Cattivi pensieri. Stampa straniera e pregiudizi
italiani
di Vittorio Mathieu
Gli italiani non dicono “my country”, dicono “my party”: “abbia ragione
o torto, sto col mio partito”. Per partito, però, non intendono il
partito ufficiale, ma piuttosto il raggruppamento, la corrente, la
lobby. Nella prima repubblica vi erano democristiani alleati con il Pci,
altri con l’Msi. Ora sembra che l’Europa ci imiti, perché vi sono
popolari che votano per Fini e altri che votano per D’Alema, ma, fuori
d’Italia, la ragione è diversa: è l’evoluzione interna alle ideologie,
per cui un certo laburismo viene a trovarsi sulle posizioni dei “tories”
e un certo liberalismo su quelle dei soviet.
C’è, però, effettivamente, un’internazionale che riproduce lo
schieramento all’italiana, ed è l’internazionale della stampa. Come la
sinistra italiana manderebbe a picco l’Italia pur di far le scarpe al
centrodestra, così alcuni giornalisti eminenti della grande stampa
internazionale si prestano al gioco interno delle nostre fazioni. In che
senso dico “la grande stampa”? Nel senso che non sarebbe grande se non
fosse democratica in Usa, neoliberale in Inghilterra, socialista di
sinistra in Francia, ecc. Non che non ci sia una stampa diversa a larga
tiratura, ma non è grande perché non è autorevole: per definizione.
Volete mettere ciò che dice il Temps con ciò che dice Le Monde, o il
Daily Telegraph rispetto al Observer?
Chi da quelle parti si occupa dell’Italia, dunque, sa già che cosa
pensare. A priori. E anche se vive in Italia o pubblica in Italia, come
il Daily Herald, resta saldo nelle sue convinzioni, che non dipendono
da constatazioni empiriche. Delle quisquilie lascia che si occupino i
colleghi italiani, che hanno familiarità con la nostra lingua e con i
nostri bizantinismi. Così compaiono spesso sulla stampa internazionale
luoghi comuni che spaziano dagli spaghetti al conflitto d’interessi.
Poi, però, accade che un governo di centrodestra mandi in Europa il
rappresentante di un partito che a stento – secondo quella stampa –
nasconde i suoi sentimenti nazifascisti, e che l’Europa ufficiale lo
accolga con tutti gli onori, anche se qualche belga o francese non gli
dà la mano. Nelle cancellerie c’è qualcuno che è costretto, volente o
nolente, ad essere meglio informato della grande stampa.
1 febbraio 2002
vmathieu@ideazione.com
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