Moretti-D’Alema: i due volti della politica
di Paolo Zanetto


“Vabbè, continuiamo così, facciamoci del male”. La mitica battuta che Nanni Moretti pronuncia nel film Bianca è stata riproposta fino alla noia dai telegiornali, giocando sull’incrocio tra l’opera del regista e il suo impegno politico. Ma lo sfogo un po’ infantile del regista al comizio sulla giustizia dell’Ulivo non fa fare passi avanti al dibattito dei Ds. In realtà Nanni Moretti è uno che la politica la capisce, e pure bene. Lo ha dimostrato in un grande film, non abbastanza celebrato, girato e prodotto prima di Tangentopoli insieme al suo amico Daniele Luchetti: Il Portaborse. Moretti interpreta Cesare Botero, giovane ministro socialista nel quale si possono indovinare alcuni tratti di Claudio Martelli e altri di Gianni De Michelis.

Esplorando la vita di Botero, tra il Ministero e il night club, tra Roma e il collegio mantovano in cui fa campagna elettorale, Moretti apre uno scorcio sulla politica politicante, e ci spiega come le “mani pulite” siano retorica per chi non ha voglia di sporcarsele lavorando, come ogni rappresentate eletto dovrebbe fare. Quando il “portaborse” del ministro vede che le cose iniziano ad andare male e si lamenta dell’oscurità di certi aspetti della vita politica, Botero gli risponde con parole dure: “Le anime belle, le figurine del presepe, le persone oneste… Ne ho conosciute tante, erano tutte come te, facevano le tue domande. E con voi il mondo diventa più fantasioso. Ma non cambia mai!”. E invece è proprio questa l’ossessione che il ministro apprende da un vecchio politico, suo maestro: “cambiare le cose da come sono a come dovrebbero essere”.

Davanti all’anima bella del Moretti-regista, il Moretti-attore del Portaborse avrebbe replicato in Parlamento come il personaggio Cesare Botero: “Ecco, io preferisco uomini brillanti ed estrosi, anche se un po' mascalzoni, a uomini grigi, noiosi, ma onesti. Perché alla fine il grigiore, la noia, e anche l'eccessiva onestà, faranno senz'altro più danni al paese”. E forse avrebbe terminato la polemica con un rompiscatole come il Nanni Moretti delle ultime settimane con una battuta fulminante: “In qualche parte della Bibbia sta scritto: ‘Dio abbandonò il mondo alle discussioni’. E’ quello che credo di aver fatto anch'io”. Invece il Nanni Moretti che abbiamo visto a un comizio deserto e che abbiamo letto in lunghe articolesse su Repubblica non assomiglia affatto al combattivo ministro Botero, alla disperata ricerca di un modo per cambiare le cose. Moretti sembra più il portaborse di Botero, quello che alla fine del film abbandona la politica per tornare a insegnare al liceo.

Nel film non c’è un bene o un male: ci sono due personaggi, molto diversi tra loro, che ogni tanto comunicano ma spesso non si capiscono. E anche nei Ds sembra essere così: su quel palco la spontaneità del regista Moretti e la grande esperienza di dirigenti come Massimo D’Alema o Piero Fassino non riuscivano proprio a comunicare. Perché la sparata di una sera di un pantofolaio di lusso come Moretti è troppo lontana dalla prospettiva di chi ha una concezione alta, altissima della politica. Perché D’Alema e Fassino possono essere accusati di tutto, ma non di evitare di mettersi in gioco nell’arena politica. E’ questa la loro vita, è qui il loro cuore, che batte ancora forte per il cambiamento, nella direzione (ieri comunista, oggi socialdemocratica) che ritengono giusta. E il cuore batte anche nel petto di Moretti, quando urla, quasi piange dicendo che con questi dirigenti la sinistra non vincerà mai. Troppo distanti, Moretti e D’Alema. Perché il secondo – è certo – si identifica anima e cuore nel ministro Cesare Botero.

15 febbraio 2002

zanetto@tin.it