Sui sondaggi l'effetto Luttazzi-Santoro
di Elisabetta Di Virgilio


A pochi giorni dall'affare Luttazzi sul campo di battaglia si contano morti e feriti. L'effetto Satyricon, com'era prevedibile, ha lasciato strascichi pesanti per parti e controparti, condizionando da un lato le previsioni di voto ma rilanciando, contemporaneamente, il problema, sempre aperto, del rapporto Tv-politica. I sondaggi di questa settimana non sembrano lasciare dubbi: torna in primissimo piano il potere d'influenza dei media, in particolare del mezzo televisivo, sulle scelte elettorali. Se l'analisi dei dati forniti dagli istituti di ricerca nelle scorse settimane mostrava, infatti, la sostanziale sfiducia della maggioranza degli elettori italiani nei confronti delle emittenti televisive, oggi i risultati delle indagini demoscopiche forniscono un motivo di riflessione diverso: gli italiani non appaiono altrettanto distanti dai condizionamenti e dalle influenze che trasmissioni televisive e dibattiti esercitano su di loro quotidianamente. Il 41 per cento degli intervistati dall'Ipsos explorer per il quotidiano La Stampa non ha ancora in mente per chi votare e ha dichiarato di orientare la propria scelta elettorale proprio sulla base di trasmissioni e dibattiti Tv: essi rappresentano il 33 per cento del campione. Poco più del 30 per cento sente principalmente il condizionamento del proprio network di riferimento - amici, parenti, conoscenti. Neanche un 15 per cento si lascia influenzare dalla lettura dei giornali e appena il 5 per cento dalle trasmissioni e dai dibattiti radiofonici. 

Il 66,7 per cento dei "decisi", di coloro cioè che sanno già a chi dare il proprio voto, sembrerebbe confermare parzialmente gli effetti del ciclone Luttazzi-Santoro. Ma mentre i risultati delle inchieste demoscopiche resi noti alla fine della settimana scorsa indicavano un ulteriore vantaggio in termini percentuali della Casa delle libertà rispetto all'Ulivo, con un incremento complessivo di 4,8 punti rispetto alla settimana precedente (Datamedia per Panorama) - incremento forse favorito dalla "sindrome da accerchiamento" antiberlusconiana - a qualche giorno di distanza probabilmente alcuni errori di valutazione e anche di comunicazione commessi del Polo fanno sentire il proprio peso. Se per Datamedia, fino a qualche giorno fa, Forza Italia cresceva (+5,5 per cento) a discapito in parte dell'alleato An (-1,5 per cento) ma probabilmente anche grazie a quel 3,7 per cento complessivo perduto da Ds e Margherita, i risultati dei sondaggi successivi indicano tutt'altro. L'Ispos dà per la prima volta il Polo al di sotto del 50 per cento (47,4) per la quota maggioritaria, e intorno al 52 per cento nella quota proporzionale. Della diatriba tra i due poli s'avvantaggia Di Pietro (e non l'Ulivo), il terzo incomodo che secondo il sondaggio Datamedia in una settimana ha guadagnato il 2 per cento.

Un ultimo dato merita di essere considerato e riguarda il partito degli astensionisti. Le previsioni di affluenza alle urne riportano un calo di questo "schieramento politico" di circa 6 punti percentuali rispetto al dato reale di astensione delle politiche del 1996. E questo elemento potrebbe risultare assai significativo per chi, alle ultime regionali, ha perso di più per la disaffezione al voto del proprio elettorato, cioè il centrosinistra. Ecco i dati delle possibili astensioni: in un campione con base 1200, l'11,6 per cento degli intervistati sostiene con fermezza la propria decisione di non andare a votare. I probabilmente non sfiorano il 7 per cento. Oltre l'81,7 propende per il sì. Se a questo dato si aggiungono quelli relativi alla schiera degli indecisi e di coloro che potrebbero cambiare idea (33,3 più 7,6) però la situazione si fa più preoccupante e renderà decisivi questi ultimi mesi di campagna elettorale. La partita potrebbe essere ancora aperta.

27 marzo 2001

lisadivirgilio@hotmail.com


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