G8 senza glamour
di Giuseppe Sacco

Sarà il “popolo di Seattle” il vero protagonista del vertice di Genova? A giudicare dalle sue bellicose intenzioni, dai timori da queste suscitati, e dalle polemiche sorte durante tutto il lunghissimo lavoro preparatorio, sembrerebbe proprio di sì. Come evento politico, la riunione dei potenti della terra, che per il 2001 si sono dati nel capoluogo ligure l’annuo appuntamento, è parsa aver rilievo - nell’ottica del governo di centrosinistra, e del ministro uscente Enzo Bianco - solo in termini di ordine pubblico. Mentre una parte non trascurabile della “base” politica di quello stesso schieramento, sostenuta dall’opinione “progressista” dei paesi ricchi dell’Occidente, vedeva l’evento come una nuova occasione per sciorinare i propri slogan neo-contestatori e pseudo-terzomondisti. Né i media, né l’opinione pubblica hanno invece dedicato alcuna attenzione al merito delle questioni discusse nella riunione di Genova. Ed in realtà è innegabile che questo vertice appaia un po’ svuotato, o almeno privato di glamour, dopo i quattro giorni di fuoco che - a metà giugno - hanno visto contemporaneamente l’iniziazione europea di Bush e l’iniziazione internazionale del secondo governo Berlusconi. L’ultimo colpo gli è stato poi inferto dall’organizzazione dell’incontro di Bush con Putin, che sarebbe stato l’unico attore importante del G8 assente dalla girandola diplomatica di metà giugno. Per il mese successivo, è rimasta insomma - come elemento distintivo - la sola presenza del Giappone, cioè di un attore internazionale in crisi profonda, e la cui rilevanza internazionale si è drasticamente ridotta nell’ultimo decennio. Aggiunto per ragioni estranee alla tradizione dei vertici, ci sarà però il viaggio del presidente americano a Roma dove, oltre ad un nuovo incontro con Berlusconi, Bush avrà il suo primo contatto con Giovanni Paolo II, un contatto assai significativo, sia sul piano interno americano, sia nel grande quadro dei rapporti tra le civiltà.

In realtà, per incontrare il premier russo, Bush avrebbe preferito aspettare fino a luglio. Ma l’aggravarsi dei problemi con la Cina, specie dopo l’incidente dell’aereo-spia, e il riavvicinamento ormai probabile tra Mosca e Pechino, hanno favorito la linea del dipartimento di stato nei confronti della tendenza della Casa Bianca ad una certa freddezza con la Russia, ed hanno convinto Bush a dare rapidamente un segnale della propria capacità a gestire i rapporti con l’ex superpotenza rivale. Tutto ciò non deve però indurre a credere che il vertice di Genova sia ormai destinato a tramutarsi solo in un’occasione per consolidare le relazioni personali tra gli uomini che si trovano al comando delle principali economie, o che sia addirittura solo un’occasione politico-mondana. Come tutti i summit, anche quello di Genova rimane invece un’occasione politica importante, specie - come è ovvio - per il paese ospitante, cioè per l’Italia. Come sempre, i temi di discussione predisposti dagli esperti, i cosiddetti sherpa, sono temi un po’ distanti dall’attualità, ma che servono a consentire ai capi degli esecutivi di sottrarsi - una volta l’anno - alla tirannia degli affari correnti, e a guardare ai problemi internazionali in un’ottica di lungo periodo.

Così, da qualche anno, per l’esattezza dal vertice di Napoli del 1994, i summit sono dedicati a discutere i temi legati al fenomeno della globalizzazione. Ad Halifax, in Canada, l’anno successivo, venne esaminato il nuovo ruolo che, in questo contesto, spetta alle istituzioni internazionali come la Banca mondiale, l’Imf e l’Onu, e i loro capi vennero addirittura invitati al vertice di Lione, nel 1996. Dopo un fallimentare tentativo di Bill Clinton, a Denver, dodici mesi dopo, di porre i problemi dell’Africa al centro dell’attenzione, dal 1998 in poi il principale oggetto di discussione è diventato il commercio mondiale, e l’organizzazione che dovrebbe regolarlo, il Wto. Già a Lione, peraltro, Renato Ruggiero aveva proposto che i G7 concedessero libero accesso ai prodotti dei paesi più poveri, che tutti assieme riescono sì e no a raggiungere lo 0,5 per cento dell’export mondiale. Il principio venne accettato, ma non ne seguì nulla di fatto. E ci sono voluti gli incidenti di Seattle per convincere la Ue - ma non gli Usa e il Giappone - ad applicare effettivamente misure a favore del commercio del Quarto Mondo. Le misure europee sono oggi finalmente in vigore, anche se solo da poche settimane.

I problemi dei paesi più poveri hanno trovato posto, come abbiamo visto, anche tra i temi trattati quest’anno a Genova. Un documento italiano sulla riduzione della povertà, in particolare, propone di andare oltre i periodici abbuoni dei debiti dei paesi più miserabili. Ma, e su questo il documento italiano è esplicito, queste misure non debbono essere abbandonate. Viene poi ripresa l’idea di favorire lo sviluppo dei paesi arretrati tramite l’incentivazione del commercio. Si tratta di un approccio assai razionale ai problemi del sottosviluppo, e di un’occasione per avviare al massimo livello la preparazione del rilancio del Wto, che non si è ancora veramente ripreso dal fallimento diplomatico e politico di Seattle nel 1999. 

Il terzo grande tema all’ordine del giorno a Genova, infine, il tema dell’ambiente globale, è contemporaneamente tanto di lungo periodo, quanto di bruciante attualità. La disputa tra Europa e Stati Uniti su questa materia, e la posizione assai intelligente e visibile presa dal nuovo governo italiano a questo proposito, hanno anzi costituito le uniche occasioni in virtù delle quali le tematiche del G8 sono giunte, nei mesi scorsi, sulle pagine dei giornali. In occasione del summit, infatti, i falsi amici dell’ambiente e dei paesi sottosviluppati, cioè quei governi che, dopo l’incontro di Trieste tra i ministri dell’Ambiente del G8, hanno furiosamente attaccato la nuova linea annunciata da Bush relativamente al Trattato di Kyoto, si troveranno a dover discutere un eccellente Rapporto sullo sviluppo delle nuove fonti di energia rinnovabili nell’ottica dell’interesse dei paesi poveri.

Preparato da un gruppo di studio creato al summit di Okinawa, questo complesso documento è importante in primo luogo per aver messo in luce la correlazione esistente tra il ricorso alle nuove fonti di energia e le possibilità di superare il cosiddetto digital divide, l’abisso che separa il Terzo Mondo dai paesi avanzati in materia di utilizzazione delle tecnologie dell’informazione. Ma soprattutto esso assume un grande rilievo perché la sua presentazione è venuta a coincidere con una fase in cui la necessità di un rilancio della politica energetica è drammaticamente venuta in primo piano in tutti i paesi, dopo anni e anni in cui i governi occidentali hanno - per pura demagogia - ignorato la ovvia incompatibilità tra aumento spensierato dei consumi, e la necessità di proteggere un equilibrio ambientale globale che è ormai gravemente minacciato.

20 luglio 2001

g.sacco@usa.net

(da Ideazione 4-2001, luglio-agosto)



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