I cattolici tra Assisi e il Vaticano
colloquio con Luigi Amicone, Franco Cardini e Paolo Del Debbio
di Cristiana Vivenzio


C’è chi parla di “scontro delle civiltà” e per rispondere all’attentato dell’11 settembre tenta di raccogliere le forze attorno ad un obiettivo comune da difendere, rappresentato dalla cristianità, c’è chi esprime una posizione di contestazione e marcia per la pace da Perugia ad Assisi e c’è chi riconosce, in linea con le posizioni della Chiesa, che pace non significa “assenza di guerra”. La condotta dei cattolici in questo mese di guerra, combattuta e non, appare certamente poco chiara. Eppure le posizioni della Chiesa cattolica sono inequivocabili. “Non vorrei parlare di una spaccatura all’interno del mondo cattolico - afferma Luigi Amicone, direttore di Tempi - quanto di un clamoroso equivoco. C’è una parte minoritaria del popolo cattolico che, per ingenuità e, aggiungo, in certi casi per miopia non solo politica, ha marciato ad Assisi. Ma questo atteggiamento significa essere fuori dalla realtà. Vi è invece una parte consistente del popolo cattolico, compreso il sottoscritto, che si riconosce nelle dichiarazioni del Vaticano e in particolare nelle dichiarazioni del ministro degli Esteri della Santa Sede, Jean Louis Tauran, quando afferma che ‘l'operazione Libertà Duratura è una risposta alle aggressioni terroristiche contro civili innocenti, atti che hanno violato ogni legge internazionale e norma umanitaria (…) Tutti riconosciamo che il governo statunitense, come qualsiasi altro governo, ha il diritto di legittima difesa, perché ha la missione di garantire la sicurezza dei suoi cittadini (…) Non c'è pace senza verità, non c'è pace senza fraternità, non c'è pace senza libertà, non c'è pace senza solidarietà’. Mi pare che proprio questo sia il messaggio che prevale nel mondo cattolico”.

Eppure vi è chi guarda al mondo dei cattolici dall’esterno e che rintraccia in quel mondo se non una spaccatura certamente una demarcazione molto più netta tra le parti. “Da osservatore esterno vedo una grossa confusione - afferma Franco Cardini, storico e saggista - da una parte la maggioranza dei cattolici che va in aiuto ai vincitori e che si riconosce nelle posizioni del Santo Padre ma che ritiene che esista un senso della giustizia che non permetta di dire che mille americani contino di più di mille afgani. Una maggioranza che avrebbe preferito attendere che tutti i nodi fossero sciolti prima dell’attacco militare, una maggioranza che, seppure mostrando il suo appoggio incondizionato agli alleati ritiene che le “avventure militari” siano sempre dei “salti nel vuoto” e che poi, alla fine, le guerre le perdono tutti, vincitori e vinti. E poi c’è una parte minoritaria dei cattolici - intendendo coloro che si riconoscono nel manifesto di Baget Bozzo e altri, come Antonio Socci, Rino Cammilleri, ecc. - che ritengono che l’attentato alle torri sia stato un atto di guerra non solo all’Occidente e all’economia di mercato ma a tutto il mondo della cristianità, al cattolicesimo liberale che con l’Occidente si identifica in pieno. Peccato che sono sempre gli stessi che fino a poco tempo fa ritenevano che tra quelle due parti vi fosse una frattura insanabile”.

Eppure tra gli osservatori dell’universo cattolico vi è anche chi non crede nella netta contrapposizione interna né allo scontro delle civiltà: “Ho l’impressione - afferma Paolo Del Debbio, intellettuale di area cattolico liberale - che tutto si giochi in modo da far risaltare che esistono delle differenze di vedute all’interno del mondo cattolico. Mi sembra cioè che la contrapposizione tra le parti veda da un lato una posizione chiara e decisa, che è quella del Pontefice e dei Cardinali e dall’altra l’inconsistenza propositiva di chi vuole, strumentalmente, far sentire la voce del dissenso, senza però apportare elementi di riflessione e di dibattito concreti alla questione in gioco. Sono quelli che urlano per far vedere che esistono. Un attacco alla cristianità? Da laico, francamente, credo che i toni da crociata siano eccessivi”.

19 ottobre 2001

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