Il piccolo mondo antico di D’Alema e Fassino

Quando i giornalisti si apprestano a seguire un evento, c’è sempre la tendenza a gonfiarlo di importanza e significati. Ci si va, dunque si deve fare in modo di credere e far credere che si seguirà qualcosa per cui valeva la pena spendere tempo, lavoro e rimborsi spese. E così, anche questo tristissimo congresso dei Ds che si apre a Pesaro, viene indicato come un momento di svolta dopo che fino a ieri l’altro le notizie in merito non superavano il colonnino nelle pagine degli interni. Difficilmente sarà un congresso di svolta. Non ve ne sono i presupposti né le avvisaglie. Appaiono dunque fuorvianti i tentativi di alcuni autorevoli quotidiani, che nel presentare l’appuntamento pesarese, ricostruiscono i passionali congressi comunisti e socialisti, facendo finta che la tradizione sia la stessa e che oggi, in fondo, si celebra il congresso di una sinistra moderna che assorbe nei suoi programmi la tradizione comunista e quella socialista. Non è così.

Non ci sarà uno scontro all’arma bianca fra i nuovi miglioristi di D’Alema e Fassino e i continuisti di Veltroni e Berlinguer. Gli uni e gli altri, con il contorno di dirigenti, sottodirigenti, quadri e delegati (radunati con tessere più o meno valide) si sbraneranno per ottenere un posto, una scrivania, una carica, in quota alla maggioranza o all’opposizione, in nome di un consociativismo centralista, regola sempiterna di un partito che si è ostinato per troppo tempo a non fare i conti con il suo passato e che ha scambiato la Bolognina per Bad Godesberg, il postcomunismo per la socialdemocrazia.

Non ci sarà alcuno strappo, alcuna scissione, tanto in quel contenitore del quale non si ricorda più neppure il nome tutti possono fare tutto e il suo contrario. E potranno convivere, litiganti e contenti, Mussi e Violante, D’Alema e Veltroni, Fassino e Folena, Berlinguer, Salvi, Melandri, Visco e anche Cofferati, giusto per semplificare le cose. I Ds sono in declino perché son diventati un partito auto-referenziale, come lo erano la Dc e il Psi dopo lo scandalo di tangentopoli. Vivono di se stessi e per se stessi, sganciati dal comune sentire della società civile, compresa quella giovanilistica che si agita alla sinistra del proprio partito. Il primo numero della neonata rivista Italianieuropei, diretta da D’Alema e Amato, si apre con due articoli-lettere che i due esponenti si scambiano sul futuro del riformismo. Si parlano fra di loro. Così come, definito senza suspance il nome del nuovo segretario, tutta la curiosità è legata a quanto tempo riusciranno a convivere Fassino e D’Alema (il segretario e il presidente) prima di litigare e dar vita a un nuovo dualismo micidiale. Un piccolo mondo antico che oggi celebra il suo piccolo congresso antico. (p. men.)

16 novembre 2001


 

 

 

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I DS DOPO
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