Un autunno da raffreddare
di Domenico Mennitti


Sarà caldo il prossimo autunno? L'ipotesi è stata rappresentata ogni giorno, per tutta l'estate, con tono minaccioso da Cofferati, il segretario della Cgil che in pieno agosto ha indossato l'armatura e si è proposto come il grande nemico del governo Berlusconi. In verità più che l'ineluttabile conclusione di uno scontro sociale senza possibilità di mediazione, questa concitazione del leader sindacale lascia trasparire un intendimento truffaldino, la speranza che basti minacciare terribili ritorsioni per bloccare le iniziative che il governo ha annunziato.

Cofferati è diventato il capo riconosciuto dei difensori dell'esistente, l'esercito degli sconfitti sul campo che sperano di rifarsi nel palazzo. Oramai siamo alla caricatura: non c'è una sola iniziativa annunziata che non produca reazioni sconclusionate, minacce di marce sindacali che puntano su palazzo Chigi. C'è uno schieramento che si pone apertamente l'obiettivo di conservare il paese nella condizione di paralisi, che l'opprime e si contrappone pregiudizialmente ad ogni tentativo di cambiamento e di modernizzazione. Cofferati è dentro due crisi, schiacciato nella morsa di un sindacato cui è venuto meno il punto di forza dell'unità e di un partito che ha perso l'egemonia della propria coalizione. Per farsi notare deve alzare la voce, minacciare sfaceli, evocare cortei che non è più in grado di organizzare. E' il campione di un estremismo verbale, destinato ad esaurire i suoi effetti nell'annuncio di aggressioni che non è in grado di mettere in pratica.

Gli italiani peraltro non gli darebbero corda, nel senso che in questa fase c'è un rifiuto totale della turbolenza, della violenza politica. I fatti di Genova hanno dimostrato questa reazione, traducendola nel largo consenso tributato a Berlusconi quando ha rifiutato di consegnare la città di Roma alle orde barbariche che hanno messo a soqquadro il capoluogo ligure. Il problema vero perciò è che il governo prenda sul serio le minacce di Cofferati e che accetti l'idea di rinviare l'attuazione del suo programma per il timore delle reazioni minacciate. Berlusconi ha vinto perché ha promesso di modernizzare l'Italia, di intervenire sui nodi delicati che stringono alla gola lo sviluppo economico e la tranquillità sociale del paese. Il suo dovere è di tradurre il programma elettorale in azione di governo e sarà dignitoso e rispettato se onorerà gli impegni assunti con i cittadini. Qualunque sarà la temperatura dell'autunno, l'importante è che ognuno faccia correttamente la sua parte e che il governo non si ritiri preoccupato degli schiamazzi. Sia un autunno operoso: i bilanci che contano sono quelli consuntivi. A fine anno i conti ci diranno la verità e offriranno un quadro chiaro di fatti rispetto a questo nebuloso delle parole.

7 settembre 2001

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