Palavobis: il galà decadente della sinistra sconfitta
di Paolo Zanetto
Dopo lo show degli scorsi giorni, sembra proprio che la sinistra abbia
l’abbonamento al Palavobis. E dire che a Milano ci sono tante strutture
per fare convegni. Ma l’Ulivo preferisce il Palavobis, il posto dei
concerti dei gruppi semi-famosi, quelli che non riescono a riempire il
più rinomato Forum di Assago. Al Palavobis ci fanno le manifestazioni
nazional-popolari, tipo Galà della Pubblicità, e le convention delle
assicurazioni, dei promotori finanziari. Ma l’Ulivo ormai è affezionato.
Forse perché lo scorso ottobre fu proprio al Palavobis di Milano che
venne presentata la candidatura ufficiale di Francesco Rutelli. I
risultati sono ben noti.
La sinistra non ha il coraggio di andare in piazza, dopo le figuracce
degli ultimi tempi, gli intellettuali al massimo si permettono un
girotondo attorno a un palazzo (di giustizia). Ma per i politici veri
sono molto meglio gli ambienti chiusi. La sala del palazzetto milanese,
l’aula universitaria degli intellettuali a Firenze, qualche sala
conferenza romana. Perché la sala dove organizzare un evento politico si
dimensiona secondo una formula bipartisan, nota a ogni politicante di
periferia: numero di persone stimate diviso due. Così c’è tanta gente in
piedi, e l’organizzatore può dire che è stato un successo.
Nel caso del Palavobis poi si è raggiunto un nuovo livello di
sofisticazione: per dare l’idea di piazza, il pubblico in sala è stato
costretto a sorbirsi un pallosissimo convegno sulla giustizia, mentre i
ritardatari in piedi nel parcheggio si sono goduti gli interventi (con
microfono e amplificatori adeguati) dei capi-popolo Di Pietro, Zaccaria
e Manettaro Scanio. I milanesi sono rimasti colpiti: erano rimasti al
Tonino che si toglie la toga in tribunale, con la sua simpatica
inflessione meridionale e il mitico “che c’azzecca?”, e hanno riscoperto
un contadino molisano che ha bisogno dei sottotitoli per farsi capire
dal Po in su. Non può funzionare, si sono detti i Ds, non ci
riprenderemo il Nord con questa gente.
I dirigenti diessini hanno qualche esperienza in proposito: negli scorsi
anni hanno investito bei soldi per creare a Milano il coordinamento del
Nord del partito, affittando prestigiose stanze in corso Venezia, a due
passi da via Montenapoleone. Responsabile dell’iniziativa era Pietro
Folena, che di Milano conosceva forse il Duomo e il risotto allo
zafferano. Dopo la batosta elettorale alle politiche, e la riconferma
del sindaco Albertini con un abisso di voti rispetto ai candidati di
sinistra, le stanze sono state chiuse per mancato utilizzo, anche se
vogliono riaprirle presto, per il nascente coordinamento del Nord
dell’Ulivo. Il neo incaricato dovrebbe essere un intellettuale: Massimo
Cacciari, appena arrivato nel capoluogo lombardo per presiedere la
facoltà di filosofia dell’università San Raffaele.
Viva gli intellettuali, dunque, e viva le élite culturali, il salotto
buono, quelli che leggono Repubblica ma comprano anche Il Foglio, perché
fa chic. Potrebbero fondare un partito: leader Nanni Moretti, vice
presidente “Pancio” Pardi, segretario Antonio Di Pietro. Tra poco anche
Borrelli va in pensione, potrebbero arruolarlo. Avrebbe un patrimonio di
voti notevole: tutti i lettori di MicroMega, manettari vari, procuratori
frustrati e abbonati all’Unità (era Furio Colombo). I quarantamila del
Palavobis e i loro parenti: su scala nazionale è poco più dello
zerovirgolauno percento. Già Platone aveva fatto capire che delegare la
politica agli intellettuali duri e puri non era un’idea eccezionale. Nel
frattempo Massimo D’Alema è partito per l’America: un ciclo di
conferenze, dice. Una vacanza, dicono altri. Certamente per uno che
viene dalle Frattocchie e da una scuola politica seria, vedere questo
spettacolo decadente dev’essere una tristezza.
1 marzo 2002
zanetto@tin.it
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