Nulla sarà più come prima
di Pierluigi Mennitti

Chi aveva ancora delle speranze sull’autorevolezza della cosiddetta componente moderata del popolo antiglobal italiano, dovrà ricredersi dopo la battaglia di Genova. I gruppi raccolti attorno al Genoa Social Forum, la sigla che ha espresso come leader tal Agnoletto, hanno perduto la sfida della contestazione pacifica al G8, sopraffatti dai blocchi della guerriglia urbana che sono stati capaci di aggregare le frange più estremiste del movimento e di trascinarle nel confronto durissimo con le forze dell’ordine. Nessuno di loro ha ascoltato i flebili appelli alla non violenza tardivamente lanciati da Agnoletto. Non erano solo tute nere quelle che hanno assaltato la camionetta dei carabinieri in occasione del tragica morte di Carlo Giuliani. E non erano solo tute nere quelle che, sabato, hanno ingaggiato furiosi corpo a corpo con la polizia e con altri manifestanti lungo il percorso del corteo. L’ambiguità nella quale il Genoa Social Forum ha vissuto le settimane di avvicinamento al vertice si ritorce oggi come un boomerang pesante.

Appare così del tutto evidente che quella sigla, il Genoa Social Forum, non rappresentava altro che uomini in cerca di visibilità e popolarità, assolutamente inadeguati a garantire uno sbocco politico ad una protesta già confusa nei suoi presupposti ideali. Non sono riusciti ad isolare i violenti, che anzi hanno preso la meglio coinvolgendo la massa grigia dei contestatori. Non hanno avuto l’avvedutezza di capire che, dopo quanto era accaduto il primo giorno, il corteo di sabato andava sospeso, perché avrebbe fatto da copertura a quelle forze guerrigliere che avevano ormai conquistato il campo. Non hanno avuto il coraggio di fermarsi e di ripensare le modalità della protesta. Non hanno avuto capacità politica. Ora, dopo i due giorni che hanno sconvolto Genova, nulla sarà più come prima.

Ascoltando le dichiarazioni di coloro che si sono nominati rappresentanti di quella sigla, ci si accorge che nessuno ha ancora compreso la posta in gioco. Non vi è un minimo di autocritica, prevale la solita moda di accusare la polizia di violenze, o di non aver difeso i buoni dai cattivi. Così come, in preda ad un evidente raptus assistenzialistico, Agnoletto aveva perso tre settimane a discutere di zone rosse e zone gialle o a lamentarsi con le autorità perché i bagni dei centri di accoglienza non erano belli come quelli promessi. Nessuno ha ancora capito quale crinale abbia preso la moda di contestare utopisticamente la globalizzazione. La strada della protesta non è più politica ma scivola pericolosamente sui sentieri del terrorismo. Chi ha utilizzato bombe molotov e mazze ferrate negli scontri di Genova non tornerà indietro. Chi ha spaccato vetrine, incendiato auto, devastato negozi non presterà ascolto ad Agnoletto o a chi per lui.

In Italia la situazione è aggravata da una contingenza politica per nulla rassicurante. La sinistra è alle corde, la sua ala moderata e governativa tenta faticosamente di ricompattarsi attorno a Francesco Rutelli ma la crisi dei Ds, politica, ideale, esistenziale, non aiuta questo processo. Lo sbandamento creato dalle dichiarazioni pro contestatori di D’Alema, qualche giorno prima del G8, testimoniano quanto la tentazione della piazza sia forte anche in coloro che solo pochi mesi fa facevano parte di un governo occidentale. Quando si perde la bussola politica è poi difficile recuperarla. Blair e Schroeder, leader di una sinistra occidentale, erano seduti attorno al tavolo dei G8. Se la sinistra italiana insegue Rifondazione nella protesta di piazza si ritroverà - come già accade a Bertinotti - scavalcata da tute bianche, tute nere e tute rosse. Rosso sangue.


22 luglio 2001

pmennitti@ideazione.com





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