Norvegia (la metà dei suoi abitanti naviga dall’interno
delle mura domestiche). Seguono Singapore, Stati Uniti, Svezia e Canada.
Brutte notizie per l’Italia, nonostante il continuo (ma a quanto pare
dai dati ingiustificato) clamore sull’aumento degli utenti internet:
veleggiamo nelle parti basse della classifica, con un misero 15 per
cento di popolazione che si collega da casa. Viene il sospetto che, nel
discorso sul “digital divide”, l’Italia faccia parte dei paesi poveri,
quelli in via di sviluppo.
In sintesi nessun dato di eccellenza riporta il nome di un paese povero.
Il “digital divide” non separa dunque soltanto il Sud del mondo dal
Nord. Separa anche l’Ovest dall’Est e aree geografiche all’interno di
uno stesso paese. In Italia, ad esempio, nella bassa media generale è
comunque il Sud ad essere arretrato. In Germania, invece, sono i laender
orientali. In Europa sono i paesi ex comunisti che facevano parte del
blocco sovietico: alcuni di loro, tuttavia, stanno recuperando in breve
tempo il terreno perduto. E’ questa la nuova frontiera
dell’arretratezza. Per superarla i governi dei paesi ricchi dovranno
ricalibrare i propri aiuti. E un grande ruolo potranno svolgerlo le
aziende del settore digitale. Tira una brutta aria per gli utopisti
dell’antiglobalizzazione.
15 marzo 2002
alexbezzi@usa.net
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