Contro-attacco: quelli che la globalizzazione…
di Cristiana Vivenzio


Anti-global, anti-mercato, anti-logo. Il popolo di Seattle-Nizza-Genova e dintorni parla contro, marcia contro, fa vedere il volto duro della protesta, fa sentire la voce grossa del rifiuto. Moderati, tute bianche, estremisti, rappresentanti del mondo politico o sindacale. Il linguaggio comune li rende un corpus indistinto: tutti, in blocco, colpevoli o salvatori del mondo. Un (apparentemente) convinto “non ci stiamo” gli ha fatto meritare le luci della ribalta, per la gioia di media e “sfruttatori d’immagine” di ogni provenienza. Come in una galleria di stereotipi, in cui l’etichetta è più importante del contenuto (ma non erano proprio loro i feroci nemici delle etichette?), ci si risveglia improvvisamente antiglobalizzatori di professione. Indagini sociologiche a parte, in quest’ottica allargata “ad excludendum”, c’è, comunque, qualcuno che si “permette” di proporre un pensiero più diffuso di quanto si voglia mostrare o pubblicizzare. In un coro unanime di no, si levano anche le voci di coloro che, con realismo, lucidità e, perché no, coerenza, hanno detto sì alla globalizzazione.

Il “popolo-pro” non parte in blocco per il capoluogo ligure ma si “incontra” virtualmente. Usa anche lui un linguaggio comune, ma che parla di individuo e di libertà: “Un’era di crescente vicinanza globale, di prosperità e di cooperazione pacifica, nella quale i confini nazionali sono sempre meno importanti e le libere scelte degli individui sempre più e più libere”. I pro-globalizzazione hanno voluto creare un luogo di incontro virtuale (www.motattack.nu) “per tutti coloro che credono che sia venuto il momento di rispondere e di mettere in luce le rappresentazioni degli oppositori della globalizzazione”. “Motattack” - letteralmente contro-attacco - nasce in Svezia ormai quasi un anno fa dalla volontà di numerosi giornalisti, scrittori, politici e uomini d'affari che hanno formulato un appello, pubblicato sul maggiore quotidiano svedese, il Dagens Nyheter e presente in Rete. L’appello è rivolto a tutti coloro che “vogliono difendere i valori della società aperta e lavorare per una maggiore libertà di movimento internazionale per le persone, le idee, le merci e le risorse”. Alla base della riflessione dei promotori dell’iniziativa, l’idea che gli oppositori della globalizzazione rappresentino sì una molteplicità ideologica ma accomunata da un’unica matrice originaria: la profonda sfiducia nella libertà individuale e nella società aperta che rende possibile tale libertà.

“Gli antiglobalizzatori - si legge nell’appello - vogliono costruire muri per restringere il libero movimento delle persone, delle cose, dei capitali, della tecnologia e della cultura”. Ma lo sviluppo degli ultimi decenni dimostra che “esiste un enorme potenziale nella nuova economia globale, che esiste una alternativa alla povertà e al sottosviluppo, che noi dobbiamo trasformare ancora più paesi e regioni in parti dinamiche della nostra economia in espansione”. Questa maggioranza silenziosa e consenziente si muove trasversalmente: uomini e donne di ogni paese, giovani e meno giovani, professionisti. Hanno aderito alle istanze del “Motattack” anche i giovani italiani della “Mc Generation”. Loro si dichiarano i difensori della libertà dell’individuo, credono nella creatività e nella costruttività del confronto tra culture, guardano alle possibilità materiali create, e decuplicate, dal processo di innovazione tecnologica, ripongono la propria fiducia nel buongoverno competitivo tra gli stati, nella rivoluzione telematica e nella società aperta e integrata. Sono i giovani che credono cioè negli elementi simbolici del global. Proposte e non proteste, sembra essere il motto che li contraddistingue. Loro gli slogan proprio non li rifiutano.

20 luglio 2001

cvivenzio@ideazione.com



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