Servizi segreti: più una rivoluzione che una riforma
di Giuseppe Mancini


Per i servizi d'informazione e sicurezza italiani si annuncia una riforma che, invece, è una vera rivoluzione. Una rivoluzione dell'intelaiatura giuridica, una rivoluzione delle capacità operative degli agenti, ma soprattutto una rivoluzione culturale. Per la prima volta nel nostro paese, infatti, al controllo ex post del parlamento verrà a sostituirsi l'assunzione di responsabilità ex ante del governo: i servizi, da apparato ingombrante e dalla dubbia e torbida utilità, devono diventare nella percezione politica e dell'opinione pubblica lo strumento privilegiato che garantisce la sicurezza collettiva. Questo, almeno, nelle intenzioni del ministro Frattini, che sul progetto lavora fin da quando presiedeva il Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di stato.

Una riforma, dunque, che non è l'affrettato prodotto degli sconvolgimenti internazionali degli ultimi mesi. Già durante il convegno sull'Intelligence nel XXI secolo, tenutosi a Priverno nel febbraio 2001, Frattini aveva infatti delineato i capisaldi della sua riforma, che dovrà rendere i nostri servizi più efficienti, meno burocratizzati, più moderni. Alla luce, anche, delle nuove minacce che l'Italia è chiamata ad affrontare: soprattutto le infiltrazioni terroristiche di matrice fondamentalista che lo stesso futuro ministro, già allora, aveva dipinto come la sfida più impegnativa per la nostra intelligence. Del resto, dal confronto con gli esperti italiani ed internazionali (soprattutto americani, ma anche russi, francesi e tedeschi) intervenuti al convegno di Priverno, era emerso nella sua più profonda essenza il dilemma che la riforma Frattini intende risolvere in modo appunto rivoluzionario: servizi migliori al prezzo di meno legalità, oppure controlli invasivi e servizi scadenti.

Secondo la bozza di lavoro preparata da Frattini, in sostanza, gli agenti potranno commettere reati (omicidi a parte) nel corso di operazioni sotto copertura, opportunamente autorizzati per iscritto dal presidente del Consiglio, senza che la magistratura possa indagare - garanzie funzionali, si chiamano. Inoltre, gli agenti potranno effettuare intercettazioni ambientali, informatiche e telefoniche, anche in questo caso senza il preventivo assenso della magistratura. Si allentano anche i controlli del Parlamento, visto che il governo non sarebbe più obbligato a riferire periodicamente sull'attività del Sismi (il controspionaggio militare) e del Sisde (il servizio civile per la sicurezza). In più, è previsto un ripensamento complessivo delle modalità di reclutamento: più analisti, più agenti operativi, più esperti di lingue straniere, più esperti di intelligence economica e finanziaria.

Certo, non mancano le critiche o le controproposte costruttive. Queste ultime, a dir la verità, riguardano aspetti tutto sommato marginali della riforma Frattini, ma non ne intaccano minimamente l'ispirazione di fondo: si riconosce che, per funzionare, i servizi sono costretti a porsi al di là della legge. Le critiche più accese, quelle provenienti dall'opposizione, per l'ennesima volta dimostrano che parte della classe politica italiana è rimasta prigioniera del mondo delle astrazioni giuridiche, ignorando una realtà fatta di mille pericoli che si finisce per non fronteggiare adeguatamente. Quella realtà che ha trasformato l'Italia in base privilegiata per i seguaci di Osama bin Laden.

7 dicembre 2001

giuse.mancini@libero.it

 

 

 

LINK:

SERVIZI ITALIANI
D'INFORMAZIONE
E SICUREZZA
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RIVISTA
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CONVEGNO
DI PRIVERNO
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CONVEGNO
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E SICUREZZA
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