Una manifestazione che s’ha da fare
di Paolo Mossetti


Abbiamo la sfortuna di telefonare a Simone Baldelli, coordinatore di Forza Italia Giovani, proprio quando si trova alle prese con il traffico di Assisi, diretto verso il Comune. Baldelli sarebbe stato di lì a poco impegnato in un incontro-dibattito con diversi esponenti governativi e non, sul tema della pace; un modo diverso per parlare della guerra in corso, con Baldassarre, Biondi, Leone, l’economista Renato Brunetta, tanto per fare qualche nome. Ovviamente una risposta alle polemiche della marcia “ufficiale”, “contro il pacifismo di facciata” degli Agnoletto, Casarini, & Co. L’appoggio all’azione angloamericana? “Totale”. Le polemiche in atto sulla presenza dei no global? “Queste sono sciocchezze. Noi non vogliamo una pace che metta insieme vittime e carnefici”. Provare a tirarsi su di morale è difficile. Diciamo a noi stessi: quanti sceglieranno, come i giovani forzisti o radicali (questi ultimi hanno visitato il cimitero inglese a Roma), la strada della moderazione e della ragione? Segnali che inducono a essere ottimisti.

Per chi non leggesse il “Foglio” di Giuliano Ferrara, è doveroso fare una precisazione su quanto il direttore di quel quotidiano ha scritto nei giorni scorsi: egli ha esposto, nella maniera più lucida e coerente possibile, l’idea di una grande manifestazione contro il terrorismo. Una manifestazione alla quale, sempre secondo Ferrara, dovrebbero partecipare tutti gli uomini (e le donne) della Casa della Libertà, e quanti tengono a differenziarsi dalla linea di Perugia-Assisi, e dagli slogan esibiti in quella marcia. Berlusconi ha espresso un parere favorevole, e con lui molti rappresentanti del Governo. Pare deciso: il 10 Novembre a Roma. Certo è che andasse in porto questa iniziativa, sarebbe il più grande meeting filo-americano (queste sono le intenzioni) mai visto in Europa, dal dopoguerra a oggi. In mezzo al conformismo attuale, tra falchi imbarazzati e colombe di professione, tra una sinistra lacerata dalla sua ala più estrema e un governo alle prese con i garbugli della diplomazia, questo ci appare come un segnale assolutamente positivo, da cogliere in pieno nella sua originalità. Non una sfilata di militaristi, come qualche noglobal ha definito una manifestazione torinese di solidarietà alle vittime delle Torri; non una sterile risposta ai paraocchi dei pacifisti a senso unico. Bensì una presa di posizione decisa dalla parte della civiltà, della democrazia e della giustizia, se questi termini hanno ancora un senso. Anche perché nei giorni scorsi lo spettacolo è stato deprimente, e ve ne tracciamo un riassunto.

Che pena vedere l’ex ministro Pecoraro Scanio stringere la mano allo schiaffeggiatore Francesco Caruso (sorridendo a denti stretti: “Ah, sei tu quello dei ceffoni? Piacere…”). Che pena vedere gli inviati di “Sciuscià” praticamente mimetizzati al popolo no-global per non disturbare quella folla di baldi giovanotti. Uno di questi, che probabilmente non tagliava i capelli dal ’68, sorreggeva un esauriente cartello con su scritto: “Usa e Israele sono i veri terroristi” e urlava: “L’unico nemico è l’ingiustizia sociale”. La cosa tragicomica non è il fatto che costui si sia trovato a suo agio in un corteo pacifista, quanto piuttosto l’applauso a lui dedicato da alcuni militanti della sinistra giovanile Ds.

Ma forse l’immagine simbolo di questa manifestazione, bizzarra e in certi aspetti inquietante, è quella che ritrae un ragazzo intento a fischiare D’Alema e i suoi gregari; un ragazzo che indossa una maglietta con una parola in rosso bene in vista: “Guerrilla”. Cosa c’è da ridere? Non c’è nulla da ridere, purtroppo. Non c’è e non ci sarà mai un sondaggio preciso che ci spiegherà qual è la posizione precisa degli italiani sul tema della guerra. Di certo non siamo strateghi del sorriso, come Andrea Nativi, ma neanche le chiassose colombe dell’antiamericanismo. Delle varie battute pronunciate da Massimo D’Alema nella marcia di Assisi, ne prendiamo una che era la più adatta al contesto in cui è stata pronunciata: “Non ho sentito slogan contro il terrorismo”. Alla luce di tutte queste miserie, non resta che augurarci il pieno compimento, e successo, dell’iniziativa de “Il Foglio”. Perché, ripetiamolo ancora, questa non vuol essere certamente un’esibizione di muscoli, ma una dimostrazione simbolica di fedeltà e amicizia, che crediamo sarà accompagnata da atti concreti contro questo nuovo nemico.

26 ottobre 2001

gmosse@tin.it