Il vero ambientalismo è la crescita economica
di Stefano Da Empoli
Finalmente anche i pro-global hanno trovato la loro Naomi Klein. Bjørn
Lomborg è giovane e di bell’aspetto, è disinvolto con la lingua inglese
ma, Dio sia lodato, non proviene dal paese più odiato del mondo (gli
USA, naturalmente) bensì dalla discreta Danimarca, la nazione che ha il
primato di aiuti al Terzo Mondo (rispetto al prodotto interno lordo).
Insomma, una bella svolta per uno schieramento percepito fino all’altro
ieri come polveroso e retrò. Soltanto che Bjørn Lomborg avrebbe il
diritto di querelarci qualora lanciassimo un simile paragone. Mentre
Naomi Klein scorrazzava piacevolmente per il mondo, Lomborg lavorava
sodo in biblioteca. Risultato: il suo bestseller internazionale “The
Skeptical Environmentalist” contiene quasi tremila note e settanta
pagine di bibliografia. Dati che la dicono lunga sulla serietà di
Lomborg, statistico di professione dell’Università di Aarhus.
Al di là di qualsiasi giudizio sui contenuti, il libro merita alcune
osservazioni metodologiche. Le sue tesi anti-conformiste (in sintesi, la
terra non sta male come si dice) non sono una novità assoluta. Molti
economisti si erano cimentati sugli stessi argomenti, arrivando a
conclusioni simili. Quel che impressiona è la ricchezza di dati e
l’agilità con la quale Lomborg li domina. Il check-up della salute del
pianeta è completo: si passa dalla prosperità al cibo, dai pesticidi
alla spazzatura, dall’energia al surriscaldamento terrestre. Il bilancio
è sostanzialmente positivo: contrariamente a quanto sostiene l’affollato
club dei catastrofisti la terra non è mai stata bene come oggi. Questo
non vuol dire, sostiene Lomborg, che ci si debba sedere sui risultati
acquisiti. Ricordandosi, però, che l’ottimo è nemico del bene. Qualsiasi
misura pro-ambiente deve passare attraverso una seria analisi
costi-benefici. Analisi che boccia inesorabilmente il Protocollo di
Kyoto, che, a fronte di una diminuzione poco più che infinitesimale
della temperatura del globo, metterebbe a rischio il nostro benessere
economico. Del quale forse noi occidentali ci possiamo tutto sommato
disinteressare. Non così il Terzo Mondo, per il quale un punto di
crescita in più degli scambi mondiali significano milioni di poveri in
meno (nonché di vite salvate).
Il nemico principale del libro di Lomborg, attivista pentito di
Greenpeace, sembra essere proprio l’elitarismo di sinistra che, sotto le
simpatiche vesti del movimento ambientalista e no-global, se ne
infischia delle sorti dei più poveri del pianeta. Invocando, in assenza
di prove scientifiche a sostegno delle tesi ambientaliste, il principio
di precauzione, secondo il quale dovremmo adottare tutte le cosiddette
misure “ecocompatibili” per semplice cautela. Il problema è che la
cautela costa. Peraltro in modo selettivo. Chi sta avanti può
permetterselo, chi sta indietro no. La migliore precauzione, conclude
Lomborg, è la crescita economica, il più possibile libera da lacci e
lacciuoli ambientalisti e no-global.
1 marzo 2002
sdaempol@gmu.edu
|