L'uomo del fare e le grandi opere 
di Patrizio Li Donni

Uno degli ultimi provvedimenti approvati dal Senato prima della pausa estiva è stata la legge Lunardi sulle grandi opere. Parametro della rilevanza di questo provvedimento per il governo Berlusconi è stata la prima fiducia chiesta dall'esecutivo al Parlamento. Non ovviamente perché su questo provvedimento potesse venire meno la maggioranza, ma come strumento per far cadere i mille e più emendamento che l'opposizione aveva presentato. L'Italia infatti non può più aspettare opere necessarie da trent'anni, come gli ammodernamenti della rete stradale ed autostradale, la realizzazione di nuove gallerie che attraversando le Alpi aprano una strada più rapida ai commerci, la costruzione di nuove linee ferrate, soprattutto al sud, come pure la realizzazione di nuove metropolitane nelle grandi città. Il programma non finisce qui naturalmente, comprende anche il risanamento dei fiumi e le migliorie dei porti italiani oltre, ovviamente, al ponte di Messina, opera simbolo della "rivoluzione" che attende l'Italia. 

Ora tocca alla Camera definire il testo e rendere operativa la legge, anche se la sinistra ha annunciato battaglia ed ostruzionismo sia in aula che fuori. Perché l'opposizione sa che con questa nuova legge, che lascia mano libera al governo per superare finalmente il veto anche del più piccolo comune coinvolto nell'opera, consegna nelle mani di Berlusconi lo strumento fondamentale per onorare quella fiducia di "uomo del fare" che tanti italiani hanno riposto in lui sin dall'atto della sua discesa in campo. I soldi per realizzare le opere non sono un problema, uno studio dell'Igi (Istituto grandi infrastrutture) segnala che nel bilancio dello stato sono disponibili e non ancora utilizzati ben 100.000 miliardi. Sono soldi previsti per opere deliberate per legge, la cui copertura finanziaria è già stata predisposta dai precedenti esecutivi, spesso solo rinnovando di anno in anno leggi su opere che attualmente non servono più o che non sono così prioritarie come un tempo si pensava. L'aspetto finanziario può essere risolto anche con l'apporto di capitali privati, in cambio della gestione pluriennale delle tariffe sulle opere.

Manca però ancora un tassello, quello a valle della progettazione, cioè l'esecuzione dei lavori e le nuove regole per gli appalti. Occorre cioè risolvere il paradosso costituito dalla legge Merloni, che attualmente è più restrittiva della vigente normativa europea sugli appalti. Così allora si potrebbe partire con efficacia e rapidità e dotare il paese, specie nel sud, di quelle infrastrutture necessarie allo sviluppo e quindi all'occupazione. La maggioranza però non deve cadere nella trappola ambientalista, ultima carta valida che l'opposizione potrebbe giocare per impedire a Berlusconi di onorare gli impegni presi nel contratto con gli italiani. Quindi si attrezzi per diffondere i benefici delle opere che andrà a realizzare e comunichi con efficacia anche il rispetto dell'ambiente con cui queste opere saranno progettate. Eviti di farsi rappresentare come il killer di boschi, coste ed ecosistemi, perché gli italiani negli anni sono diventati molto più sensibili alla qualità della loro vita, specialmente dopo mucca pazza, e sono molto attenti a come opere pur necessarie vengono realizzate. Il modo quindi in cui verranno realizzate le opere sul territorio sarà perciò altrettanto importante, perché se un lavoro è stato fatto bene si ricorda per generazioni. Questa resta quindi l'unica variabile da controllare e studiare con attenzione perché sulla necessità di colmare il gap infrastrutturale con il resto d'Europa gli italiani sono d'accordo con il Presidente del Consiglio. Ancora più in sintonia con Berlusconi sono sul farlo presto, ma non comunque e ad ogni costo.

7 settembre 2001

freccia@libero.it