"Le proposte del governo sono solo un punto di partenza"
intervista ad Antonio D’Amato di Pierpaolo La Rosa

Mentre prosegue - tra aperture e passi indietro - il braccio di ferro tra governo e sindacati su lavoro e pensioni, il presidente di Confindustria, Antonio D’Amato, ribadisce la posizione degli imprenditori e lancia un nuovo avvertimento alla controparte sindacale. Per lui, d’altronde, la strada maestra per rilanciare il sistema Italia risiede in una “parolina” dalla valenza quasi magica: riforme. Strutturali, incisive, che permettano insomma all’Italia di stare al passo con i partner comunitari. Un chiodo fisso, questo, per il leader degli imprenditori.

Sul Welfare, qual è la posizione dell’associazione degli industriali?

Penso che il paese abbia bisogno di riforme vere; del resto, è l’Europa che ce le chiede. In questo momento, abbiamo un dialogo ancora aperto su temi come la riforma del mercato del lavoro e quella del sistema previdenziale. Credo che tutti gli attori sociali debbano comportarsi con grande responsabilità, evitando di porre condizioni inutili e dannose. I provvedimenti varati dall’esecutivo sono solo punti di partenza che cercano di allinearci agli standard europei: sul Welfare, gli altri paesi del Vecchio Continente sono più avanti e la stessa Commissione europea ci invita a fare di più. Tentare di bloccare questo processo innovatore, vuol dire collocare l’Italia in una condizione di debolezza e negare quella che può essere l’unica via di sviluppo: un’Europa più forte e competitiva.

Che giudizio dà delle misure presentate dalla maggioranza?

Le riforme sul tavolo sono insufficienti rispetto a quello che l’Europa ci chiede. Sono modesti primi passi, timide sperimentazioni. Proprio in queste ore, l’Ue sta chiedendo agli stati membri di sforzarsi ulteriormente per alzare l’età pensionabile ed introdurre elementi di mobilità sul mercato del lavoro. Inviti che valgono a maggior ragione per noi, che siamo il paese con più rigidità in ambito comunitario.

Cosa gliene pare della proposta governativa di modifica dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, quello cioè che disciplina i licenziamenti senza giusta causa?

La nuova normativa sull’articolo 18 è un timido passaggio per introdurre regole europee nel mercato del lavoro italiano che, come è risaputo, è il più ingessato di tutti. Con decenni di ritardo, portiamo in Italia quella che in tutti gli altri paesi è oramai una realtà consolidata e lo facciamo - peraltro in maniera sperimentale - su alcune fasce di lavoratori, privati dei diritti fondamentali: quelli del sommerso, quelli delle imprese al di sotto dei 15 dipendenti e quelli che passano da contratti a tempo determinato a contratti a tempo indeterminato.

La decontribuzione sui neoassunti lanciata da Palazzo Chigi suscita qualche perplessità: secondo le stime dell’Inps, si tratta di una misura che potrebbe aprire una vera e propria voragine nella finanza pubblica. E’ d’accordo?

La questione è molto semplice: dobbiamo fare una riforma delle pensioni che sappia conciliare le legittime esigenze degli anziani con maggiori opportunità per i giovani. Lo sviluppo della previdenza integrativa è allora possibile e necessario, proprio per saldare una possibile frattura generazionale che qui da noi sta diventando sempre più forte e drammatica. Il taglio dei contributi per i neoassunti va in tale direzione ed è un provvedimento che non viene compensato da aumenti di prelievo fiscale o da aggravi contributivi. Se non si fa cosi, continueremo purtroppo ad avere tanto sommerso e tanta disoccupazione giovanile.

Cosa deve fare allora il ministro del Lavoro Maroni: proseguire dritto per la sua strada o riaprire le trattative con Cgil, Cisl e Uil?

Il governo ha la responsabilità di decidere. Le parti sociali hanno invece il dovere di confrontarsi, senza sollevare sterili toni polemici, ma rimanendo sul merito delle questioni. Coloro che pensano che concertare significhi in realtà rimandare le decisioni, recano un enorme danno al paese.

Qual è, in buona sostanza, la ricetta di Confindustria?

Interventi strutturali su lavoro e pensioni: solo in questo modo saremo in grado di determinare quello slancio competitivo necessario a far crescere il sistema delle imprese e a generare nel frattempo le risorse che ci consentano di ridurre quel cuneo fiscale e contributivo che è molto forte.

18 gennaio 2002

pplarosa@hotmail.com