“Non è colpa dei ricercatori, ma di chi
divulga la Litania"
intervista a Bjørn Lomborg di Carlo Stagnaro
Ha appena 36 anni, Bjørn Lomborg, ma già è una delle persone più
discusse sulla faccia della terra. Docente di statistica presso
l’Università di Aarhus (Danimarca), egli è l’autore del libro che ha
fatto rodere il fegato a tutti gli ambientalisti del mondo: “The
Skeptical Environmentalist”, edito nell’estate del 2001 da Cambridge
University Press e giunto già alla sesta ristampa – e di prossimo arrivo
in Italia per Mondadori. Tale volume è una raccolta di dati, crudi
numeri e studi effettuati dai più accreditati enti di ricerca
(dall’Organizzazione mondiale della sanità alle varie branche dell’ONU,
fino alle più prestigiose università). Gli stessi dati di cui dispongono
gli ambientalisti, dunque. Lomborg, però, mostra come le cose stiano
assai meglio di quanto ci venga abitualmente detto. La maggior parte
delle politiche ambientali, inoltre, rappresentano – secondo l’autore –
altrettante ingiustificate e inefficaci occasioni di sperpero del denaro
pubblico. Se si focalizza l’attenzione sull’ambiente, infatti, la si
distoglie dall’uomo; si perdono di vista i grandi problemi che, in
ultima analisi, possono essere riassunti in una sola parola: povertà. La
vera via da percorrere, allora, è quella dello sviluppo e della
sperimentazione, non quella della paura e dell’ostilità verso la
scienza. Se lo dice Lomborg, ambientalista sì (ha alle spalle anche una
militanza in Greenpeace), però scettico, bisogna crederlo.
Professor Lomborg, cosa significa essere un
“ambientalista scettico”?
Significa che io sono un ambientalista, perché – come la maggior parte
della gente – mi preoccupo per la nostra Terra e per la salute e il
benessere delle generazioni a venire. Ma sono anche scettico, poiché me
ne preoccupo abbastanza da non voler agire sulla base di semplici miti,
ottimisti o pessimisti che siano. Al contrario, gli uomini dovrebbero
utilizzare le informazioni più accurate di cui dispongono per
perseguire, tutti insieme, l’obiettivo comune di rendere migliore il
domani.
Lei ha definito le tendenze pessimistiche come “la
Litania”. Ha qualcosa da aggiungere?
La Litania ha pervaso il dibattito così profondamente e così a lungo,
che affermazioni chiaramente false possono essere dette e ripetute,
senza alcun riferimento preciso, e ciò nonostante essere prese per
buone. Questa non è la conseguenza del fallimento della ricerca
accademica sui problemi ambientali, che anzi è bilanciata e competente.
Piuttosto, ci troviamo di fronte alla disfatta della divulgazione delle
conoscenze ambientali, che tocca insistentemente la corda delle nostre
credenze fatalistiche.
In effetti, quello ambientalista viene presentato
abitualmente come un punto di vista oggettivo. Lei non la pensa così?
Diciamo le cose come stanno. Quanto peggio viene ritratto lo stato di
salute dell’ambiente, tanto più facile è per gli ambientalisti
convincerci a spendere denaro su di esso anziché in ospedali, asili,
eccetera. E, per favore, tenga presente che io ero fino a poco tempo fa
il tipico uomo di sinistra, tranquillo e impegnato. Se me lo avesse
chiesto nel 1980, non avrei mai potuto immaginare che, ai giorni nostri,
non vi sarebbe stato alcun pericolo di esaurimento delle risorse. Allora
partecipavo a manifestazioni e cortei, ma solo a quelli: non facevo
nulla di illegale, insomma. Sono troppo provinciale e accademico per
questo genere di cose.
Mi scusi, professore, davvero lei pensa che non
stiamo esaurendo le nostre risorse?
Certamente. I dati mostrano che il cibo probabilmente continuerà a
diventare più economico e meno scarso e che saremo in grado di nutrire
un numero sempre maggiore di persone. Le foreste non sono scomparse,
anzi. L’acqua è una risorsa abbondante e rinnovabile, sebbene possa
essere localmente scarsa (in parte poiché non è stata considerata prima
una risorsa limitata e di valore). Non sembra esservi alcun serio
problema per quanto riguarda le risorse non rinnovabili, come l’energia
e le materie prime. In particolare, il nostro consumo di energia non ha
un limite superiore, né nel breve né nel lungo termine.
In ogni caso, vi è chi dice che dovremmo comunque
riciclare le materie: in caso contrario, arriverà un giorno in cui non
sapremo più dove mettere i rifiuti. Pensa che dobbiamo pagare questo
prezzo?
La credenza sottesa a gran parte delle argomentazioni a favore del
riciclaggio è che stiamo esaurendo le risorse. Si tratta, questo, di un
esempio spettacolare in cui i vecchi ambientalisti, molto semplicemente,
avevano sbagliato. Ma molte persone ancora ne sono convinte. Il
riciclaggio talvolta ha senso, ma non dovremmo prenderlo per un dogma di
fede. Non stiamo esaurendo le risorse e non stiamo esaurendo lo spazio
per stoccare i rifiuti. Anche se gli Stati Uniti aumentassero la loro
produzione di spazzatura pro capite del 15 per cento all’anno e
raddoppiassero la loro popolazione, l’intera produzione di rifiuti del
ventunesimo secolo potrebbe essere sistemata in un cumulo alto una
trentina di metri su una superficie a base quadrata di 28 Km di lato.
Rispetto all’intero Nord America, si tratta di un’estensione irrisoria:
un puntino sulla carta geografica degli USA. Trovare un sito per
stoccare i rifiuti è una questione politica – nessuno li vuole nel
proprio cortile. Ma non è un problema di spazio.
Se le cose stanno come dice lei, dovremmo sentirci
davvero bene…
Sarebbe irrealistico dire che tutto stia migliorando. Ma dobbiamo
sviluppare la capacità di costruire una scala di priorità. Per esempio,
il livello di inquinanti sta diminuendo rapidamente nei paesi
industrializzati. L’aria di Londra è oggi più pulita di quanto lo sia
mai stata fin dal 1585. Il londinese medio stava nel passato molto
peggio di oggi.
Quindi, lei non pensa che noi dovremmo investire
in politiche che, si suppone, possano aiutare il Terzo Mondo. Cosa
pensa, per esempio, del protocollo di Kyoto?
Penso che potremmo aiutare il Terzo Mondo assai di più facendo altre
cose, per esempio fornendo loro acqua potabile e servizi sanitari. Con
la spesa di 200 miliardi – che è il costo di Kyoto per un solo anno –
potremmo garantire acqua potabile a chiunque e per sempre. Questo
salverebbe ogni anno due milioni di persone dalla morte e mezzo miliardo
di persone da una grave malattia. In ogni caso, il fatto è che, per quel
che riguarda tutti i nostri problemi principali, gli uomini, in media,
sono più ricchi, godono di una migliore salute, hanno una più lunga
aspettativa di vita e si nutrono meglio che in qualunque altro momento
nella storia dell’umanità. Tra vent’anni, ci volteremo indietro e ci
meraviglieremo di esserci preoccupati così tanto. L’ambientalismo non
sarà più una forma di religione, ma semplice buonsenso.
Lei è giovane quanto famoso – alcuni si sono
innamorati del suo lavoro, altri la vedono come l’Anticristo. Come ci si
sente in queste condizioni?
Essere famosi non è bello, ma è bello essere nel giusto.
1 marzo 2002
cstagnaro@libero.it
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